Annuncio pubblicitario
Italia markets close in 1 hour 55 minutes
  • FTSE MIB

    34.772,18
    +12,49 (+0,04%)
     
  • Dow Jones

    39.731,91
    -28,17 (-0,07%)
     
  • Nasdaq

    16.398,50
    -1,03 (-0,01%)
     
  • Nikkei 225

    40.168,07
    -594,66 (-1,46%)
     
  • Petrolio

    82,32
    +0,97 (+1,19%)
     
  • Bitcoin EUR

    66.098,84
    +1.654,56 (+2,57%)
     
  • CMC Crypto 200

    885,54
    0,00 (0,00%)
     
  • Oro

    2.227,20
    +14,50 (+0,66%)
     
  • EUR/USD

    1,0808
    -0,0021 (-0,19%)
     
  • S&P 500

    5.252,35
    +3,86 (+0,07%)
     
  • HANG SENG

    16.541,42
    +148,58 (+0,91%)
     
  • Euro Stoxx 50

    5.087,27
    +5,53 (+0,11%)
     
  • EUR/GBP

    0,8550
    -0,0017 (-0,20%)
     
  • EUR/CHF

    0,9747
    -0,0037 (-0,38%)
     
  • EUR/CAD

    1,4649
    -0,0038 (-0,26%)
     

Aumenta la volatilità, ma il mercato orso non è all’orizzonte

Patrick Moonen, Principal Strategist Multi Asset di NN Investment Partners, spiega che la volatilità del mercato è chiaramente in aumento, con un presidente degli Stati Uniti che sembra essersi preparato per una guerra commerciale e uno slancio dei profitti globali che si sta riducendo dopo aver raggiunto il punto più alto degli ultimi due anni. Dall'inizio di febbraio, il numero di giorni in cui l'indice MSCI World si è spostato di oltre l'1% (in valuta locale) ha già superato quello dell’intero 2017.

È difficile valutare fino a che punto Donald Trump porterà la sua retorica da guerra commerciale. Le dimissioni del più importante consigliere economico di Trump, Gary Cohn, sono viste come un cattivo segno. Una vera e propria guerra commerciale non avrebbe alcun vero vincitore e sarebbe, senza eccezione, una cattiva notizia per l’azionario. Numerose imprese statunitensi hanno prosperato sulla globalizzazione: oltre il 40% dei ricavi di S&P500 sono generati al di fuori degli Stati Uniti. I mercati non statunitensi sono ancora più vulnerabili.

A parte il mostrare i muscoli da parte della politica, è emersa la questione se vi sia ancora abbastanza slancio nel flusso di notizie positive per stimolare un nuovo aumento delle attività di rischio globali - spiega Patrick Moonen -. I dati macroeconomici, i report sugli utili, l’atteggiamento della politica monetaria e di bilancio, i rischi politici, il sentiment degli investitori e i flussi di capitali sono stati tutti notevolmente allineati negli ultimi 12 mesi. Il fatto che tutti questi fattori si muovessero fondamentalmente nella giusta direzione ha fatto sì che i mercati continuassero a muoversi verso l'alto. È da questo punto di vista che qualcosa potrebbe essere cambiato. Non nella misura in cui si possa compromettere realmente la ripresa globale sincronizzata, ma forse abbastanza da alterare il rapporto rischio/rendimento degli asset rischiosi.

Potremmo già aver superato il punto migliore per le azioni questo mese. Il nostro indicatore del ciclo globale si è ulteriormente indebolito e lo slancio globale degli utili è diminuito, trainato principalmente dall'area dell'euro e dai mercati emergenti. I dati economici rilasciati hanno iniziato a faticare per superare le aspettative sempre più ottimistiche, e gli analisti non si stanno pronunciando sulle attese per la crescita futura degli utili nella maggior parte delle regioni.

ANNUNCIO PUBBLICITARIO

Inoltre, un certo numero di vento favorevoli cominciano a soffiare in modo meno intenso. Le politiche fiscali, commerciali e monetarie degli Stati Uniti stanno diventando meno benevoli - spiega Patrick Moonen -. La settimana scorsa, la BCE (Toronto: BCE-PRA.TO - notizie) si è leggermente avvicinata alla fine del suo programma di acquisti, rinunciando all'impegno di aumentare gli acquisti in caso di deterioramento delle prospettive economiche.

Tuttavia, non ci stiamo affatto dirigendo verso un mercato ribassista e persino una correzione importante (superiore al 10%) sembra improbabile. Affinché emerga un mercato orso, il rischio di recessione dovrebbe aumentare in modo sostanziale, cosa che non ci aspettiamo per i prossimi 12-18 mesi. Se così fosse, anche il credito mostrerebbe segnali di indebolimento.

Autore: Pierpaolo Molinengo Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online