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Mutui, il governo paga le banche per facilitarli

Mutui, il governo paga le banche per facilitarli

Ottenere il tanto desiderato mutuo sarà più semplice. Il governo è pronto a varare un decreto legge, entro la fine di agosto, con l’intento di facilitare l’accesso ai finanziamenti per l’acquisto della prima casa. L’ipotesi è quella di servirsi di 5 miliardi messi a disposizione dalla Cassa depositi e prestiti (controllata all’80,1 per cento dal ministero delle Finanze e al 18,4 per cento dalle Fondazioni bancarie) per ridare liquidità alle banche. Una sorta di regalino alla lobby bancaria che potrebbe rigirare il nuovo denaro alle famiglie che negli ultimi anni anno riscontrato difficoltà sempre maggiori a farsi concedere un prestito.

L’esecutivo Letta vorrebbe affrontare il problema casa nel suo complesso. Il mercato immobiliare sta affondando, i mutui sono calati del 50 per cento, gli affitti sono bloccati dalle tasse sui proprietari. “Abbiamo lavorato molto su come reincentivare l’erogazione dei mutui – ha spiegato il ministro alle Infrastrutture, Maurizio Lupi -, perché dopo le norme sulle imprese e sul lavoro, è quello che serve di più per rilanciare la nostra economia”. Il piano, come riporta il Corriere della Sera, potrebbe partire già in autunno, si articola su tre fronti: l’implementazione del sistema bancario per lo sblocco dei mutui a famiglie e imprese di costruzione; il fondo per le agevolazioni alle giovani coppie e alle famiglie con redditi instabili; gli incentivi agli affitti.

L’aspetto più importante è quello che riguarda l’accesso al mutuo. L’argomento è caldo, tanto che il ministro all’Economia, Fabrizio Saccomanni, ne ha già discusso nei giorni scorsi con l’Ance, l’associazione dei costruttori. Ma sono interessati alla partita anche l’Abi, l’associazione banche italiane, e la Cdp, la Cassa depositi e prestiti. Il meccanismo si basa sull’assunto che le banche faticano a concedere prestiti per l’acquisto di immobili a causa della scarsa liquidità. Per superare la difficoltà sono pronte delle obbligazioni garantite dalla Cassa depositi e prestiti e finalizzate proprio all’erogazione di mutui. Sia alle famiglie, ma anche alle imprese strozzate dalla crisi. Questi titoli avrebbero un rendimento non alto, ma sicuro e potrebbero così attirare l’attenzione di altri investitori. “Molti fondi pensione sono già interessati”, conferma il vicedirettore di Ance, Antonio Gennari.

E se la famiglie non pagassero regolarmente? Uno scenario poco probabile, almeno secondo l’Abi, perché “le sofferenze e la percentuale di mutui scoperti è piuttosto bassa”, fa sapere l’associazione banche italiane, “è passata dall’1 per cento dell’anno scorso all’1,5-1,8 per cento di quest’anno”. In ogni modo, per evitare rischi, il governo starebbe pensando ad un fondo di garanzia. Altro obiettivo è quello di valorizzare il fondo per l’accesso al credito per l’acquisto della prima casa dedicato alle coppie under 35 che esiste dal 2010 ma è stato scarsamente utilizzato. Colpa delle lungaggini burocratiche. Lo stesso fondo sarà probabilmente integrato con incentivi per gli affitti.

Le banche, insomma, farebbero da intermediarie per prestare denaro indispensabile alla ripresa economica. Ovviamente guadagnandoci con gli interessi del caso. Non è stata presa neanche in considerazione l’ipotesi di consentire il prestito di fondi ai cittadini direttamente dalla Cdp, perché in questo caso sarebbe venuta a mancare l’intermediazione degli istituiti. Un’eventualità che non sarebbe andata troppo a genio alle lobby bancarie che, invece, gradirebbero l’acquisto da parte della Cassa depositi e prestiti dei mutui cartolarizzati dalle banche per liberare risorse degli istituti di credito. L’operazione potrebbe concretizzarsi se il governo decidesse di ampliare il raggio d’azione della Cdp, innalzandolo da 80 a 95 miliardi di euro. Per le banche, considerata l’imminente scadenza della restituzione dei prestiti agevolati ricevuti dalla Bce e l’arrivo dei nuovi e stringenti criteri comunitari di Basilea III, potrebbero rinegoziare i vecchi prestiti, trasformandoli in prodotti finanziari per i quali ci sarebbe già pronto un acquirente: lo Stato. E scaricare i rischi d’impresa sopra un Paese con il debito pubblico come il nostro che supera i 2mila miliardi di euro, può anche creare qualche preoccupazione.