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Banca del Mezzogiorno, nuovo flop italiano

Banca del Mezzogiorno, nuovo flop italiano

La Banca del Mezzogiorno stenta a decollare. Dopo più di un anno dall’inaugurazione, restano più ombre che luci sull’istituto di credito voluto dall’allora ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, con il fine di finanziare l’imprenditoria giovanile del Sud. Un intento più che altro perché di una vera e propria linea di credito verso le piccole e medie imprese del Mezzogiorno non si può ancora parlare. L’ultima operazione deliberata dal consiglio di amministrazione è un finanziamento da 80 milioni in favore di aziende calabresi. Ma quel denaro, come riportato da MF, non si sa bene a chi spetti. Sono stati deliberati anche stanziamenti di piccolo calibro per un’azienda di serbatoi di gas lucana che lavora con Gazprom.

E pensare che l’idea di Giulio Tremonti, mirata a creare un istituto di credito appositamente per il Sud Italia, è nata nel 2008. La missione era, appunto, finanziare la nascita di nuove imprese e rilanciare l’occupazione. L’advisor industriale è Poste Italiane, il progetto iniziale prevedeva ben 7mila e 500 uffici postali, ma nel momento dell’apertura se ne contavano poco più di 50. Nei primi mesi di attività, la banca ha finanziato soprattutto investimenti a medio e lungo termine, così come faceva MedioCredito Centrale (Mcc), acquistato dalla società di Massimo Sarmi (al costo di 136 milioni di euro) per formare la Banca del Sud. Per la precisione, il nome è Banca del Mezzogiorno, poiché “Banca del Sud” era già attiva a Napoli dal 2006. Il percorso che ha portato alla creazione dell’istituto di credito non è stato semplice. Ha dovuto superare uno stallo tecnico-istituzionale di un paio d’anni. Prima la scelta dell’advisor, poi le trattative sull’azionariato con banche di credito cooperativo e Popolari, per arrivare all’individuazione della governance e il complicato processo di autorizzazioni e scartoffie inerenti all’acquisizione di Mcc da Unicredit e l’approvazione dello statuto da parte di Bankitalia.

Oggi al ministero dell’Economia c’è Fabrizio Saccomanni che prima di finire in via XX Settembre è stato il direttore generale della Banca d’Italia, proprio quando il dossier Banca del Sud fu analizzato dall’istituto che fissò paletti a dir poco rigidi. Quale sia la sua visione sul futuro della banca, non è ancora chiaro. Di sicuro ci sono i numeri. Nonostante la Banca del Mezzogiorno non conceda credito alle start up meridionali, la sua struttura continua inesorabilmente a crescere. A fine 2012, infatti, i dipendenti erano saliti a 223 rispetto alle 183 unità di fine 2011, con ben 43 nuove assunzioni. I crediti verso la clientela, a fine dell’anno scorso, erano 175 milioni, di cui 140 milioni dell’ambito della “nuova operatività” della banca, rispetto ai 131 milioni di fine 2011. Il 2012, comunque, si è chiuso con un utile di 7,1 milioni e per la prima volta dalla sua nascita, l’istituto di Massimo Sarmi ha partecipato, lo scorso gennaio, per l’asta Bce per operazioni di rifinanziamento a tre mesi.

Che la paternità del progetto spetta all’ex ministro Tremonti, lo abbiamo detto. Tornando a parlare di cifre, l’operazione è costata 350 milioni di euro, di cui 136 per l’acquisto di Mcc e circa 200 milioni per dare corpo e cassa ad una struttura presente in otto regioni (Campania, Puglia, Sicilia, Sardegna, Abruzzo, Molise, Basilicata e Calabria). Ma nonostante tutti i soldi messi sul piatto dallo Stato, quindi denari pubblici, il nuovo istituto di credito ha avuto come prima sede quella del MedioCredito a Roma, in via Piemonte 51. E, come detto, non è provvista di nessuna filiale di proprietà, per poter fare operazioni i correntisti si devono recare in Posta e, tra una raccomandata e un pacco da spedire, possono compiere movimenti bancari negli uffici postali adibiti che dovrebbero diventare 250 nei prossimi anni. Anche se qualche dubbio resta.

Nel consiglio di amministrazione, Massimo Sarmi ricopre il vertice. Pietro D’Anzi è l’amministratore delegato, Andrea Pèruzy, Paolo Luca Stanzani Ghedini e Paolo Martella i consiglieri. Insomma, il progetto iniziale del governo Berlusconi è cambiato o, quantomeno, ridimensionato. Stando a quanto scritto nella Finanziaria del 2010, la Banca del Mezzogiorno avrebbe dovuto contare sull’ampia rete di banche di credito cooperativo e Popolari, oltre che sostenere la nascita di nuove imprese. Invece di soci privati nessuna traccia, le poltrone e i posti di potere sono stati spartiti seguendo le logiche, ormai consolidate, delle lobbies bancarie. Con MedioCredito che, nel frattempo, continuerà a gestire i fondi pubblici, come quelli comunitari, nazionali o regionali. E con le nuove imprese del Sud che sperano ancora di ottenere un più ampio accesso al credito.