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Come trovare lavoro in Italia

La ricerca del posto di lavoro ha una sua tipicità “nazionale”? Sembrerebbe di sì leggendo i dati dell’ISFOL (2010) sui canali coi quali si è conquistata un’occupazione in Italia. Nelle strategie di ricerca del nuovo lavoro non si può non tenere conto del fatto che quasi un terzo degli occupati (30,7%) ha trovato lavoro grazie alla propria rete di parenti, amici, conoscenti. Il canale informale resta privilegiato in un contesto familistico-clientelare radicato nella tradizione solidaristico-cattolica. Ben diverse sono le percentuali nei paesi anglosassoni con una matrice protestante e calvinista, in contesti che hanno sempre privilegiato il merito nei confronti dei legami di sangue.

La tanto vituperata “raccomandazione” in Italia non è l’eccezione ma la regola, con tutto ciò che comporta nei non pochi casi in cui il raccomandato non è all’altezza della situazione. Se questo è il canale privilegiato, il disoccupato in cerca di lavoro deve fare un vero e proprio screening di tutta la sua rete di conoscenze per capire se vi siano delle opportunità. Specialmente per chi opera in campi in cui il reclutamento è principalmente informale, bisogna cercare di allargare la rete di conoscenze e relazioni, con l’utilizzo dei social network, con una presenza costante e rendendo visibili le proprie competenze e i propri punti di forza.

Pur non potendo contare su dati recenti appare evidente che il 18,3% di accessi al mondo del lavoro tramite concorso pubblico sia, ad oggi, contratto dalla crisi della Pubblica Amministrazione. L’ottenimento di un posto dopo il successo in un concorso pubblico che fino a qualche anno fa era accolto come a una vittoria alla lotteria, ad oggi è in ribasso. L’investimento è grande, la selezione ristretta e, una volta assunti, a causa della crisi della Pubblica Amministrazione, non si hanno le garanzie che un posto da dipendente statale dava fino a qualche anno fa.

Le autocandidature (17,7%) sono un mezzo estremamente efficace per i “professionisti” della ricerca del lavoro. L’atteggiamento attivo e propositivo viene valutato in maniera estremamente positiva dai datori di lavoro. Occorre lo studio del proprio mercato di riferimento, bisogna individuare le aziende in crescita o in fase di start up, capire se le vostre competenze possono essere utili all’azienda e poi proporsi. Con un curriculum intelligente che valorizzi le vostre specificità connesse ai posti potenzialmente liberi. Certo è un lavoro dispendioso ma, se fatto con tenacia, dà i suoi frutti.

Il quarto canale d’occupazione è il lavoro autonomo (12,4%) che, specialmente nell’ultimo triennio, ha avuto una vera esplosione: vuoi per la necessità di inventarsi una professione, vuoi per lo slittamento da posizioni protette a posizioni precarie di chi era impiegato in una azienda in crisi. In questo caso, per quanto riguarda la ricerca di occupazione, valgono le regole prima enunciate sullo studio dell’ambiente di lavoro.

I discorsi fatti precedentemente sulle reti familiari e amicali valgono anche per colleghi ed ex colleghi: il 7,5% trova lavoro grazie a informazioni ottenute all’interno della propria rete professionale.

Praticamente identico è il numero di persone che trova lavoro grazie a un annuncio trovato su di un giornale (3,4%) o grazie a un Centro per l’impiego o servizio pubblico (3,4%). Quest’ultimo dato è particolarmente interessante se relazionato alla percentuale di quanti si sono rivolti a un centro per l’impiego, ovvero il 49,8% degli intervistati. Se si considera che un lavoratore su 40 trova lavoro grazie a un’agenzia di lavoro interinale (2,4%), risulta evidente come i canali istituzionali per l’impiego vengano totalmente sopraffatti dai canali informali. Anche le società di ricerca e selezione del personale sono assestate sullo 0,9%. Un 2,8% degli impieghi è conseguenza di iter formativi scolastici e universitari scolastici.

La recessione dovrebbe avere ulteriormente eroso la percentuale degli assunti attraverso canali istituzionali a favore dei canali informali. Tirando le somme la strategia di ricerca migliore è un accurato studio del proprio settore di competenza, un atteggiamento propositivo e la capacità di rischiare facendo una proposta ben specifica, documentata con un curriculum e una lettera di presentazione che privilegino, all’interno del vostro background professionale e formativo, gli aspetti più in linea con le posizioni potenzialmente libere. Tenendo sempre ben in mente che dalle vostre parole deve emergere – parafrasando JFK – non ciò che l’azienda può darvi, ma ciò che voi potete dare all’azienda a cui vi proponete.