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I certificati medici online e la difficile partenza

Era il 1 febbraio 2011, giorno del lancio dei certificati medici online, e il ministro della Pubblica amministrazione e dell'innovazione Renato Brunetta dichiarava entusiasta: «Sono molto soddisfatto. I certificati on line riguardano 18 milioni di lavoratori, dipendenti pubblici e privati che non dovranno più inviare le due raccomandate nelle assenze per malattie. Sono 200 milioni di euro in meno di raccomandate, ed è questo il segno della modernizzazione del Paese». La modernizzazione: da quella data è diventata obbligatoria la trasmissione via web all'Inps dei certificati medici di tutti i dipendenti pubblici e, dallo scorso 13 settembre, esteso anche ai privati. Ed ecco come è andata.

Il lancio tra le proteste dei medici
L'esordio non è stato proprio brillante. Il primo febbraio ha segnato sostanzialmente il giorno dell'avvio delle sanzioni per chi non applicava le disposizioni del Ministero.
Lo stesso giorno, i medici hanno iniziato a segnalare che il sito dove registrare le malattie dei lavoratori era bloccato già dal giorno precedente. Nelle prime ore del mattino per una risposta dal Call Center si impiegavano fino a 18 minuti.
«I lavoratori che credono ai trionfalistici comunicati stampa del ministero dell'Innovazione — tuonava Giacomo Milillo della Federazione Italiana Medici di Medicina Generale - pretendono dal loro medico il certificato on-line, ma il sistema non funziona. E molti medici di famiglia si sono sentiti dire la frase "il mio datore di lavoro mi ha detto che lei deve farlo per forza" dall'inizio della giornata».

Il risultato è stato: molto tempo sottratto all'assistenza e cittadini costretti a fare il ping pong fra lo studio del medico e l'ufficio del personale.
Secondo la Federazione Italiana Medici di Medicina Generale, i sindacati e le associazioni dei medici i problemi erano ben noti al Ministero: «Li abbiamo più volte segnalati sulla base di studi e sondaggi dai quali emergeva chiaramente il persistere di blocchi frequenti nel sistema di certificazione on-line. Soprattutto per il call center. Il sistema non è a regime, e per questo abbiamo appreso con amarezza il no del ministro Brunetta alla richiesta di tutti i sindacati medici di rinviare le sanzioni per il mancato utilizzo dei certificati on-line». Nelle intenzioni del ministro, il sistema avrebbe dovuto entrare a regime a metà dicembre 2009. Ma a causa di problemi tecnici, si è andati di proroga in proroga, fino alla fine di gennaio, quando è scattato - almeno in teoria - il regime di sanzioni per i medici inadempienti.

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«I problemi tecnici denunciati dai medici sono assolutamente reali — dice Mariano Corso, docente del Politecnico di Milano e responsabile scientifico dell'osservatorio ICT in Sanità - in tutta Italia alla partenza ci sono stati blocchi e ritardi del sistema che hanno reso lentissimo, quando non impossibile, il rilascio di certificati on line. Risultato? Code negli studi medici e pazienti inviperiti. Anche il servizio di call center, che avrebbe dovuto costituire il back-up in caso di problemi è risultato assolutamente inefficace».
A quanto sembra, è sembrato un problema in cui si univano eccessiva compressione dei tempi e impreparazione. Viene da chiedersi, però, a cosa siano serviti tanti mesi di test e sperimentazione del sistema, la cui adozione era obbligatoria - in teoria - già da molti mesi. Ma tant'è e comunque l'iniziativa in linea di principio è giusta visto che si tratta di una modernizzazione della Pubblica amministrazione con notevoli risparmi. Passata quindi la prima fase cosa è cambiato?
«Ora che è andato regime e perfettamente funzionante dal punto di vista tecnico - spiega il professor Corso - la soluzione sviluppata genererà benefici per il cittadino ed il sistema, ma costituirà per i medici di famiglia solo un aggravio di lavoro amministrativo».
I benefici a livello di sistema hanno, però, un onere che ricade sul medico di medicina generale con una burocratizzazione del servizio. Ecco cosa succedeva prima: la compilazione di un certificato cartaceo richiedeva a un medico solo pochi secondi. Con il sistema on line, ora, è necessario accedere al portale, autenticarsi inserendo diversi codici, inserire dati relativi al paziente (che prima erano a cura del paziente stesso), compilare la diagnosi indicando gli opportuni codici e, finalmente, attendere una risposta dal sistema con un numero di protocollo da dare all'assistito. Si tratta di alcuni minuti di lavoro (da 2 a 5 se tutto va bene) che, moltiplicati per il numero di certificati che un medico di famiglia deve compilare, si traducono in alcune ore settimanali di lavoro in più, attività non retribuita né riconosciuta e soprattutto considerata dai medici "burocratica" e quindi, dicono, fonte di un ulteriore avvilimento della loro professionalità. E per capire la mole di burocrazia ogni medico di base ha tra 1000 e 1500 pazienti.
Vantaggi non per tutti. Processi migliorabili
È stato un caso di evidente contrasto tra chi gode i vantaggi di un'innovazione (il sistema pubblico, le imprese e i cittadini) e chi ne subisce gli oneri (essenzialmente i medici). Le resistenze dei camici bianchi possono essere liquidate come un arroccamento corporativista, ma il rimedio ha rischiato di essere peggiore del male, perché il Ministero ha risposto con la minaccia di sanzioni e licenziamenti. Fare diagnosi e dare ricette non è mai facile, e di sicuro occorreva superare in tempi brevi i problemi tecnici ma, soprattutto, occorreva anche spingere ed incentivare i medici verso una informatizzazione che migliori il loro lavoro e che non venga percepita solo come più burocratico.
Non è un caso, allora, che a livello nazionale i medici che hanno risposto meglio siano stati quelli delle regioni dove si è investito di più nel loro coinvolgimento per il collegamento alla rete, cioè fornendo loro strumenti che migliorano la professionalità. Oltre a una gestione non ottimale dal punto di vista tecnico, il problema è più profondo: non tutte le regioni hanno la stessa rete di infrastrutture telematiche.
In Lombardia, ad esempio, i medici accedono al sistema centrale attraverso il "Sistema Informativo Socio Sanitario" Regionale (SISS), che provvede ad autenticarli e dà accesso a molteplici funzionalità, come quelle del Fascicolo Sanitario Elettronico. Per accedere al SISS i medici hanno avuto tempo e incentivi specifici all'informatizzazione, e non è un caso che, durante tutto il periodo della sperimentazione prima, e dell'obbligatorietà con sospensione delle sanzioni poi, la larghissima parte dei certificati prodotti venisse proprio dalla Lombardia. La Regione aveva investito nell'informatizzazione dei medici, versando negli anni centinaia milioni di euro, per metterli in rete. Un prerequisito che si è dimostrato fondamentale per i nuovi certificati online con un integrazione del Siss.
Ma nelle altre regioni? Il gap infrastruttuale rimane tra Nord e Sud, che si evidenzia con scarsi investimenti nel passato in regioni come Sicilia, Puglia, Abruzzo, Basilicata. Tutte regioni che soffrono la mancanza di banda larga come in gran parte del territorio.
Oltre 500 milioni di euro di risparmi
I vantaggi sono senz'altro notevoli: con l'accesso diretto dei medici al sistema centrale Sogei vengono saltate attività di data entry, spese postali, e l'inutile gestione di documenti cartacei. I benefici economici poi sono ben superiori ai 200 milioni di euro iniziali: si stima che la sola abolizione del data entry (l'immissione di dati cartacea) porti all'Inps vantaggi potenziali pari a 500 milioni di Euro, di cui 70 deriverebbero dall'abolizione dell'invio con raccomandata del certificato di malattia all'Inps e al datore di lavoro. Ci sono altri vantaggi, più difficili da stimare, ma non per questo meno importanti: il tempo risparmiato dai cittadini e le code agli sportelli postali, ad esempio, ma soprattutto la possibilità di un monitoraggio in tempo reale che può non solo far risparmiare tempo alle imprese, ma rendere più efficace il controllo scoraggiando l'assenteismo.

Ben 60.277.000 giornate indennizzate per un costo totale di 1,9 miliardi l'anno, di cui 1,6 a carico delle imprese nel solo 2010. Un recupero anche minimo in efficacia nel combattere gli abusi vorrebbe dire un vantaggio enorme. Non a caso, questo è stato uno dei temi su cui il ministro Brunetta ha puntato da subito con il piano e-government. Nelle sue intenzioni doveva essere quello che nel change management viene definito "quick win", però il percorso si è rivelato molto più difficile del previsto.
Ora, nove mesi dopo, si possono trarre i primi bilanci. Il 12 settembre, alla vigilia del completo passaggio online anche per il settore privato, i toni tra Ministero e medici si sono stemperati. Il sistema è stato via via rodato e da febbraio sono stati inviati elettronicamente più di 16 milioni di certificati. Una rivoluzione digitale che coinvolge direttamente 17,5 milioni di lavoratori dipendenti (che non sono più costretti a spendere circa 7,5 euro per spedire le due raccomandate al proprio datore di lavoro e all'Inps), oltre 200mila medici e circa 5 milioni di imprese.
Con effetti immediati anche sulle assenze per motivi di salute: rispetto agli stessi mesi del 2010, le assenze per malattia dei dipendenti pubblici sono diminuite del -7,9% a luglio e del -2,2% ad agosto. Gli eventi di assenza per malattia superiori a 10 giorni sono aumentati del +2,9% a luglio mentre sono diminuiti del -4% ad agosto.

Rimane ancora un problema: i lavoratori privati potranno avere quasi sempre il certificato di malattia on line quando si recano dal medico di famiglia, ma non sempre se chiamano la guardia medica (spesso sprovvista della strumentazione necessaria) e quasi mai se si recano al pronto soccorso o vengono ricoverati in strutture private. Dove continua ad essere valido il vecchio certificato su carta.