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Mercati, cosa cambia dopo le elezioni francesi

L'affermazione di François Hollande al primo turno delle elezioni francesi ha aperto un ampio dibattito sulle implicazioni per i mercati finanziari. In attesa del turno di ballottaggio, infatti, non sono pochi gli analisti che sottolineano come il candidato socialista abbia condotto l'intera campagna elettorale presentandosi come il "nemico dei mercati finanziari". Quanto basta per far ipotizzare una nuova fase di instabilità nella finanza del Vecchio Continente?

Più di tutto pesa l'incertezza

L'affermazione di Hollande sul presidente uscente Sarkozy non è stata netta e questo probabilmente ha condizionato l'apertura di settimana dei mercati più di qualsiasi altra cosa. E si sa che l'incertezza è il terreno migliore per gli speculatori. Inoltre, ora i due candidati al ballottaggio dovranno cercare voti tra gli elettori che hanno scelto al primo turno le posizioni più estreme (dalla destra xenofoba ai comunisti), tutte accomunate da accenti anti-mercati e anti-europee.

Cosa farà il prossimo presidente

All'inizio della campagna elettorale Hollande e Sarkozy sono apparsi molto distanti sul fronte della politica economica. Se il primo ha puntato da subito l'indice contro le distorsioni del mondo della finanza e messo a punto un programma orientato alla crescita, anche grazie a un massiccio intervento dello Stato sul fronte degli investimenti, il presidente uscente si è presentato come il risanatore dei conti pubblici. Un approccio che, tuttavia, lo ha penalizzato nei sondaggi, tanto da convincerlo ad abbandonare le uscite in coppia con la cancelliera tedesca Angela Merkel e ad adottare un profilo più prudente sullo scacchiere europeo. Anche se Sarkozy non ha rinunciato a sottolineare i pericoli che, a suo modo di vedere, la Francia correrebbe in caso di vittoria socialista: fuga dei capitali esteri, aumento del debito pubblico e rischio di una deriva greca.

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Bilancio da risanare

Preoccupazioni non condivise dal Financial Times, che ha criticato lo scarso contributo all'economia del presidente uscente ed espresso il suo favore per le ricette di Hollande, che potrebbero favorire una maggiore focalizzazione dell'Eurozona sul tema della crescita. Un endorsment che fa il gioco dello sfidante, ma significa anche un'altra cosa: con un debito pubblico che si avvicina pericolosamente al 90% del Pil, gli economisti non credono molto agli annunci del candidato socialista in tema di investimenti pubblici. Chiunque vinca, insomma, dovrà metter mano in primo luogo ai conti dello Stato, proseguendo nel solco ormai tracciato a livello comunitario, che lascia pochi spazi ai singoli governi nazionali. Un po' come si è visto in Italia e in occasione delle elezioni spagnole.