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Acque reflue urbane: l'Italia non è in regola. E l'Europa bacchetta

Acque reflue, l'Italia è ancora indietro. A distanza di due anni - maggio 2010 - la Commissione europea riporta l'Italia davanti alla Corte di Giustizia Ue "perche' ha fallito nell'assicurare che le acque reflue di agglomerati con piu' di 10mila abitanti vengano scaricate in aree sensibili solo se correttamente trattate".

Dal 1998, anno in cui venne emanata la legislazione Ue che richiede adeguati sistemi di raccolta e trattamento delle acque di scarico, l'Italia ha fatto ben poco, "mettendo a rischio - afferma la nota della Commissione europea - la salute umana e la qualità delle acque interne e dell'ambiente marino". "Le acque reflue non trattate - continua la nota -  possono essere contaminate da batteri e virus nocivi e rappresentano pertanto un rischio per la salute pubblica". La Commissione precisa tuttavia che ci sono stati "buoni progressi compiuti dopo il parere motivato in materia del 2011", ma non sufficienti, e "la gravità delle persistenti lacune ha indotto la Commissione, su raccomandazione del commissario per l'Ambiente Janez Potocnik, ad adire la Corte di giustizia dell'Ue".

Oltre che alla salute dell'uomo, le acque reflue danneggiano anche l'ambiente marino, a causa dei nutrienti - azoto e fosforo -  che possono danneggiare le acque dolci, provocando una crescita eccessiva di alghe, principale causa del fenomeno dell' eutrofizzazione.
La normativa prevede che gli agglomerati con oltre 10mila abitanti debbano dotarsi di sistemi per la raccolta e il trattamento delle acque di scarico, oltre a garantire che queste acque subiscano un trattamento specifico che sia in grado di rimuovere le sostanze inquinanti prima che siano scaricate in mare o in acqua dolce. Dal 1998 ad oggi, ancora 50 agglomerati urbani non hanno un sistema di smaltimento e trattamento delle acque reflue e "sono necessari - spiegano da Bruxelles - ulteriori lavori affinché i centri urbani non ancora conformi raggiungano gli standard previsti a tutela dei cittadini e dell'ambiente".

Un secondo richiamo, dunque, dopo che nel 2010 la Commissione aveva fatto ricorso contro l'Italia per gli agglomerati urbani con oltre 15 mila abitanti che avrebbero dovuto conformarsi entro il 2000. Continuano intanto le indagini per valutare "la situazione negli agglomerati di dimensioni inferiori, per i quali il termine per conformarsi scadeva nel 2005".