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Italia: bene il bilancio con l’estero. E nel 2013?

Vedere il segno più accanto a un indicatore economico relativo all’Italia è una sorpresa di questi tempi. Così il dato sugli scambi commerciali con l’estero – a ottobre positivo per 6,5 miliardi di euro – è stato accolto con grande giubilo dai media della Penisola. Ma cosa si nasconde esattamente dietro questo numero? E soprattutto, cosa ci aspetta per il 2013? Proviamo a rispondere leggendo tra le righe del dato.

L’export non teme crisi

Il risultato è il frutto innanzitutto della buona performance dell’export, che nel giro di un anno, è cresciuto del 12%. In testa ci sono il comparto manifatturiero e gli alimentari, due assi portanti del made in Italy nel mondo. Il dato dimostra che le aziende italiane di questi settori (non tutte, ma molte sicuramente sì) non sono state a guardare negli anni passati: già prima che scoppiasse la crisi internazionale si erano rese conto che il mercato interno era troppo piccolo per restare competitive. Così hanno investito cifre ingenti sulla ricerca e sviluppo, hanno ampliato le attività internazionali e sono cresciute all’estero anche attraverso acquisizioni. Lo sguardo è stato rivolto soprattutto ai mercati emergenti del Far East, del Sud America e del Medio Oriente, così non è un caso che i mercati extra-Ue registrino un balco del 20%, più che doppio rispetto a quanto conseguito in Europa, dove solo la Germania offre buone soddisfazioni (e non è poco, considerato che la Federazione è primo Paese manifatturiero del Vecchio Continente, proprio davanti all’Italia).

Il peso dell’import e le incognite sul futuro

A depotenziare il progresso della bilancia commerciale intervengono, tuttavia, due elementi: da una parte la presenza di due giornate lavorative in più rispetto a un anno fa, dall’altra il calo dell’import, dovuto alla recessione in cui è ripiombata l’Italia (il Pil 2012 dovrebbe attestarsi a quota -2,4%).

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Detto questo, il dato va comunque letto in chiave positiva, come sottolineato anche dal presidente della Bce, Mario Draghi, che attribuisce il trend anche al riforme strutturali messe in campo dai Paesi periferici dell’Eurozona per fronteggiare la crisi. La riorganizzazione delle aziende alla ricerca di efficienza, insieme con una rifocalizzazione dei mercati di sbocco verso le aree a maggior tasso di crescita, sono infatti fondamentali per avvicinare il momento della ripresa.

Quanto al 2013, è ancora presto per azzardare previsioni, anche se il ragionamento appena fatto promette di riservare sorprese positive alle nostre aziende più orientate all’export, a fronte di una domanda interna che nel migliore dei casi sarà stagnante (il Pil è visto ancora in calo).