Annuncio pubblicitario
Italia markets close in 2 hours 19 minutes
  • FTSE MIB

    33.662,24
    +29,53 (+0,09%)
     
  • Dow Jones

    37.753,31
    -45,66 (-0,12%)
     
  • Nasdaq

    15.683,37
    -181,88 (-1,15%)
     
  • Nikkei 225

    38.079,70
    +117,90 (+0,31%)
     
  • Petrolio

    83,21
    +0,52 (+0,63%)
     
  • Bitcoin EUR

    58.404,57
    +32,43 (+0,06%)
     
  • CMC Crypto 200

    885,54
    0,00 (0,00%)
     
  • Oro

    2.400,20
    +11,80 (+0,49%)
     
  • EUR/USD

    1,0663
    -0,0011 (-0,11%)
     
  • S&P 500

    5.022,21
    -29,20 (-0,58%)
     
  • HANG SENG

    16.385,87
    +134,03 (+0,82%)
     
  • Euro Stoxx 50

    4.922,66
    +8,53 (+0,17%)
     
  • EUR/GBP

    0,8556
    -0,0010 (-0,12%)
     
  • EUR/CHF

    0,9702
    -0,0013 (-0,14%)
     
  • EUR/CAD

    1,4658
    -0,0034 (-0,23%)
     

Referendum Svizzera, cosa cambia per i frontalieri dopo il sì

Referendum Svizzera, cosa cambia per i frontalieri dopo il sì

Ieri, con il referendum contro l’immigrazione di massa, la Svizzera ha scelto di calmierare i flussi migratori. Il referendum si è risolto con uno scarto piuttosto ridotto e per il quale è stato decisivo il voto nel Canton Ticino. Nel quesito referendario era chiesto agli svizzeri di dare la loro approvazione per l’introduzione di un tetto massimo per l’immigrazione di lavoratori, con una contingentazione annuale (riguardante anche i lavoratori frontalieri) commisurata alle esigenze dell’economia interna.

La proposta, sulla quale il Parlamento elvetico aveva espresso il proprio parere contrario, è stata fortemente sostenuta dal partito di destra e antieuropeista dell’Unione Democratica di centro e dalla Lega dei Ticinesi, il partito affine alla nostra Lega Nord che non vede di buon occhio i 60mila lavoratori frontalieri che ogni giorno varcano la frontiera fra Italia e Svizzera, alla ricerca di stipendi più remunerativi.

Il fronte del sì ha raccolto il 50,3% dei voti contro il 49,7% dei no, uno scarto ridottissimo che può essere spiegato da un’analisi più approfondita e su scala locale dell’esito del voto. C’è stata, per esempio, una grande differenza fra i centri urbani (dove ha vinto il no) e montagne e aree rurali (dove ha vinto il sì). Nella Svizzera di lingua francese (Romanda) la popolazione ha espresso un parere contrario, ma è stato il Canton Ticino con il 68% dei sì a trascinare la proposta contro l’immigrazione di massa al successo.

Con il voto di ieri la Svizzera riporta le lancette della storia indietro agli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta, quando nelle strade venivano affissi manifesti in cui gli italiani erano i topi che rosicchiavano il formaggio svizzero. I frontalieri ci sono anche fra Svizzera e Francia, ma lì ha vinto il no. Nel Canton Ticino, invece, la Lega dei Ticinesi ha riproposto gli schemi protezionistici della Lega Nord. Gli italiani che quotidianamente passano la dogana sono stati individuati come “colpevoli” dei treni sovraccarichi, delle code in autostrada, della crescente disoccupazione o dell’abbassamento degli stipendi.

Che cosa cambierà per i frontalieri dopo il voto di domenica 9 febbraio 2014?

Innanzitutto c’è una scadenza: quella dei tre anni entro cui l’indicazione referendaria deve essere trasformata in un provvedimento legislativo. La popolazione ha espresso la propria volontà chiedendo che vengano reintrodotti i tetti massimi e i contingenti per l’immigrazione degli stranieri. Si tratta di una modifica che dovrebbe costringere Governo e parlamento a rivedere gli accordi bilaterali di Schengen, siglati dalla Svizzera con l’Unione Europea, per la libera circolazione delle merci e dei cittadini all’interno dell’Eurozona.

Da una parte c’è la volontà popolare, dall’altra una classe dirigente per la quale il principio della libera circolazione di cittadini e lavoratori è insindacabile.

Nel Canton Ticino i frontalieri italiani (60mila) rappresentano oltre un terzo della forza lavoro complessiva (170mila): gli altri due terzi sono svizzeri che dai frontalieri si sentono minacciati e la percentuale del 68% appare proprio come un plebiscito contro le migrazioni quotidiane. Ai frontalieri si sommano altri 500mila lavoratori stranieri residenti in territorio elvetico.

Le cifre della Commissione Europea rivelano che il flusso migratorio non solo non danneggia le economie sane, ma, anzi, procura benefici quantificabili in un punto percentuale di crescita del Pil. Aziende, dirigenti, governo e parlamento lo sanno ed è probabile che l’iter di chiusura delle frontiere venga ostacolato.

Nella ridiscussione del pacchetto di intese bilaterali con l’Ue dovrebbero rientrare anche accordi importanti come la partecipazione alle reti energetiche, ai programmi di ricerca e ai progetti Erasmus degli studenti.  Quando la volontà espressa dal referendum diventerà legge, l’introduzione delle quote verrà estesa anche ai frontalieri. Nelle procedure di assunzione sarà previsto un meccanismo di preferenza per i cittadini svizzeri. Per i tanti ingegneri, architetti, insegnanti, consulenti e operai che attraversavano la frontiera per lavoro, sarà sempre più difficile trovare un’occupazione. E la Svizzera tornerà a essere “un’isola” nel mezzo dell’Unione Europea, avvicinabile solamente da chi dispone di capitale e non da chi cerca un lavoro per sopravvivere.