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2016: chi sarà posizionato meglio nella seconda metà dell'anno?

In un momento storico in cui i punti interrogativi si moltiplicano e i salti nel buio rischiano di far male a più di un investitore, restano ancora delle isole felici sulle quali puntare? Alla domanda, più che lecita, risponde Christopher Chu, Fund Manager azionario sull'Asia di Union Bancaire Privée (UBP (Taiwan OTC: 6471.TWO - notizie) ).

L'analisi di UBP

La sua view parte dalla constatazione secondo cui l'area asiatica avrebbe un appeal migliore nella seconda metà dell'anno rispetto a quanto previsto nella prima: i tassi di interesse reali positivi per le due locomotrici del continente, Cina e India e un'inflazione ancora tollerabile per tutte le nazioni che potranno sfruttare il basso prezzo le petrolio perché importatrici e non produttrici. Guardando l'andamento dell'economa delle nazioni emergenti asiatiche è impossibile, continua l'analisi, non evidenziare l'avanzo registrato nelle partite correnti, il che permette ai risparmi di superare i consumi, un trend che, a sua volta, influenza direttamente le scelte delle varie banche centrali le quali si trovano a non dover più adottare politiche di stimolo economico aggressivo per potenziare i termini di scambio.Una ricetta che, continua Chu, permetterà alle nazioni di proteggere i propri asset. Fermo restando l'apporto delle riforme per un'economia di mercato mercato liberalizzata. L'esempio più eclatante è l'India con un orientamento business friendly ormai chiaro a tutti, mentre sul fronte del sud est asiatico si registrano provvedimenti per permettere alla burocrazia di accorciare i tempi per gli investimenti anche e soprattutto da parte degli stranieri.

I timori del G7

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Ma c'è emergente ed emergente. Una caratteristica peculiare di questa definizione è la presenza di varie realtà eterogenee divise tra loro. Infatti se da una parte, come abbiamo visto, la zona degli emergenti asiatici è vista con particolare favore, dall'altra, invece, si teme per la loro sorte e per quella di tutto il resto dell'economia mondiale. A decretarlo è il primo ministro Shinzo Abe il quale ha paragonato l'attuale situazione presente sugli emergenti a quella che scatenò la crisi finanziaria del 2008. A destare le preoccupazioni del premier nipponico sono le materie prime e nello specifico i prezzi crollati del 55% nel giro di un anno e mezzo (giugno 2014-gennaio 2016), un andamento molto simile a quello registrato poco prima della crisi scoppiata all'indomani del fallimento della Lehamn Brothers.

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