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Altra tegola su Piazza Affari: anche il petrolio fa retromarcia

La mattinata è partita in maniera pessima per la borsa milanese ma anche per tutto il resto dell’Europa spaventata dall’incognita Deutsche ma soprattutto da un sistema bancario che, nuovamente, rischia di dover tornare agli aiuti di stato iniziando proprio dalla nazione che più di tutti aveva combattuto contro l’aiuto di stato: la Germania.

La caduta delle speranze

Angela Merkel, di fronte al pericolo rappresentato non solo da Deutsche ma anche da Commerzbank (Xetra: CBK100 - notizie) e dalla sua opera di ristrutturazione, rischia di perdere il consenso popolare, la reputazione politica e la carica di cancelliere ancora prima delle elezioni previste per l’anno prossimo. Ma come se questo non bastasse arriva anche un’altra tegola sui mercati, la retromarcia del petrolio.

Intorno alle 11 il greggio registrava in Europa 48,62 dollari al barile per il Brent e 47,26 per il WTI.

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Di ieri la notizia, a sorpresa, di un accordo trovato dai membri dell’Opec sui tagli alla produzione con un accordo sul quale nessuno aveva riposto speranze, un accordo tanto imprevisto quanto potenzialmente inapplicabile. I mercati se ne sono accorti tra ieri e oggi, per le precisione tra la seconda parte di ieri e la mattinata di oggi visto che anche il settore degli energetici sta colando letteralmente a picco influenzato dall’andamento delle quotazioni sui mercati asiatici dove il Wti cedeva 27 cent a 47,56 dollari al barile, mentre il Brent 31 cent a 48,93 dollari al barile. I dubbi arrivano dal fatto che finora si è saputo solo di un accordo generico per un taglio di 750 mila barili al giorno distribuito su quote divise paese per paese e ancora da stabilire, il che, conoscendo le intenzioni di alcuni produttori come Libia, Iran, Iraq e Nigeria di aumentare l’output, risulta essere un target ancora particolarmente difficile da raggiungere. L’appuntamento è infatti rimandato al 30 novembre, data della prossima riunione ufficiale dell’Opec visto che quello appena conclusosi ad Algeri è stato un incontro informale.

Impossibile controllare il rispetto delle quote

Ma le perplessità degli esperti riguardano anche altri particolari tecnici:

“L'Opec non ha modo di far rispettare le quote"

ha detto Jonathan Chan, analista di Phillip Futures. Inoltre, storicamente, gli stessi paesi ogniqualvolta che hanno in passato deciso di darsi un tetto o un limite sono stati incapaci di rispettarli. Andando a guardare la composizione delle società che sono responsabili dell’alto livello di output si scopre che la maggior parte è privata (a prescindere dalla possibili influenze e partecipazioni governative) il che potrebbe facilmente orientare le loro strategie verso un aumento della produzione nel momento in cui il prezzo dovesse salire arrivando a toccare i 50 dollari o addirittura a superarli di poco, limite nel quale il livello di redditività torna ad essere conveniente per la maggior parte dei produttori.

Quale sarà il futuro dell'Opec?

Di fronte a questo, e soprattutto di fronte ai livelli record di greggio sul mercato, possono poco le considerazioni di chi guarda all’intesa come a un segnale di un Opec che è tornata a dirigere le operazioni sul fronte del petrolio. Il più grande produttore di energetici a livello mondiale è la Russia e non fa parte dell’Organizzazione, così come anche i produttori di shale oil statunitensi. Insomma, il potere dell’organizzazione dei paesi produttori di petrolio si è notevolmente indebolito e anche se è ancora il 60% di quella mondiale resta comunque una fortissima parte esterna che è in grado di influenzare le sorti del mercato energetico in maniera altrettanto erosiva.

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