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Airbnb, sharing economy sì, ma con le regole

Il celebre servizio suscita qualche dubbio, ma anche l'innovazione va normata

Airbnb

E' il destino di diverse start up che stanno cambiando il panorama degli usi e dei consumi al tempo della sharing economy: fanno innovazione, ma si scontrano anche con quadri normativi ostili, rischiando di trovarsi spesso in bilico tra lecito e ingiusto. Dopo il caso Uber, anche AirBnb sembra doversi scontrare con la dura realtà, almeno in Spagna, dove il governo della Catalogna,  comunità autonoma, ha deciso di infliggere all'azienda una multa di 30 mila euro, perché non avrebbe rispettato le leggi locali in materia di affitto.

Una legge che risale al 2012 pretende infatti che tutti gli appartamenti affittati per turismo siano regolarmente registrati presso un ente apposito, che poi trasferisce i dati al Ministero del Turismo spagnolo.  Inoltre, secondo la norma, affittare stanze all'interno degli appartamenti non è cosentito. Un vero grattacapo per una start up che deve la sua nascita grazie alla lungimirante idea di tre giovani che nel 2008, in California, hanno ospitato e monetizzato la presenza di tre persone in casa loro. Da lì la creazione della piattaforma e l'escalation internazionale, grazie alla possibilità di fittare case, ville o castelli in tutto il mondo, ma anche di fare network, generare feedback, assegnare voti di qualità in un sistema dove si ospita e si può essere ospitati, laddove la durata media del soggiorno spesso si attesta sulla settimana.

Un'alternativa che piace ai clienti, ma suscita le ire di chi lavora nel settore del turismo e dubbi, in particolare sul fronte “subaffitto illecito”: in America un'inchiesta è stata condotta dal procuratore di New York, Eric Schneiderman; in Olanda invece si è proceduto a regolarizzare:  un regolamento ad hoc è stato approvato in materia, per mettere a norma gli affitti a breve termine fino a un massimo di due mesi all'anno che vengono fatti «in modo sicuro e onestamente senza causare fastidio». Insomma, gli intermediari si devono assumere le responsabilità, in primis classificando le abitazioni come alloggi privati, non superando il limite di quattro persone e facendo pagare una tassa di soggiorno.

Abbiamo intervistato in merito proprio un utente del servizio, che vive nei Paesi Bassi, e che ha usato la piattaforma sia come turista che come proprietario. Racconta D. a Yahoo!Finanza: “Ho usato, per un breve periodo Airbnb, l'anno scorso, in autunno, per visitare Roma e Milano. Andare in albergo era anonimo e conoscevo già il “concetto” di esperienza di  Airbnb. Ci sono due tipologie: quello dove hai totalmente a disposizione l'appartamento, e quello dove continua a viverci dentro il proprietario. Ero in compagnia della mia ex e abbiamo preferito la seconda tipologia, anche per conoscere nuove persone”. Tra i vantaggi “ci sono i costi, eravamo in due, e poi a Roma abbiamo avuto una buona esperienza, conoscendo la persona che era in casa. Ti senti meno turista, in questo caso”. Sharing economy o sostituzione dell'albergo tout court? In effetti, sottolinea D, “a Milano di fatto è stata una transazione di affari, a Roma abbiamo conosciuto una persona, cenato insieme, era una bella casa e ci siamo trovati benissimo. C'erano perfino le lucette negli armadi. Erano appartamenti in condominio ” Di fondo bisogna “leggere attentamente le recensioni di chi offre e chiedere. Personalmente ho anche offerto il servizio, avendo una stanza extra in casa: quasi sempre mi sono trovato benissimo. Bisogna essere chiari, quando ci si scambia le informazioni: in tal caso funziona benissimo e non ci sono sorprese”.

Insomma, ci vuole chiarezza, ancor prima di poter dire che il servizio ha tradito le attese. Il caso olandese dimostra che normare è meglio di arrabbiarsi, oppure, diversamente, se le norme ci sono, farle rispettare. La piattaforma non dice cosa è vietato ma  suggerisce chiaramente di controllare “ le regole delle associazioni dei proprietari per assicurarti che non ci siano divieti relativi al subaffitto o qualsiasi altra restrizione sull'ospitalità” suggerendo anche di controllare l'ideoneità dell'operazione col proprietario, aggiungendo, perché no, una clausola nel contratto, se serve. E' lecito o meno affittare a terzi alloggi sovvenzionati? Sul tema si consiglia di chiedere a “colui che gestisce la proprietà” che potrebbe “essere in grado di rispondere alle tue domande”. L'ignoranza della legge non è ammessa, ma spetta agli host, ovvero a quelli che affittano. Una cosa è certa: anche se per 5 o 20 giorni all'anno, la piattaforma consente agli host di generare reddito. E i redditi percepiti vanno dichiarati.