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Il ballo dei presidenti fa ondeggiare i listini

La imprevista mazzata che è arrivata sui mercati finanziari a metà settimana, ha provocato, per inerzia, la prosecuzione dell’avvitamento ribassista anche nella mattinata europea della seduta di ieri. A pesare sui mercati, più che gli sviluppi del Russia-gate, che ogni giorno fa venire alla luce gossip e novità che appesantiscono i dubbi su Trump ed il suo staff, è stata la disavventura che ha colpito il Presidente brasiliano Temer, su cui sta arrivando un’accusa di corruzione, che aprirebbe, anche qui, e nuovamente, a pochi mesi dalla destituzione di Djilma Roussef, la possibilità di impeachment. Non c’è tregua per i politici brasiliani, di qualunque colore essi siano, preda della rete corruttiva messa in piedi dal colosso petrolifero Petrobras, l’impresa che appare essere stata la vera centrale del potere negli ultimi anni.

La borsa brasiliana ha subito una mazzata da -10% ed ha annullato buona parte dei forti progressi che aveva fatto notare nella prima parte dell’anno, in cui l’indice Bovespa aveva figurato tra i migliori al mondo.

Ma nel pomeriggio, dopo che gli indici europei avevano toccato minimi in qualche caso anche di un paio di punti percentuali inferiori alle chiusure di mercoledì, è partito un recupero che, da semplice rimbalzo tecnico, quando si è constatato che la borsa USA non aveva intenzione di proseguire il calo del giorno precedente, è diventato una vera e propria inversione di marcia, che ha recuperato quasi tutto quanto perso in mattinata.

Ha contribuito a risollevare gli animi una più pacata riflessione sul fatto che la via verso l’impeachment di Trump, come ho fatto notare ieri, è più che altro una semplice ma lontana eventualità, che richiederebbe, per compiersi, un vero e proprio ammutinamento del partito repubblicano, che al momento non si vede. I notabili principali del partito, che sul carro di Trump erano subito saliti dopo la sua vittoria elettorale, non possono sconfessarlo tanto rapidamente, perché provocherebbero un tracollo di consensi tra i propri elettori.

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In Europa poi ieri si è sentito un Draghi diverso dal solito. Forse galvanizzato dall’ennesima Laurea Honoris causa ricevuta a Tel Aviv, nel suo primo importante discorso dopo la vittoria elettorale degli europeisti in Francia, Draghi ha comunicato con toni vittoriosi che in Europa la crisi è ufficialmente finita e la ripresa appare solida, mentre l’occupazione cresce. Dopo aver quasi preso in giro i sovranisti, usciti sconfitti dal confronto elettorale in Francia, ha magnificato la riscossa dell’Europeismo, invitandolo ad imporre riforme strutturali e modifiche ai trattati per procedere verso un consolidamento delle istituzioni europee.

L’inusuale ottimismo di Draghi ha sorpreso in positivo i mercati azionari, che dal consolidamento della ripresa ha tutto da guadagnare, mentre ha fermato la salita delle quotazioni obbligazionarie, che negli ultimi giorni aveva fatto arretrare i rendimenti europei in modo significativo. L’obbligazionario sembra nuovamente doversi interrogare sul percorso di rientro verso la normalità monetaria, anche se Draghi non ha parlato di questo argomento. Ma pare evidente che, se tassi a zero e QE erano le armi per sconfiggere la crisi, l’ufficializzazione della vittoria impone di affrontare il tema del ritorno alla normalità monetaria.

Personalmente non ritengo che i mercati, nonostante il recupero pomeridiano di ieri, abbiano voltato già così in fretta la pagina delle preoccupazioni e siano pronti a tornare presto ai massimi della scorsa settimana.

Dopo la rottura ribassista dell’area si congestione che per qualche settimana aveva compresso la volatilità ai minimi termini ed il risveglio impetuoso della medesima nella giornata di mercoledì, solo di poco attutitosi ieri, credo che ora la palla sia nel campo dei rialzisti. Sono loro a dover dimostrare che si è trattato di una scivolata estemporanea. Per farlo debbono oggi proseguire il rimbalzo ed annullare buona parte delle perdite settimanali, andando a chiudere la settimana con una candela che assomigli ad un hammer. Se non ci riusciranno, e oggi dovessero tornare a prevalere le vendite, la settimana si chiuderebbe con un passivo abbastanza pesante, che metterebbe una cappa scura sul futuro dei mercati. Avremmo allora una conferma di due regole stagionali che si ripetono con una certa frequenza.

La prima è rappresentata dal celebre detto “sell in may and go away”, e riguarda i mercati americani.

La seconda che riguarda la nostra borsa italiana e la Fiera del Trading di Rimini, che si svolge in questi giorni: quasi sempre durante lo svolgimento della Fiera si vedono bagni di sangue sui listini.

Autore: Pierluigi Gerbino Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online