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30 giorni alla Casa Bianca: i regali di Trump alle banche

24 ordini esecutivi, praticamente uno al giorno (considerando i festivi): è passato giusto un mese dal suo insediamento alla Casa Bianca e già metà dell’America si divide in manifestazioni altrettanto frequenti quanto le firme del presidente sui provvedimenti li legge.

I numeri

Ma se la popolarità del neoeletto Trump è ai minimi storici per un presidente appena insediato (39% di consensi) è anche vero che, nonostante gli anatemi, Wall Street non ha fatto altro che salire vorticosamente in questi 30 giorni, anticipata da un rally che, per i listini americani, è partito immediatamente dopo la sua elezione. Tutto merito della deregulation in arrivo che promette di tagliare i ponti con le restrizioni nate all’indomani della crisi. A confermarlo, anche i numeri delle azioni degli istituti finanziari, i primi e più diretti beneficiari della “cura” Trump.Dal 4 novembre alla settimana scorsa, ricorda il Corsera, il titolo di Goldman Sachs (NYSE: GS-PB - notizie) è passato da una quotazione di 175 dollari ai 250 attuali. Lo stesso è avvenuto per Morgan Stanley (Xetra: 885836 - notizie) (da 32 dollari a 46) e a JP Morgan che è arrivata a 90 dollari partendo da 67, così come per Wells Fargo (Swiss: WFC-USD.SW - notizie) (44 dollari diventati 60) e Citigroup (NYSE: C - notizie) , arrivato a 60 dollari dai precedenti 48.

Le aspettative

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Ma per molti versi il rally dei listini Usa si ciba di aspettative. L’Obamacare, che dovrebbe dare una scossa al settore della sanità per quanto abrogato proprio con un ordine esecutivo firmato tra i primi, deve ancora essere rivisto nel concreto: molti gli interessi in gioco per una riforma che può essere resa definitiva solo dal Congresso che a suo tempo diede il via libera al progetto, peraltro fortemente ridimensionato rispetto a quello presentato da Obama. Intanto il contestato decreto sui migranti che si poneva di bloccare l’arrivo da 7 nazioni a rischio terrorismo, arriverà all’approvazione del parlamento in una versione riveduta e corretta “a prova di giudici”, implicita ammissione della sua base fondamentalmente anticostituzionale. Questo perchè è stato uno tra i provvedimenti più contestati della neo amministrazione che si è trovata ad essere oggetto di protesta proprio nel President Day, trasformato, per l’occasione, nel Not My President Day.

La riforma fiscale

Resta l’altro cavallo di battaglia di Trump: la riforma fiscale. In questo caso Trump ha puntato tutto su una riduzione corposa e cospicue della pressione fiscale sia per aziende che per privati con un taglio che porterebbe al 15% aliquote che, attualmente sono al 35%. E anche in questo caso ad avvantaggiarsi del provvedimento potrebbero essere le banche: per i primi sei istituti statunitensi, si potrebbero liberare risorse pari a 12 miliardi di dollari, tanto è il livello quantificato da Bloomsberg. Ma a questo punto il problema si pone con i rappresentanti del suo stesso partito: favorevoli a un alleggerimento del carico, i repubblicani sono anche consapevoli di un margine di manovra particolarmente piccolo. Nei giorni scorsi, infatti, hanno già annunciato, riguardo al progetto di investimenti pubblici in infrastrutture, che ogni cifra destinata a questo progetto dovrà essere sterilizzata con tagli su altre voci di spesa.

Ma la deregulation più amata è quella destinata alle lobby: al di là delle scelte di smantellare la politica ambientalista di Obama dando il via libera alla costruzione degli oleodotti XL Keystone e Dakota (peraltro non convenienti in caso di petrolio a quotazioni troppo basse), arrivano i provvedimenti sul fronte bancario.

Cosa regala Trump alle banche Usa?

Il primo pensiero va a quella serie di norme racchiuse nella legge più ampia e definita Dodd-Frank, che con ogni probabilità il tycoon renderà estremamente più leggera. In primis a cominciare dal cancellare il divieto di proprietary trading. Di (KSE: 003160.KS - notizie) cosa si tratta? Le banche, oltre che negoziare per conto dei propri clienti, possono negoziare anche in prima persona sfruttando e proprie risorse finanziarie. O per lo meno potevano: nel 2010 la Volcker Rule, presente appunto nel pacchetto Dodd-Frank, ne limita in maniera estrema l’utilizzo da parte delle banche commerciali dal momento che è ritenuta una tecnica potenzialmente pericolosa per i clienti come anche per l’intero sistema finanziario. Purtroppo i profitti di negoziazione sono una voce determinante nei bilanci degli istituti di credito dal momento che i soli proventi derivanti dalle normali operazioni che solitamente fa una banca, non sarebbero sufficienti.

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