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Il coltello italiano, inventato in chat, alla conquista dell'Europa

Salvare l’azienda di famiglia sfruttando la forza del made in Italy e dei distretti. E’ la storia di Andrea Girolami, 39 anni, erede e ora leader di Due Ancore, fabbrica di coltelli fondata dal bisnonno nel 1885 a Maniago (Pordenone). L’azienda, dopo oltre un secolo di storia, si era trovata in grande difficoltà. Colpa della crisi globale e di quella del settore. Ma oggi Andrea ha inventato Lamami, un nuovo marchio (con l’aiuto di una chat notturna su Whatsapp), e i suoi coltelli hanno conquistato i negozi più importanti di Londra e Parigi, i magazzini Harrods e Lafayette. Segno che, anche durante la crisi, le buone idee vincono sempre.

Andrea, partiamo dai motivi di sofferenza di Due Ancore.
“Noi producevamo soprattutto mannaie e altri attrezzi per il taglio della carne. Tutto questo settore è stato terremotato dalla crisi della mucca pazza, che ha fatto crollare il consumo di carni e di conseguenza anche quello degli strumenti professionali collegati. Inoltre, da allora tutta l’industria si è robotizzata, non si fa più niente a mano. I nostri coltelli erano diventati l’equivalente della macchina da scrivere contro il computer. Il nostro principale cliente, un’azienda tedesca, ci ha dato il benservito dalla sera alla mattina. Siamo crollati da da 40mila a 1000 mannaie all'anno”.

E siamo al momento della svolta: come avete reagito?
“Ho sempre avuto la fortuna di viaggiare per il mondo per capire i bisogno e le dinamiche del mercato. La svolta vera è arrivata a Houston, negli Stati Uniti. Ho visto un importatore di formaggio tagliare il gorgonzola con un coltello da carne, non aveva nemmeno idea che ne potessero essere decine, uno per ogni formaggio. Ho capito che lì c’era un buco di mercato, ed è nato il progetto Lamami”.

Partiamo dal marchio.
“Il primo nome era Assaporando. Ma non ero convinto, così ho convocato tutti i miei amici in una chat su Whatsapp per cercare una buona idea. Ed è venuto fuori Lamami, che unisce lama e amami, con l’idea di ridare forza ed eleganza al gesto di tagliare. Ed è nata la linea di prodotti, che vengono venduti in un formato libro, perché il made in Italy è innanzitutto storia, un modo di tagliare corretto è un modo di vivere corretto. Abbiamo strumenti per tagliare formaggi, cioccolata, sigari, torte nuziali”.

Quanto conta il made in Italy per rilanciare un’azienda?
"Tantissimo. E non solo per come è visto lo stile di vita italiano nel mondo. Noi puntiamo molto sulle operazioni di co-marketing, con due grosse aziende italiane. Vogliamo uscire dal settore del coltello per il food, per lanciarci verso la moda, con il camouflage e il borchiato. E poi conta anche nella struttura produttiva".

I distretti?

"Esatto. Abbiamo solo fornitori a km zero. Nel nostro distretto di Maniago c’è tutto, per esempio le confezioni non le facciamo noi, non ci serve avere un macchinario da usare soltanto due ore al giorno, meglio collaborare con un’altra azienda vicina, e usare il loro. Questo ci dà la possibilità di essere elastici nella produzione, che oggi è un concetto decisivo".

Che dimensioni avete ora?
"Il fatturato va verso il mezzo milione di euro, ma soprattutto è raddoppiato rispetto all’anno precedente, e per noi è una tendenza molto confortante. E poi il marchio gira, siamo arrivati da Harrods e Lafayette, e ci hanno invitato fiere specializzate a numero chiuso".