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Analisi tecnica: metodi sofisticati per prevedere il passato

In questi mesi, in cui i mercati finanziari hanno dato evidenza di saper sfidare le leggi della fisica più rigorosa, viene spontaneo dedurre come l’Analisi Tecnica classica non abbia dato grande dimostrazione della sua efficacia, per ottenere ritorni sul breve periodo superiori all’indice di mercato.

Ovviamente non si discute la sua solidità per proiezioni di lungo periodo, ma, come è noto, il lungo periodo è poco amato dagli speculatori. Questo ha sollevato un grosso interrogativo tra gli analisti tecnici, specialmente tra i “graficisti”, affannati a seguire gli sviluppi isterici dei mercati azionari, con quelli americani in attacco continuo ai massimi di sempre e quelli europei, stremati dal sovrappeso bancario, posti sulla difensiva. Alla base di questa inefficacia, vi è il mutamento darwiniano imposto dalle Banche Centrali che ha costretto i mercati finanziari a cambiare pelle, modificandone la struttura dei rapporti di causa ed effetto con le principali variabili finanziarie e facendo di fatto evaporare le puntuali correlazioni o decorrelazioni intermarket, che negli anni passati permettevano di individuare con estrema precisione i punti di svolta dei mercati.

Parlare di Analisi Tecnica in termini fallimentari sarebbe irrispettoso, sia verso la stessa disciplina disegnata da Charles Dow, sia verso i più grossi divulgatori della materia come Murphy o Pring, ma puntare il dito contro la sua attuale “debolezza” si può, come sottolineato da più di un analista, costretti a trarre previsioni di una qualche affidabilità, facendo leva su un ovvio privo di elementi significativi. Rilevare rotture di supporti e resistenze, o sottolineare delle divergenze con gli indicatori di momentum, non basta più. Ci vuole qualcosa di più convincente. A dire il vero, qualche cosa da salvare in questo disgraziato momento per l’analisi tecnica però c’è. Le medie mobili e il concetto di volatilità. Le medie mobili e gli indici di volatilità ci possono aiutare a tradare con una certa consapevolezza, ma i modelli grafici come le figure di inversione o di continuazione, associate ad una pletora di indicatori che hanno perso anch’essi la loro valenza operativa, hanno mostrato tutti i lori limiti, deludendo chi su questi ha fatto sempre affidamento per impostare le sue strategie.

In conclusione, l’analisi tecnica è già da qualche anno che non apporta vantaggi in termini operativi, che non funziona come ci si attendeva, che non risponde più per come la si conosceva, proprio per la assunta pretesa di voler essere a tutti i costi una disciplina previsionale. Il mercato è cambiato, i tassi prossimi allo zero hanno provocato un sempre maggior affollamento delle piazze azionarie, con gli operatori alla ricerca di maggiori rendimenti che smontano e rimontano i portafogli, forzando la capacità di assorbimento del mercato stesso. L’incapacità, per l’economia, di delineare scenari affidabili di lungo periodo, ha accorciato l’holding period degli investitori, creando un nuovo contesto operativo, impraticabile con i principi dell’analisi tecnica, così come la conoscevamo.

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Non ci credete? Provate a fare dei back test con qualsiasi tool di analisi tecnica sul breve periodo, dal più semplice al più sofisticato, senza però commettere l’errore di voler governare il mercato ex post, cioè non legittimare un andamento dopo che quest’ultimo si è verificato. Perdono quasi tutti.

E allora?.....alla prossima.

Autore: Volcharts.com Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online