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Ferrero, "anomalia internazionale" che fa bene al made in Italy

Il Wall Street Journal si occupa di Ferrero o meglio dell’anomalia Ferrero, di questo colosso che ha in mano il 7,7% del mercato mondiale del cioccolato ma non ne vuole sapere di sbarcare in Borsa. Nell’immediato dopoguerra Pietro Ferrero iniziò a vendere ai negozianti di Alba una crema a base di nocciole da spalmare sul pane, la pasta Gianduja, antenata della Nutella: 67 anni dopo, l’industria che porta il suo nome, lotta sul mercato globale con colossi come la Mondelez (14,5% del market share), Mars (14,1%) e Nestlé (12,1%)  e sovrasta marchi come Hershey (6,6%) e Lindt (3,7%).

Sai a chi appartengono i marchi che usi più di frequente? Scoprilo con queste infografiche


Per molti anni le banche hanno bussato alla porta della famiglia Ferrero proponendo una trasformazione in società per azioni o la vendita a un’azienda rivale, ma la risposta è sempre stata un secco no. Lo scorso anno Mars Inc. ha espresso il proprio interesse per Ferrero, mentre la Nestlé ha corteggiato l’azienda albese per molti anni. Niente da fare.

Ma neanche la prospettiva di un’offerta da 30 miliardi di dollari potrebbe riuscire a convincere il vicepresidente Giovanni Ferrero a vendere. La filosofia della famiglia è chiara. Gli introiti si reinvestono nella produzione, nella qualità sul luogo di lavoro e nel benessere del territorio. Quando nel 1994 l’alluvione del Tanaro sommerse gli stabilimenti della sede madre di Alba, dalle colline contadini e volontari, operai dell’azienda e pensionati scesero a dare una mano affinché l’azienda potesse ripartire il più presto possibile.

Pur rimanendo legata al proprio territorio, Ferrero ha saputo vincere le sfide della globalizzazione con un’attenta e intelligente strategia di marketing. La destagionalizzazione della produzione (nella stagione fredda i Rocher, in quella calda l’Estathè), la creazione di prodotti iconici (la Nutella ma anche le barrette e gli ovetti Kinder) e lo sviluppo di gadget accattivanti (le sorpresine degli ovetti Kinder) hanno fatto permesso al marchio Ferrero di surclassare la concorrenza (agguerritissima) in Italia e di proporsi ai vertici del mercato globale.

“Siamo nati come azienda familiare e abbiamo intenzione di restarlo. Non siamo interessati a massimizzare le entrate a breve termine, come tutti gli altri” ha spiegato il vice presidente e CEO, Giovanni Ferrero, in un'intervista. Una strategia che, contrariamente a quanto si possa pensare, non contrasta con le ambizioni espansionistiche del gruppo che punta a raddoppiare il proprio giro d’affari nei prossimi anni uscendo dalla roccaforte europea che rappresenta, attualmente, l’80% del proprio business.

Asia e Stati Uniti sono i “campi” in cui Ferrero andrà sfidare colossi come Mars ed Hershey. Quarta potenza mondiale del cioccolato, la Ferrero ha messo da parte qualsiasi tipo di timore reverenziale: nel 2013 verranno superati gli 8 miliardi di euro di vendite.

Ferrero resta, dunque, uno dei pochissimi casi al mondo di multinazionale a gestione famigliare. Alcuni rivali come Wrigley e Cadbury sono stati acquisito da Kraft e Mars, la Nestlé si è mossa sul mercato asiatico. Gli approcci di quest’ultima alla famiglia Ferrero sono stati frustrati, anche se la fusione avrebbe creato la più importante industria del cioccolato al mondo. 

Nel 2011 è prematuramente scomparso Pietro Ferrero che gestiva l’azienda con il fratello Giovanni: quest’ultimo ha assunto il ruolo di amministratore delegato unico e auspica che in futuro i suoi figli di 8 e 5 anni possano sostituirlo al timone dell’azienda.

Dal 2006 a oggi Ferrero è cresciuta del 45% grazie a brand di successo come Kinder e Nutella, ma per continuare a crescere – vista la contrazione della spesa sul mercato europeo – occorre guardare ai mercati emergenti e nordamericani dove non c’è crisi o dove la recessione è alle spalle. Secondo Giovanni Ferrero il futuro dell’azienda è nel ribaltamento degli attuali trend: se ora l’80% del business è in Europa, l’80% della crescita futura avverrà fuori dall’Europa. Come? Diversificando le strategie. Negli Stati Uniti la Nutella sfiderà il burro di arachidi, in Cina si punterà tutto sul Ferrero Rocher che viene considerato alla stregua di un “gioiello” da regalare nelle occasioni speciali.

Concretezza, pragmatismo e senso di appartenenza sono i valori di un brand che nel 2009 è stato giudicato dai consumatori intervistati dal Reputation Institute come il marchio più affidabile al mondo.