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L'importanza della nostalgia nei processi di acquisto

Le aziende puntano sul vintage per stimolare i clienti - intervista a Vincenzo Russo

Lista nozze (Fotolia)

Non conta l'età quando vuoi fermati a contemplare nostalgicamente il passato: c'è sempre un decennio precedente in cui le cose erano più belle, semplici e anche commercialmente più stimolanti, perché simbolo del nostro personalissimo “romanzo di formazione”. E così il marketing si è sintonizzato sulla nostalgia e sul vintage, una tendenza che rispecchia la più generale propensione delle aziende a blandire i consumatori, stimolandone sentimenti genuini e consolanti, in un momento di totale ridiscussione delle priorità, anche di spesa.

Un modello che stimola un peculiare tipo di consumo, ma rimette in gioco, complessivamente, simboli e significazioni legati a un più ampio contesto socio-culturale, in cui non si acquista solo un prodotto ma il mood di un epoca. In Italia, molti brand come San Pellegrino, Carrefour, Nesquik, hanno assecondato questa spinta strategica: si va dalla Sanpellegrino Vintage Collection, con confezioni in latta, raffiguranti le vecchie campagne pubblicitarie delle bibite dell’azienda leader delle bevande analcoliche, al ritorno sugli scaffali di prodotti come Ciocorì o Biancorì, il primo nato nel 1957, il secondo nel 1973.

Per capire le ragioni profonde di questo approccio, Yahoo! Finanza ha intervistato l’accademico Vincenzo Russo, professore associato di psicologia delle organizzazioni e del lavoro, studioso  dell’Istituto di Comunicazione, comportamento e consumi “Giampaolo Fabris”, professore associato della Libera Università di Lingue e Comunicazione Iulm, a Milano.

Professore, cosa presuppone questo tipo di marketing, una continuità totale di identità tra persona e consumatore?
"Sicuramente il consumo è influenzato da fattori identitari. Ma in questo caso a prevalere sono i sentimenti indotti da una situazione di crisi, quella che Giampaolo Fabris chiamava società della post crescita. I consumatori sono alla ricerca di sobrietà, di qualcosa che possa garantire l’investimento nel prodotto. Tutto ciò che è antico e nostalgico ha qualcosa a che fare con la qualità. Personalmente, più che da un fattore identitario, è un fenomeno che ritengo stimolato da una situazione di crisi dove si è costretti a scegliere meglio ma con meno".

Riproporre prodotti degli anni scorsi non equivale ad esaltare un modello di consumo ormai bocciato dalla storia e dalla crisi?
"Non credo sia più logico stimolare la gente a un consumo superfluo e abbondante. Che il pubblico sia stanco di un consumismo dominato dalla pervasività comunicativa lo riscontriamo in tutte le ricerche. Stiamo andando progressivamente verso un edonismo maturo che, se non è il modello della decrescita predicato da Serge Latouche, è un’alternativa con cui continuare a soddisfare i desideri attraverso un approccio intelligente, che contempla anche le sensibilità connesse alla sostenibilità. Tra queste c’è anche l’esigenza di una maggiore equità sociale da riscontrare attraverso delle scelte che premiano e appagano il consumatore anche a basso costo".

La nostalgia in che logica di consumo si pone?

"Quando il consumatore sceglie agiscono logiche contrapposte, come comprare lo stesso con minore quantità, oppure comprare la stessa quantità ma a minor prezzo, oppure comprare meno ma con più valore, perché la garanzia della qualità del prodotto è data anche dalla tradizione del marchio".

Un esempio?
"Prendiamo il caso Hermes: nel 2009 ha avuto una crescita del fatturato in America del 20%. Qualcuno potrebbe dire: i ricchi hanno comprato più prodotti di lusso, invece no. Hanno prevalso i segmenti rivolti al consumatore medio, una fascia di pubblico che vuole comprare ma avere anche una garanzia di qualità estrema che si traduce poi in un ritorno economico sorprendente. Oggi i consumi sono sempre più selettivi e informati. La nostalgia è un processo che ha in sé la certezza di riavere qualcosa che in passato ha già funzionato".

Perché le aziende presumono che un consumatore voglia un prodotto che ha smesso di comprare?
"Se c’è un’azienda che ripropone un prodotto non credo dipenda dalla creatività di un manager ma dal fatto che in consumatori siano sensibili a certi indicatori, perché per le aziende non ha senso fare salti nel vuoto, senza il supporto delle ricerche. L’obiettivo è riproporre sì un prodotto che ha una sua storia commerciale, ma non basta se non si cerca, anche nei parametri estetici e qualitativi, di apporre un segno di innovazione che aggiunga valore".