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Argento Vivo/10. Olimpiadi 1996-2000. Nove centesimi

Argento Vivo (Photo: Gedi Visual)
Argento Vivo (Photo: Gedi Visual)

Porto con me la consapevolezza della sconfitta come un vessillo di vittoria
(Fernando Pessoa)

Negli ultimi decenni le gare dei 10000 metri di atletica leggera sono dominate da atleti di origine africana. Se nelle ultime due edizioni delle Olimpiadi è risuonato il God Save The Queen britannico è solo perché sul gradino più alto del podio è salito il fenomeno Mo Fàrah, somalo di nascita, britannico di adozione. Se si osserva però l’albo d’oro, è la Finlandia la Nazione più premiata nella specialità, con 7 ori, 4 argenti e 4 bronzi. Merito di una generazione di fenomeni di inizio Novecento, i “finlandesi volanti” guidati da Paavo Nurmi. Merito anche della doppietta di Lasse Vìren negli anni Settanta. Anche nel 1984 a Los Angeles un finlandese è in testa ai 10mila metri quando mancano appena 100 metri all’arrivo: è il gigante biondo Martti Vaìnio, che sul rettilineo finale viene superato a tutta velocità da un piccolo italiano, Alberto Cova, soprannominato il “Ragioniere” per la sua capacità di leggere le gare, oltre che per i suoi studi. Cova aveva vinto i 10mila agli Europei due anni prima. Aveva poi trionfato ai Mondiali con una clamorosa rimonta, superando 4 atleti negli ultimi 60 metri, con l’indimenticabile telecronaca Rai di Paolo Rosi che urlava “Cova, Cova, Cooova, Co-vaaa”. Nel 1984 l’italiano si va a prendere anche l’oro olimpico, ancora con il suo fantastico sprint finale. Sarà lui l’ultimo atleta bianco a vincere i 10000 alle Olimpiadi, da allora conquistati solo da atleti di origine africana.

Protagonista della nostra storia è il keniano Paul Tergat, uno dei più grandi podisti degli ultimi decenni. In bacheca Tergat ha solo argenti a Olimpiadi e Mondiali, perché sulla sua strada trova sempre uno più grande di lui, anzi, il più grande di tutti: Haile Gebrselassie. Se la storia dello sport si nutre di rivalità, quella fra Gebrselassie e Tergat è una storia di duelli in pista, ma anche una sfida contro il tempo, a colpi di record, una battaglia fra scuole di corsa, quella etiope e quella keniana, un confronto arricchito dalla classe, lo stile, l’umanità e l’amicizia fra i due.

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C’è un’area del mondo che sforna i più grandi campioni delle corse di resistenza. C’è una vasta frattura nella terra, che corre per 6000 km e attraversa l’Africa orientale, passa dall’Etiopia e prosegue lungo il Kenya: è la Great Rift Valley.

Si chiama Aselle il paesino in cui nasce Haile Gebrselassie. Un villaggio contadino nel cuore dell’Etiopia, poverissimo, a 3mila metri di altitudine. Haile vive in una casa costruita con fango e paglia insieme al padre, pastore, e 9 fratelli. Ha perso la madre da giovanissimo. E’ piccolo di statura e molto magro, ha un carattere timido ma una grande qualità: sul suo volto non manca mai un magnifico sorriso. Haile studia, ma la scuola dista 10 km: tutte le mattine va a scuola di corsa, tiene i libri sotto il braccio sinistro e percorre 10mila metri all’andata e altrettanti al ritorno. Impara a correre così, con il braccio sinistro un po’ più stretto al torace, Gerbselassie mantiene quella postura anche in gara, anche quando i libri di scuola non ci saranno più. Conserva anche l’andatura leggera e fluida, a cui sa aggiungere la capacità di aumentare i giri del motore quando serve. Bastano le prime competizioni ufficiali per capire che Gebrselassie ha una marcia in più. Sono gare di paese e si guadagna poco, ma Haile capisce che la corsa può liberarlo dalla miseria, può aiutare la sua famiglia. Il padre non la pensa così, servono anche le sue braccia in fattoria, ma Haile a 16 anni comincia ad allenarsi con il corpo della polizia. Inizia da lì una carriera favolosa, di trionfi e record.

Haile Gebrselassie from Ethiopia celebrates after winning the men's 10,000-meters at the 2000 Olympics. (Photo by THIERRY ORBAN/Sygma via Getty Images) (Photo: Thierry Orban via Getty Images)
Haile Gebrselassie from Ethiopia celebrates after winning the men's 10,000-meters at the 2000 Olympics. (Photo by THIERRY ORBAN/Sygma via Getty Images) (Photo: Thierry Orban via Getty Images)

Seguendo verso sud la faglia della Rift Valley, stavolta in Kenya, tra alture e laghetti si trova Kabarnet, paese natale di Paul Tergat. Fa parte della tribù dei Tugen, ceppo Nandi, il loro è il popolo Kalenjin, tradizionalmente dedito alla pastorizia. La famiglia Tergat è molto numerosa, il padre vive con tre mogli e 17 bambini. L’infanzia è dura, perché sono anni di siccità e carestia, che vengono mitigati dal lavoro del World Food Programme che comincia a garantire almeno un pasto al giorno ai bambini nelle scuole. E Tergat riesce a completare tutto il ciclo scolastico, poi si arruola nell’aeronautica e solo lì scopre il talento assoluto per la corsa. Il suo popolo, i Kalenjin, ha un dono: la corsa. Sfornano campioni a getto continuo, dagli anni 90 dominano le gare di fondo e mezzofondo in tutto il mondo. Sono in molti a domandarsi come sia possibile: certo, l’allenamento in altura, a 2mila metri, aumenta la resistenza allo sforzo. Ma secondo alcuni c’è addirittura una superiorità genetica. Per altri è la loro conformazione fisica – le gambe lunghe e affusolate, la corporatura asciutta e potente – a essere fatta su misura per la corsa. Per altri ancora il segreto va cercato nelle abitudini alimentari di un popolo di pastori che si nutre di latte, carni rosse e polenta, un mix bilanciato di proteine e carboidrati.

SYDNEY -  SEPTEMBER 25:  Paul Tergat of Kenya waves the Kenyan flag following his silver medal run in the Men's 10,000 meter race of the 2000 Olympics run on September 25, 2000 in the Olympic Stadium in Sydney, Australia.  (Photo by David Madison/Getty Images) (Photo: David Madison via Getty Images)
SYDNEY - SEPTEMBER 25: Paul Tergat of Kenya waves the Kenyan flag following his silver medal run in the Men's 10,000 meter race of the 2000 Olympics run on September 25, 2000 in the Olympic Stadium in Sydney, Australia. (Photo by David Madison/Getty Images) (Photo: David Madison via Getty Images)

Tra i campioni della corsa che sforna la Rift Valley keniota, il fuoriclasse è Paul Tergat. A differenza di molti atleti keniani, però, Tergat scopre il suo talento solo a 22 anni e deve molto all’allenatore italiano Gabriele Rosa, che lo scopre e lo trasforma in un campione. Elegantissimo nella corsa, Tergat si dimostra ben presto un fenomeno del cross: quando il terreno è sterrato o fangoso, Tergat vola, domina, vince 11 ori Mondiali. Anche quando le gare sono in pista va veloce, ma nei 10mila metri trova un ostacolo insormontabile: è bronzo ai Mondiali di Goteborg nel 1995; argento ai Giochi Olimpici di Atlanta nel 1996; argento ai Mondiali di Atene nel 1997; argento ai Mondiali di Siviglia nel 1999; argento alle Olimpiadi di Sydney nel 2000. Cinque gare con un unico elemento in comune: è il vincitore, Haile Gebrselassie, è lui quell’ostacolo insormontabile.

Sono gare molto diverse tra loro, le due disputate alle Olimpiadi.

Ad Atlanta 1996 Gerbselassie deve respingere l’offensiva dei keniani, che hanno in Tergat il loro uomo di punta, ma hanno anche altre frecce al loro arco. A metà gara è il keniano Koech a fare il primo strappo. I secondi 5mila della gara vengono corsi a un ritmo forsennato. All’ottavo chilometro, Tergat forza l’andatura con uno scatto violento e nessuno riesce a stargli dietro: nessuno, tranne Gebrselassie, che si mette a ruota e lo segue come un’ombra. Tergat prova una, due volte, a cambiare passo, ma l’etiope resta incollato fino all’ultimo giro. Quando sente il suono dell’ultima campanella Gebrselassie piazza uno scatto impetuoso, aumenta la frequenza delle falcate e velocissimo guadagna una decina di metri di vantaggio. Tergat prova a reagire, ma l’etiope non molla, all’ultima curva si volta e gestisce il vantaggio. Gebrselassie taglia il traguardo primo con qualche metro di margine, braccia alzate, in trionfo.

UNITED STATES - JULY 29:  LEICHTATHLETIK: 10.000m/Maenner ATLANTA 1996 29.7.96, Haile GEBRSELASSIE/ETH GOLD - MEDAILLE (1391), Paul TERGAT/KEN SILBER - MEDAILLE (1818)  (Photo by Alexander Hassenstein/Bongarts/Getty Images) (Photo: Alexander Hassenstein via Getty Images)
UNITED STATES - JULY 29: LEICHTATHLETIK: 10.000m/Maenner ATLANTA 1996 29.7.96, Haile GEBRSELASSIE/ETH GOLD - MEDAILLE (1391), Paul TERGAT/KEN SILBER - MEDAILLE (1818) (Photo by Alexander Hassenstein/Bongarts/Getty Images) (Photo: Alexander Hassenstein via Getty Images)

Quattro anni dopo, nel 2000, sono i protagonisti dell’evento clou dell’atletica per i 112 mila spettatori di Sydney. Tergat ha preparato la gara nei minimi particolari, sa che serve qualcosa di speciale per superare Gebrselassie che è reduce da un infortunio ma è sempre quello che lo ha già sconfitto ai Mondiali e a un’Olimpiade. Tergat chiede aiuto ai compagni del Kenya per definire una strategia mirata contro Gebrselassie. D’altra parte l’etiope corre attaccato a lui, sul ritmo è quasi impossibile da staccare e allo sprint è imbattibile. A Ivuti e Korir viene affidato il compito di fare le lepri, si alternano in testa al gruppo e tengono alto il ritmo da subito, mentre Tergat resta coperto. Fanno selezione e all’ultimo giro restano in pochi a contendersi una medaglia. Ora tocca a Tergat. Se ne ha, è il momento di scattare. Stavolta è lui a prendere l’iniziativa all’ultimo giro, scarta sull’esterno e lancia la sua falcata imperiale a 300 metri dal traguardo. Lo scatto si fa sentire, guadagna terreno, Gebrselassie ha un attimo di incertezza, ma dopo poco è di nuovo incollato a lui. Il volto di Gerbselassie stavolta tradisce una insolita smorfia di fatica. E Tergat aumenta l’andatura, sembra avere il passo per la vittoria, si presenta in testa al rettilineo finale. Ma Gebrselassie c’è, anzi, le sue gambe cominciano a mulinare, petto all’infuori rosicchia centimetro dopo centimetro. I loro volti sono la maschera della fatica, al limite dello sforzo, gli occhi sbarrati, la bocca aperta per prendere più aria possibile. Ai 50 metri avviene l’aggancio: Gebrselassie riesce a mantenere una maggiore compostezza nella corsa, mentre Tergat, di solito elegantissimo nel gesto, amplia il movimento del busto e delle spalle, alla ricerca di tutte le risorse residue. Quando mancano 30 metri all’arrivo sono affiancati, nelle ultime 10 falcate Gebrselassie mette la freccia. Tergat ha giusto il tempo di guardare con la coda dell’occhio l’etiope e di realizzare che il sogno sta per svanire. Quando tagliano il traguardo, Gebrselassie ha vinto per solo 9 centesimi.

Haile Gebrselassie from Ethiopia and Paul Tergat from Kenya at the finish line of the men's 10,000-meters of the 2000 Olympics. Gebrselassie (L) won gold.   (Photo by Dimitri Iundt/Corbis/VCG via Getty Images) (Photo: Dimitri Iundt via Getty Images)
Haile Gebrselassie from Ethiopia and Paul Tergat from Kenya at the finish line of the men's 10,000-meters of the 2000 Olympics. Gebrselassie (L) won gold. (Photo by Dimitri Iundt/Corbis/VCG via Getty Images) (Photo: Dimitri Iundt via Getty Images)

Nove maledetti centesimi: mai una gara del mezzofondo si era decisa per così poco alle Olimpiadi, il distacco sarà inferiore perfino rispetto alla finale dei 100 metri di quella edizione dei Giochi. Gebrselassie aveva vinto ancora. E come sempre, tagliato il traguardo, mostra quello splendido sorriso, che non lo abbandona mai. Gebrselassie spiegava così il perché: “Sorrido perché sono uno sportivo. Lo sport è nato per far felice la gente. Quando gareggio, quando corro, la gente è contenta di vedermi e io sono contento per questo”. Sorride sul podio anche Paul Tergat, nonostante l’ennesima sconfitta.

È il loro ultimo duello in pista, il richiamo della maratona è troppo forte per entrambi. Si ritrovano in strada, l’uno contro l’altro. Vincono molte gare. Sono entrambi protagonisti di quella che viene considerata la maratona più bella di sempre, Londra 2002, corsa a ritmi infernali e vinta da Khalid Khannouchi con il nuovo record mondiale: arriva secondo Tergat, terzo Gebrselassie. Il record mondiale della maratona verrà battuto da Paul Tergat nel 2003 a Berlino: per il keniano, la grande soddisfazione personale di detenere il primato sulla corsa più lunga, dura per quattro anni. A togliergli quel primato sarà, sempre a Berlino, nel 2007, neanche a dirlo, Haile Gebrselassie.

Argento Vivo (Photo: Gedi Visual)
Argento Vivo (Photo: Gedi Visual)

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.

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