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Argento Vivo/9. Olimpiadi 1996. Uno sparo nel buio

Argento Vivo (Photo: Gedi Visual)
Argento Vivo (Photo: Gedi Visual)

Un uomo può essere distrutto, ma non sconfitto.

(Ernest Hemingway)

Alle Olimpiadi di Atlanta nel 1996 è il primo giorno di gare. Negli occhi ci sono ancora le immagini di Muhammad Ali, magnifico ultimo tedoforo della cerimonia di inaugurazione. Lui, il più grande, l’uomo che aveva fatto sognare sul ring con la sua potenza e con la sua eleganza, l’uomo che aveva conquistato il mondo con il suo carisma, si era mostrato davanti al pianeta in tutta la vulnerabilità, imposta dalla progressione inesorabile del morbo di Parkinson. Vestito di bianco, Ali impugna con le due mani la fiaccola olimpica che gli consegna la nuotatrice Janet Evans. Appena stacca la mano sinistra, il braccio comincia a tremare involontariamente e con esso il tremore si diffonde a tutto il corpo. Ali alza la fiaccola davanti al pubblico, che gli tributa un applauso senza fine. Rischia anche di bruciarsi per accendere la miccia che porterà la fiamma fino allo splendido braciere olimpico. L’Olimpiade di Atlanta deve ancora iniziare, eppure ha già impresso negli occhi del mondo il suo fotogramma più indimenticabile.

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Nel primo giorno di gare si assegna la medaglia del tiro a segno con la pistola ad aria compressa da 10 metri. In postazione di tiro, la tensione è altissima. Prima di ogni sparo il cuore supera i 160-170 battiti, è difficile tenere il controllo fisico e mentale, il bersaglio diventa piccolissimo e la mano trema, si fatica a tenere ferma la pistola sull’obiettivo. E soprattutto nessuno può permettersi di perdere la concentrazione.

UNITED STATES - JULY 19:  OLYMPISCHE SPIELE: ATLANTA 1996/EROEFFNUNGSFEIER/19.7.96, Muhammad ALI mit dem OLYMPISCHEN FEUER  (Photo by Lutz Bongarts/Bongarts/Getty Images) (Photo: Lutz Bongarts via Getty Images)
UNITED STATES - JULY 19: OLYMPISCHE SPIELE: ATLANTA 1996/EROEFFNUNGSFEIER/19.7.96, Muhammad ALI mit dem OLYMPISCHEN FEUER (Photo by Lutz Bongarts/Bongarts/Getty Images) (Photo: Lutz Bongarts via Getty Images)

Protagonista della nostra storia è il cinese Yifu Wang, l’uomo sconfitto da uno sparo nel buio.

20 luglio 1996. Al Wolf Creek Shooting Complex si disputa la finale olimpica di tiro a segno con pistola ad aria compressa da 10 metri. Fuori c’è un caldo insopportabile, dentro al palasport sono schierati in fila gli otto finalisti. Il favoritissimo è il campione in carica, il cinese Wang, bronzo a soli 23 anni ai Giochi di Los Angeles del 1984, oro a Barcellona 1992. L’Italia schiera Roberto Di Donna, tiratore delle Fiamme Gialle, romano di nascita, veronese di adozione. E’ alla sua terza Olimpiade, negli ultimi anni i suoi risultati sono eccellenti e si presenta con l’ambizione di una medaglia. “Puntiamo all’Oro” titola quel giorno la Gazzetta dello Sport.

Dopo la prova di qualificazione, dopo 60 colpi in pedana, Di Donna è secondo, in coabitazione con il polacco Pietrzak con 585 punti su 600. Ma a guidare la classifica è Wang con 587 punti. Ci si gioca tutto con gli ultimi 10 tiri. Gli atleti hanno 75 secondi di tempo per effettuare ogni tiro. Ognuno di loro ha un rituale per caricare la pistola, aggiustare l’impugnatura, allungare il braccio verso il bersaglio, cercare l’equilibrio, prendere la mira, sparare. C’è chi accelera la procedura e spara subito, c’è chi si prende tutto il tempo per raggiungere il giusto equilibrio. Di Donna indossa un monocolo sull’occhio sinistro, il suo volto è contratto, concentrato, assume una smorfia, un ghigno, ha sempre l’espressione di chi sta osservando dentro un mirino.

UNITED STATES - JULY 20:  SCHIESSEN: ATLANTA 1996 Luftpistole/Maenner 20.7.96, Yifu WANG - CHN/- SILBER - .  (Photo by Lutz Bongarts/Bongarts/Getty Images) (Photo: Lutz Bongarts via Getty Images)
UNITED STATES - JULY 20: SCHIESSEN: ATLANTA 1996 Luftpistole/Maenner 20.7.96, Yifu WANG - CHN/- SILBER - . (Photo by Lutz Bongarts/Bongarts/Getty Images) (Photo: Lutz Bongarts via Getty Images)

Wang parte subito alla grande, è un cecchino. Impone sulla finale una serie di punteggi sopra il 10 che lo proiettano subito in testa alla classifica. Di Donna invece parte malissimo, il primo tiro segna un 8.3, è una partenza a handicap. Anche il secondo tiro non è all’altezza. Ma l’azzurro non si scoraggia e comincia a sparare alla grande. Un 10.6 al quarto sparo gli consente di scalare le posizioni, poi con 10.5 al settimo e all’ottavo tiro alza ulteriormente il livello e comincia a fare selezione. Ormai è un duello per l’argento con il bulgaro Kiriakov. Arriva un altro 10 al nono tiro. Con gli ultimi colpi riesce perfino a limare lo svantaggio su Wang, che però spara con una regolarità disarmante ed è in netto vantaggio su tutti. Si arriva all’ultimo colpo con il cinese in vantaggio di 3,8 punti su Di Donna. Un margine incolmabile, nell’ambiente si dice che per perdere dovrebbe “spararsi sui piedi”.

Nel momento di massima tensione nervosa per gli atleti, arriva il classico imprevisto che cambia le carte in tavola. E’ un colpo di scena: nella iper-tecnologica Atlanta salta il sistema elettrico dell’impianto sportivo. Un blackout probabilmente derivante dal sovraccarico degli impianti, spinti al massimo anche per compensare il caldo opprimente che si respira fuori. La gara viene interrotta. Un stop di appena tre minuti, poi si può ripartire. Ma quei 180 secondi sono un macigno sull’equilibrio psicofisico degli atleti, provati dopo una gara massacrante e chiamati all’ultimo e definitivo sparo. Gli ultimi 75 secondi per caricare la pistola, aggiustare l’impugnatura, allungare il braccio verso il bersaglio, cercare l’equilibrio, prendere la mira, sparare. Roberto Di Donna non perde la concentrazione e tira fuori dal cilindro un fantastico 10.4. Dalla panchina azzurra gridano: “Vai Roberto, sei secondo!”. Il telecronista Rai esulta: “Di Donna è medaglia d’argento!”. Lui finalmente si scioglie in un sorriso.

23 Jul 1996:  Roberto Di Donna of Italy in action in the mens 50m free pistol at the Wolf Creek Complex at the 1996 Centennial Olympic Games in Atlanta Georgia. Di Donna won the Bronze medal. Mandatory Credit: Rusty Jarret  /Allsport (Photo: Rusty Jarrett via Getty Images)
23 Jul 1996: Roberto Di Donna of Italy in action in the mens 50m free pistol at the Wolf Creek Complex at the 1996 Centennial Olympic Games in Atlanta Georgia. Di Donna won the Bronze medal. Mandatory Credit: Rusty Jarret /Allsport (Photo: Rusty Jarrett via Getty Images)

Ma la gara non è finita, ancora Wang non ha sparato. Il cinese si prende tutto il tempo a disposizione. Carica la pistola, alza il braccio e lo punta verso il bersaglio. Poi desiste, abbassa il braccio. E riparte, riprende la posizione di tiro, gli basta anche il suo peggior colpo dell’anno per vincere la medaglia d’oro. Finalmente spara. Nel palasport si passa dal silenzio a un boato incredibile, di quelli che il pubblico regala quando qualcuno spara benissimo oppure malissimo. Quello di Wang è un tiro terribile: 6.5. Di Donna non può credere ai suoi occhi, esplode in un’esultanza irrefrenabile, abbraccia chiunque incontra. Ha vinto, è successo l’impossibile, è medaglia d’oro per un decimo di punto: 684.2 a 684.1.

A Wang, intanto, crolla il mondo addosso. Fa una smorfia di dolore, ha una momentanea piccola reazione stizzita, vorrebbe sbattere per terra la pistola. Poi la appoggia, si volta e si va a sedere. Il suo volto è una maschera di tensione, nei suoi occhi tutta l’incredulità… non può essere successo. Le immagini televisive rimbalzano tra l’esultanza incontenibile dell’italiano e la disperazione del cinese. Wang è seduto, ha il volto terreo, guarda nel vuoto. Poi si porta le mani al viso, per la disperazione. Si toglie gli occhiali e appoggia la testa al muro. Il suo staff lo soccorre, prova a rincuorarlo, gli accarezza la testa. Quei 180 secondi di buio avevano mandato in tilt il computer cinese, che fino ad allora non aveva sbagliato un colpo. Momento dopo momento, appare sempre più evidente che non è solo la disperazione per la sconfitta a impedire a Wang di reagire. La tensione altissima, il caldo, la delusione, la vergogna, si dirà anche il diabete aggravato da un’infezione all’occhio: il cinese collassa e viene portato in barella all’ospedale del villaggio olimpico, con la mascherina dell’ossigeno. L’equilibrio perfetto si era spezzato, la mente e il corpo di Wang avevano ceduto di schianto: non riesce a salire neanche sul podio, su cui risuonano le note dell’Inno di Mameli, per ritirare quel maledetto argento.

“L’attimo vincente è l’ultimo colpo” dirà Di Donna, raccontando il suo giorno di gloria. “Fatichi a tenere ferma la pistola, perché il cuore spesso supera i centosessanta battiti. Ho vinto l’oro perché il cinese Wang era convinto di averlo in tasca e non è riuscito a scindere fra l’aspettativa della vittoria e il gesto tecnico. È crollato”.

ATLANTA, GA - JULY 20:  China's Wang Yifu is attended by Chinese team officials after he collapsed during the shooting event at the Wolf Creek Shooting Complex, near Atlanta, 20 July. Wang, who was in the lead, missed his final shot and collapsed, to take silver. (FOR EDITORIAL USE ONLY) AFP/IOPP/Michel GANGNE  (Photo credit should read MICHEL GANGNE/AFP via Getty Images) (Photo: MICHEL GANGNE via Getty Images)

Ma Wang è un fenomeno assoluto della specialità e ha modo di rifarsi. Nuovamente argento a Sydney 2000, oro ad Atene 2004. In totale sei medaglie in sei edizioni dei Giochi olimpici, una carriera straordinaria.

Ad Atlanta, dopo l’oro, qualche giorno dopo Di Donna invece si gioca un’altra finale, nella pistola libera. In testa a tre tiri dalla fine, si ritrova con la medaglia di bronzo al collo. “Un calo di concentrazione – dirà - Nessuno se lo può permettere”.

ATLANTA, GA - JULY 20:  Italy's Roberto Di Donna bites his gold medal after winning the men's air pistol competition at the Wolf Creek Shooting Complex 20 July in Atlanta. China's defending Olympic champion Wang Yifu, who took the silver, collapsed seconds after taking his final shot and was carried out of the area on a stretcher. (FOR EDITORIAL USE ONLY) AFP/IOPP-Michel GANGNE  (Photo credit should read MICHEL GANGNE/AFP via Getty Images) (Photo: MICHEL GANGNE via Getty Images)

Nessuno se lo può permettere. Lo sa bene chi pratica discipline di tiro. Lo sa bene soprattutto Matthew Emmons, protagonista di vittorie e sconfitte assolutamente fuori dall’ordinario alle olimpiadi di Atene 2004 e di Pechino 2008. Ad Atene è oro nella carabina a terra; lo statunitense domina anche la finale di tiro a segno nella carabina tre posizioni da 50 metri. All’ultimo colpo è in vantaggio di 3 punti, un margine assolutamente rassicurante per un campione come lui. Si arriva all’ultimo colpo: Emmons spara, ma il punteggio è zero. Un punteggio inspiegabile, mai nessun tiratore aveva collezionato a questi livelli uno zero, l’equivalente del bersaglio mancato. Emmons si guarda attorno sconcertato, non capisce. Controlla il suo fucile, forse si è inceppato e il colpo non è partito. Urla “I shot”, ho sparato, si rivolge ai giudici, ai quali tocca di svelare il misfatto: il grande Emmons aveva sparato sì al bersaglio, ma a quello dell’australiano Palmer, sistemato nella corsia accanto alla sua. Un finale incredibile che di colpo portava Emmons da un oro ormai al collo, direttamente fuori dal podio.

Situazioni irripetibili, si dirà. Ma non è il caso di dirlo al povero Emmons, che quattro anni dopo si ripresenta ai Giochi di Pechino 2008. Stessa gara, carabina 50 metri tre posizioni. L’americano guida la classifica per l’intera gara, fino all’ultimo colpo. Stavolta il vantaggio è addirittura di 3.3 punti, basta non ripetere il patatrac di quattro anni prima. Emmons ha l’occasione per la rivincita dopo la delusione di Atene e gli basta un 6.7, un punteggio ridicolo per lui. Ma l’americano supera se stesso: spara e fa 4.4. Perde anche stavolta il podio, classificandosi quarto. Emmons spiega di aver sparato accidentalmente mentre si stava concentrando sul bersaglio: “Sono andato sul grilletto in maniera troppo decisa. Non l’ho sentito muoversi, ma evidentemente è successo. Quando il colpo è partito ho pensato: questa non è una cosa buona”. Tenere a mente: nessuno può perdere la concentrazione con un’arma in mano.

Argento Vivo (Photo: Gedi Visual)
Argento Vivo (Photo: Gedi Visual)

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.