Annuncio pubblicitario
Italia markets open in 3 hours 16 minutes
  • Dow Jones

    38.460,92
    -42,77 (-0,11%)
     
  • Nasdaq

    15.712,75
    +16,11 (+0,10%)
     
  • Nikkei 225

    37.818,11
    -641,97 (-1,67%)
     
  • EUR/USD

    1,0709
    +0,0008 (+0,07%)
     
  • Bitcoin EUR

    60.175,32
    -2.126,22 (-3,41%)
     
  • CMC Crypto 200

    1.389,38
    -34,72 (-2,44%)
     
  • HANG SENG

    17.321,26
    +119,99 (+0,70%)
     
  • S&P 500

    5.071,63
    +1,08 (+0,02%)
     

Tagli alla spesa pubblica: sarà la volta buona?

Meno di 1.600 miliardi di Pil e ben 800 miliardi assorbiti dalla spesa pubblica. Due numeri che aiutano a inquadrare uno dei principali problemi dell’economia italiana. Metà della ricchezza prodotta ogni anno nel nostro Paese finisce nelle casse dello Stato (e degli enti locali), con il risultato che diventa difficile ipotizzare un taglio delle tasse. Anzi, la recessione degli ultimi anni (-1,9% nel 2013 e -2,5% nel 2012) ha ridotto ulteriormente le entrate, spingendo il Governo ad appesantire ancor più la pressione fiscale. Il premier incaricato Matteo Renzi ha fatto sapere di voler mettere il calo delle tasse tra le priorità del suo esecutivo: proviamo a vedere come e se potrà realizzarlo.

Le caratteristiche della spesa pubblica

Innanzitutto è utile dare uno sguardo alla composizione della spesa pubblica nel nostro Paese. Spesso si punta l’indice contro i dipendenti statali, anche se il loro contributo alle uscite complessive non supera i 170 miliardi all’anno, cioè poco più di un decimo del Pil e circa un quinto di tutta la spesa pubblica. Oltre 250 miliardi vengono spesi ogni anno per le pensioni, con le due voci che insieme pesano per circa 420 miliardi, una cifra difficile da comprimere considerato che i dipendenti pubblici non possono essere licenziati, né si può intervenire sulle pensioni (se non per cifre marginali come nel caso del prelievo sulle pensioni d’oro).

Limitati sono gli spazi di intervento anche sugli interessi, che negli ultimi anni si sono attestati tra i 75 e gli 80 miliardi di euro. Con oltre 2mila miliardi di debito pubblico, diventa difficile ridurre in maniera sensibile questa voce, il cui ammontare preciso dipende dall’affidabilità percepita del nostro Paese sui mercati internazionali (per questo si usa il parametro dello spread).

ANNUNCIO PUBBLICITARIO

La proposta Giavazzi

Restano 300 miliardi di euro tra spesa sanitaria, trasferimenti alle imprese e investimenti pubblici, finiti nel mirino dell’economista Francesco Giavazzi nel corso del Governo Monti. Il professore della Bocconi, escludendo spese difficilmente comprimibili come le cure per gli ammalati e gli interventi di manutenzione degli enti pubblici, è arrivato a individuare 165 miliardi di spesa aggredibile, sulla quale cioè vi sono spazi ampi per una riduzione. Basterebbe anche solo ridurre di un quinto questo ammontare per liberare risorse intorno ai 30-35 miliardi, vale a dire il gap nel cuneo fiscale che sussiste tra l’Italia e la media europea. Anche se è più facile a dirsi che a farsi, considerato che anche questa spesa (si pensi ad esempio ai vari trasferimenti alle imprese e alla giungla di detrazioni e deduzioni) contribuisce all’economia, per cui il suo venir meno creerebbe buchi da un’altra. Anche se non mancano gli sprechi, dai diversi costi delle siringhe tra un ospedale all’altro all’eccesso di consulenze da parte della Pubblica Amministrazione, fino alle tanto odiate auto blu.

Il piano Cottarelli

Il Governo Letta ha nominato Carlo Cottarelli, dirigente del Fondo Monetario Internazionale, alla guida di un comitato per la spending review. Quest’ultimo ha avviato una serie di commissioni tecniche per effettuare un censimento di tutte le spese (uno dei principali problemi è dato proprio dalla difficoltà di capire nel dettaglio come sono distribuiti i costi), con l’obiettivo di risparmiare oltre 3 miliardi quest’anno, 14 miliardi dal prossimo e altri 15 dall’anno successivo. In sostanza, dal 2015 la spesa pubblica dovrebbe scendere di 32 miliardi l’anno, liberando così risorse per due punti di Pil. Renzi sembrerebbe interessato a usare circa metà delle risorse per ridurre il cuneo fiscale e altrettanto per abbassare le aliquote Irpef per i livelli più bassi. Il piano è ambizioso (anche se Cottarelli si è detto ottimista sulla possibilità di fare anche meglio), ora resta da saggiare la resistenza di quanti dovranno rinunciare a qualche privilegio.