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OGM, a decidere sarà solo l'Europa

OGM, a decidere sarà solo l'Europa

Una sentenza che fa discutere. L’Europa vuole mettere il becco in questioni nazionali che riguardano gli organismi geneticamente modificati. La Corte Ue, infatti, ha emesso un’ordinanza secondo cui la messa in coltura di varietà Ogm autorizzate dall’Unione non può essere sottoposta a procedure nazionali. Come dire, ogni singolo Stato non può legiferare come meglio crede in questo campo perché ci ha già pensato l’Unione europea. Una decisione che, secondo alcuni, potrebbe lasciar spazio al proliferare di Ogm anche dalle parti di Eurolandia.

La Corte ha dato ragione all’imprenditore Giorgio Fidenato che aveva messo a coltura a Vivaro, in provincia di Pordenone, sementi geneticamente modificate del tipo Mon 810, prodotti dalla multinazionale Monsanto, senza l’ok dello Stato. In buona sostanza la procedura, sacrosanta, di autorizzazione all’impiego di varietà Ogm è stata interpretata come in disaccordo con l’ordinamento europeo. “Una sentenza gravissima che rischia di aprire un pericoloso fronte”, è il commento della Cia, Confederazione italiana agricoltori. “In Italia un’apposita norma impedisce la contaminazione da biotech e la maggioranza dei cittadini si è espressa apertamente contro l’utilizzo degli organismi geneticamente modificati”. Un invito al governo affinché stringa i tempi per l’approvazione della clausola di salvaguardia per tutelare la qualità dell’agricoltura.

In effetti in Senato, nei giorni scorsi, è stato approvato un ordine del giorno con il quale il governo si impegna ad adottare rapidamente la clausola di salvaguardia contro gli Ogm. Un segnale estremamente positivo perché “quella geneticamente modificata è un tipo di agricoltura che non risponde alle esigenze e alle caratteristiche del nostro Paese”, ha detto il ministro delle Politiche agricole, Nunzia De Girolamo. “E’ altrettanto importante che tutte le forze politiche abbiano sottolineato col loro voto quanto sia necessario potenziare la ricerca in agricoltura, perché anche questa può contribuire significativamente alla crescita del settore che già si dimostra vitale e dinamico”.

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In attesa della legge, intanto, si aprono delle prospettive poco rassicuranti in tema Ogm in Europa. Il panorama a livello mondiale è dominato dalla Monsanto. Con i suoi marchi è la società sementiera leader nel mondo. Opera in oltre 60 Paesi con circa 14mila dipendenti e ha un fatturato che sfiora i 6 miliardi di dollari. La multinazionale agraria in America può vantare appoggi politici invidiabili, il lavoro svolto sulle lobbies statunitensi è culminato nel “Monsanto protection act”, firmato il mese scorso dal presidente Obama che, di fatto, vieta ai tribunali americani di bloccare la vendita di prodotti derivanti da organismi geneticamente modificati, a prescindere dalla salute dei consumatori. Se negli Usa il Congresso si è già piegato alle logiche di potere, in Europa qualcosa si comincia a muovere. Fino ad oggi per il colosso americano il mercato del Vecchio continente non aveva molto appeal. Il motivo è semplice: troppe norme che vietano le colture Ogm. Ecco che la decisione della Corte di Lussemburgo, però, potrebbe cambiare qualcosa.

L’influenza sulle lobbies europee sta crescendo. La Monsanto ultimamente sta concentrando l’attenzione su una particolare varietà di mais che risulterebbe particolarmente adatta alla realtà zootecnica del Mediterraneo. In attesa di capire quale sarà il futuro degli Ogm nell’Eurozona, lo scorso week end in più di quattrocento città, in oltre cinquanta Paesi nel mondo, è montata la protesta contro la multinazionale nata in Missouri. Una manifestazione che ha coinvolto centinaia di migliaia di persone contrarie all’uso di sementi modificati. “Tutti hanno il diritto di sapere cosa mangiano”, tra gli slogan della “Marcia contro Monsanto”. In Usa la maggior parte delle coltivazioni di mais, soia e cotone è già geneticamente modificata. In Europa sono ancora in tanti a voler scongiurare questa eventualità, preferendo le colture tradizionali. Senza manipolazioni di sorta, come si faceva una volta.