Accordo sulla politica agricola comune: ambientalisti in rivolta
L’accordo sulla politica agricola comune, che vale un terzo dell’intero bilancio Ue, è stato trovato nel rush finale dei negoziati, tra ieri notte e questo pomeriggio. Tre anni di trattativa non sono però bastati a dare un’anima unitaria all’Europa in un settore critico ma spesso trascurato. Per decenni con il diminuire del numero degli agricoltori è diminuita l’attenzione, come se il cibo fosse diventato un accessorio del sistema industriale.
Questo trend oggi è stato rovesciato dall’urgenza della cronaca: le relazioni scientifiche si accavallano nel denunciare il costo ambientale ed economico della gestione intensiva dei campi. Agricoltura, allevamenti e gestione del suolo sono responsabili di un quarto delle emissioni serra. La richiesta emergente, che viene dalla stessa Unione europea con le Strategie Farm to Fork e Biodiversità, è una svolta verso la sostenibilità, per far quadrare allo stesso tempo i bilanci delle aziende e quelli dell’ambiente.
Ma tra il vecchio approccio, la difesa a catenaccio dell’intero settore in difficoltà, e il nuovo, che chiede di concentrare gli aiuti sulla parte più innovativa e sostenibile dell’agricoltura, finora non è stato possibile trovare un’intesa. E, al momento, ha vinto il fronte della continuità con il passato. Il Trilogo – formato da Commissione, Consiglio e Parlamento – ha bocciato lo strappo ecologico.
E’ per questo che i commenti sono polarizzati: le istituzioni plaudono (sia pure lasciando trasparire la presenza di zone d’ombra), il fronte ambientalista è in rivolta e lancia la raccolta di firme dei cittadini europei per bloccare il percorso della Pac che si concluderà formalmente solo a novembre. “Mi riempie di grande soddisfazione poter affermare che ce l’abbiamo fatta”, ha scritto su Twitter”, ha scritto il commissario ...
Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.