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Banche: dopo l’incasso, è il momento della punizione?

Rumors, rassicurazioni, smentite e affondo finale. È un vero e proprio intrigo quello che si è sviluppato nelle ultime 48 ore tra le Camere e la sede dell'Abi, l'associazione che rappresenta il mondo bancario. Alla fine, il Senato ha approvato il maxiemendamento sulle liberalizzazioni, comprensivo di un articolo secondo il quale "sono nulle tutte le clausole comunque denominate che prevedano commissioni a favore delle banche a fronte della concessione di linee di credito, della loro messa a disposizione, del loro mantenimento in essere, del loro utilizzo anche nel caso di sconfinamenti in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del fido".

Niente più commissioni sui prestiti

In sostanza vengono abolite tutte le commissioni sui prestiti, a partire da quelli già in essere (per un ammontare che si aggira intorno ai 2mila miliardi di euro). Per le banche un duro colpo, considerata l'importanza delle commissioni per il loro business. E non è un caso se l'immediata reazione al via libera del Senato è stata la dimissione in blocco dei vertici dell'Abi, a sottolineare la delusione di un mondo bancario già a disagio per aver dovuto accettare i conti correnti gratuiti per i pensionati con assegni mensili fino a 1.500 euro e la fine del collegamento obbligatorio tra il mutuo e la polizza assicurativa proposta dallo stesso istituto di credito. Senza dimenticare lo stop alla commissione sulla carta di credito fino a 100 euro per chi fa il pieno di benzina e la riduzione dei tempi previsti per la surroga del mutuo da trenta a dieci giorni.

Il dietro le quinte di una misura dirompente

Appena letto il testo del maxiemendamento licenziato dalla Commissione Bilancio, era subito balzata all'occhio la portata dirompente della misura che annulla le commissioni. Ma il mondo bancario era stato tranquillizzato dal relatore Pd Filippo Bubbico, secondo il quale si trattava di un errore tecnico, in quanto in fase di scrittura era venuto meno un pezzo che avrebbe ridotto al minimo l'impatto sugli istituti di credito. Anche altri partiti si erano mossi per tranquillizzare la lobby bancaria, che a un certo punto ha dato per scontata la correzione (anche consulenti legali vicini ai principali istituti di credito, sentiti da Yahoo Finanza, avevano suffragato questa ipotesi).

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Tuttavia il banco è saltato quando il Governo ha chiesto (e ottenuto dal Parlamento) di porre la fiducia sul testo della Commissione, per coniugare il rispetto del Parlamento con i tempi stretti a disposizione. Intervenire solo in favore delle banche avrebbe potuto sollevare ondate di sdegno nell'opinione pubblica.

Il rimpallo di responsabilità politiche

Sta di fatto che l'approvazione del Senato ha creato un terremoto nell'Abi, che le prime reazioni dei politici non sembrano in grado di far rientrare. Se il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Antonio Catricalà, ha assicurato che l'Esecutivo non si oppone alla modifica, ma l'affida al Parlamento, secondo il segretario del Pd Pierluigi Bersani, invece spetta al governo pronunciarsi per risolvere la questione. Mentre per il capogruppo del Pdl, Maurizio Gasparri, le proteste delle banche indicano che "il Senato ha lavorato con la schiena dritta". Ma lascia aperto uno spiraglio: "Vedremo se saranno necessari interventi".

Quello che più stupisce è che la misura sia stata adottata proprio all'indomani della moratoria sui debiti delle pmi, siglata proprio tra l'Abi e le principali associazioni imprenditoriali. Un accordo che aveva spinto molti osservatori a indicarlo come un primo passo in un percorso di maggiore collaborazione tra mondo produttivo e finanziario. Senza dimenticare che è freschissimo il maxi-prestito della Banca Centrale Europea alle banche affinché non si trovino a fare i conti con problemi di liquidità. Nel complesso, 800 banche dell'area Ue hanno ottenuto finanziamenti, per un totale di 529,5 miliardi di euro, al tasso vantaggioso dell'1%, con scadenza a tre anni. Nell'operazione, gli istituti italiani hanno giocato un ruolo importante ricevendo complessivamente 139 miliardi, quindi circa un quarto del totale.

Si profilano nuovi scenari di forza nel mondo della politica?

La decisione del Parlamento e del Governo viene pertanto letta da qualche analista come il bastone che segue la carota nel rapporto tra istituzioni e banche. Una volta passati all'incasso, gli istituti di credito nostrani subiscono una stretta alle loro entrate, mentre sullo sfondo restano immutate le polemiche con le imprese che richiedono alle stesse banche di non tenere ferma la liquidità ricevuta a prezzi di favore della Bce, ma di concedere i finanziamenti richiesti dalle aziende.

In tutto ciò fa specie anche la reazione del ministro dello Sviluppo Corrado Passera, che ha commentato con non poco disagio le proteste dell'Abi, indicandole come "sintomo del grande

disagio del settore bancario, che è vicino all'economia del paese". Sembra evidente che Passera, fino a poco tempo fa numero uno di Intesa SanPaolo, e da sempre indicato come uomo delle banche nell'Esecutivo, sia stato tenuto all'oscuro della modifica. Che il Parlamento, con una manovra a tenaglia, abbia voluto dare un colpo (come a dire "esistiamo e contiamo ancora") al Governo dei tecnici (e soprattutto ai ministri additati di ambizioni politiche) e ai banchieri? L'ipotesi andrà passata al vaglio nelle prossime settimane, ma fa specie che per il terreno di battaglia si sia scelto un tema particolarmente sentito dall'opinione pubblica (quella stessa che, secondo gli ultimi sondaggi, ha scarsa fiducia nei partiti) come i costi bancari per mettere nell'angolo gli altri poteri forti.