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Banche Centrali a rischio credibilità: Carney pensa a dimissioni

L’ultima tegola sulle banche centrali arriva dalla Bank of England o per meglio dire dal suo governatore, Mark Carney il quale, secondo indiscrezioni di stampa, sarebbe seriamente intenzionato a dimettersi per forti dissensi con il primo ministro Theresa May in relazione alle scelte di politica monetaria.

Il casus belli

Da una parte la strategia adottata dal numero uno della BoE (Shenzhen: 200725.SZ - notizie) basata su un vasto accomodamento monetario per attutire le conseguenze della Brexit (presunte e teoriche sul presente, in attesa del verificarsi di quelle future più concrete) anche per sorreggere il crollo della sterlina, dall’altra la volontà della May la quale si è dichiarata contraria a questa scelta che causerebbe diversi problemi ai risparmiatori penalizzati dai rendimenti bassissimi. Inoltre la stessa May ha dichiarato di non essere minimamente preoccupata per le oscillazioni della moneta (“Le monete salgono e scendono, lo hanno sempre fatto” questa la dichiarazione riportata dai giornali). E proprio i timori delle ripercussioni di un divorzio così inatteso sarebbero alla base delle critiche rivolte da più parti a Carney: accusato di aver lanciato allarmi poi rivelatisi (almeno per il momento) falsi, il comportamento del governatore è stato interpretato come una sponda a sostegno degli unionisti e, quindi, un atteggiamento apertamente schierato. Uno scontro che potrebbe portare all’addio anticipato di Carney il cui mandato scade nel 2018 con opzione di rinnovo fino al 2021.

La fiducia che viene meno

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Questo sarebbe l’ultima zavorra, in ordine di tempo, verso quella fiducia sulle banche centrali che sta iniziando a latitare da qualche tempo. Al centro dei dubbi degli analisti, la strategia adottata e basata su una ricetta di più ingredienti che comprende Quantitative Easing e misure straordinarie a corollario e che, adesso, potrebbe vedere l’inizio di quello che, in gergo tecnico, è chiamato tapering, cioè la progressiva diminuzione degli stimoli. Guardando a un orizzonte mondiale, la prima a poter effettivamente incrementare le misure di normalizzazione, sarebbe la Federal Reserve, la banca centrale statunitense che già a dicembre dell’anno scorso ha dato il via al primo, tiepido, rialzo dei tassi di interesse, pari a un +0,25% il che ha portato il range di riferimento dal precedente minimo storico tra 0-0,25% all’attuale 0,25-0,50%. Ma adesso in molti guardano alla Bce (Toronto: BCE.TO - notizie) di Mario Draghi come la prossima a muoversi verso un ritorno alla normalità con taglio degli stimoli. A crederlo sono gli esperti di Morgan Stanley (Xetra: 885836 - notizie) che guardano a dicembre per un taglio di dieci punti base, una mossa che porterebbe i tassi sui depositi a -0,5% rispetto agli attuali -0,4%. Diversa (Amburgo: XA6.HM - notizie) invece l’interpretazione di Goldman Sachs (NYSE: GS-PB - notizie) che invece parla di un cambio degli equilibri sugli acquisti dei titoli di stato: un aumento dei buy per bond italiani, francesi e spagnoli, un taglio su quelli tedeschi.

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