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Emergenza rifiuti a Napoli, la situazione due anni dopo la fine del commissariamento straordinario

Quindici anni di emergenza e di commissari governativi, commissioni parlamentari, indagini della magistratura e miliardi. Miliardi di euro spesi per fronteggiare un dramma finito sui giornali e sulle tv di tutto il mondo.

Napoli sommersa dai rifiuti, la "Campania infelix" avvelenata da sacchetti, percolato e milioni di ecoballe di spazzatura stoccate lì dove prima c'erano campi coltivati. Agli occhi dell'Europa intera che sullo smaltimento rifiuti ha creato un business milionario, Napoli è la patria del paradosso. Qui la "monnezza" non frutta. È smaltita, sì, ma all'estero. Sul capoluogo campano gli allarmi si sono sprecati nel corso degli anni e l'impatto sulla reputazione di una regione a spiccata vocazione turistica è stato devastante. Oggi, a due anni dalla chiusura ufficiale del commissariamento straordinario disposta dal governo Berlusconi, con una nuova legge che affida gran parte dei compiti alle Province e una mansione sostanzialmente di controllo alla Regione, qual è la situazione?

I rifiuti prodotti in Campania stanno andando in parte nelle discariche ancora aperte e in alcuni sversatoi extraregionali, in parte nell'unico termovalorizzatore regionale, quello di Acerra, e parte all'estero, in Olanda per la precisione. La prima nave verso l'inceneritore di Rotterdam è salpata da Napoli il mese scorso: mille tonnellate bruciate in poco meno di sette ore, a un costo minore di quello offerto da analoghe ditte di smaltimento in Italia. Ciò perché all'estero, in particolare in Nord Europa, il ciclo virtuoso dei rifiuti funziona, di spazzatura da bruciare ce n'è sempre meno e occorre importarla per alimentare gli impianti. In Olanda da Napoli giunge rifiuto secco, cioè separato dalla parte umida.

Da marzo, in seguito a un accordo fra la Provincia di Napoli e le autorità olandesi che sovrintendono il trasporto transfrontaliero dell'immondizia nostrana, sarà possibile smaltire anche il cosiddetto "tal quale" ovvero il rifiuto preso dai cassonetti senza alcun pre-trattamento. Operazioni di controllo ce ne saranno comunque: è già accaduto qualche anno fa che il pattume spedito all'estero via treno (nella fattispecie in Germania) venisse poi bloccato ai controlli di frontiera, prima dell'incenerimento. Il motivo? In molti casi i controlli evidenziavano la presenza di materiale radioattivo nell'immondizia. Il perché della radioattività è stato poi individuato nell'illecita presenza, nei cassonetti, di scarti da laboratorio radiologico, materiale che andrebbe invece trattato a parte, in apposite strutture e con determinate procedure. Secondo il presidente della Corte d'Appello di Napoli, Antonio Bonajuto, il trasferimento dei rifiuti all'estero è positivo, poiché li tiene «il più lontano possibile dai teatri delle imprese malavitose».

Attualmente il collo di bottiglia nel sistema integrato dei rifiuti, in Campania ormai completamente pubblico (né gli impianti né il trasporto sono più sotto il controllo dei privati), è rappresentato dagli Stir, stabilimenti di tritovagliatura e imballaggio. Motivo? Sono ingolfati: «Nei sette impianti campani ci sono 90mila tonnellate di frazione umida», spiegano i tecnici dell'assessorato regionale all'Ambiente. Il riammodernamento (revamping) degli impianti non è possibile un loro stop o quanto meno senza la riduzione del loro carico quotidiano. Spezzare il già terremotato ciclo dei rifiuti in Campania significherebbe tornare in piena crisi.

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L'ultima, drammatica, emergenza rifiuti c'è stata un anno fa: nella scorsa primavera tonnellate di spazzatura sulle strade di Napoli e nelle cittadine limitrofe. Anche in quell'occasione fu determinante il problema degli impianti di vagliatura e la saturazione delle discariche ormai tutte piene. Il nuovo piano regionale prevede a Napoli la realizzazione di un secondo inceneritore, ipotesi osteggiata dall'attuale amministrazione comunale retta da Luigi de Magistris che invece punta sulla riduzione del rifiuto indifferenziato, l'aumento della percentuale di raccolta differenziata (attualmente inchiodata sotto il 20 per cento) e lo smaltimento all'estero.

C'è poi un altro gigantesco problema: in Campania giacciono almeno 6 milioni di ecoballe, rifiuto "tal quale" imballato e stoccato da anni per lo più su piattaforme all'aperto nella provincia Nord di Napoli e nel Casertano, visibili anche via satellite su Google. Si tratta di immondizia non smaltibile nel termovalorizzatore di Acerra perché non rispondente ai requisiti base richiesti dall'impianto. Quello delle ecoballe è uno dei problemi alla base della procedura di infrazione dell'Unione europea che a tutt'oggi attende dall'Italia un piano concreto per la soluzione strutturale del problema in Campania. Sul versante economico la Regione non nasconde le sofferenze: per ammissione dell'assessore all'Ambiente della giunta regionale di Stefano Caldoro, Giovanni Romano, «in Campania la riscossione della Tarsu arriva a stento al 60 per cento». Dunque 4 persone su 10 non pagano la tassa sui rifiuti solidi urbani, con pesanti ripercussioni in termini economici.

La cronica emergenza igienico-sanitaria è invece un affare milionario per le ecomafie: l'ultima relazione della Procura nazionale antimafia traccia un quadro devastante: col business dei rifiuti la camorra ha avvelenato i terreni determinando l'incremento di patologie tumorali in Campania. Filippo Beatrice, magistrato della Direzione nazionale antimafia, spiega: «La camorra non solo mortifica le iniziative economiche che lecitamente si cerca di intraprendere in determinati territori a rischio di infiltrazione mafiosa; con il suo agire determina effetti perniciosi per la salute della collettività».
Uno studio choc datato 2010, diffuso dall'Istituto superiore di Sanità parla di incremento, fin dal 2004, di tumori al fegato, seno, sistema nervoso, colon e retto. Sulla prestigiosa rivista scientifica "The Lancet oncology" si evidenzia il forte incremento di patologie tumorali, superiori alla media nazionale, nelle aree che hanno ospitato discariche nel corso degli ultimi quindici anni: Nola, Marigliano ed Acerra.