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Le banche fanno da traino ai mercati

Finalmente il mercato europeo si muove. Voci di interessamento di investitori esteri lo scuotono dal torpore e dal timore di una crisi perpetua. Per ora non si è in grado di capire se si tratta dell'ennesimo rimbalzo dovuto a ricoperture, o se, come avevamo scritto nel nostro precedente articolo, si stia riaccendendo il fuoco che era sopito sotto la cenere.

Constatiamo che circolano voci a diversi livelli di concreti o presunti interessamenti sul sistema bancario europeo.

Nelle settimane scorse i principali istituti di credito europei, e in particolare quelli italiani, sono stati colpiti da vendite consistenti.

Di conseguenza si è osservato che l'indice settoriale bancario ha oscillato violentemente in un crescendo di volatilità. Il ciclone ha colpito, soprattutto, le solite banche italiane, a cominciare da Monte dei Paschi (Milano: BMPS.MI - notizie) di Siena, e quelle tedesche, come Deutsche Bank (Londra: 0H7D.L - notizie) e Dresdner Bank.

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I giornali, come al solito, hanno fantasticato su ipotetici dati più o meno veritieri, paventando ipotesi di fallimenti e casi simili a Lehman Brothers.

Noi ci siamo limitati a dire che il sistema economico, in un periodo recessivo, non doveva essere sovraccaricato di assurde leggi di esasperato garantismo, come quella sul "bail in".

L' evidente svalutazione del comparto bancario, sotto speculazione ribassista, ha iniziato ad attrarre l'attenzione dei fondi sovrani dei grandi Stati e gli investitori esteri della Cina, del Kuwait e dell'Arabia Saudita.

In Germania Angela Merkel ha dichiarato di non voler intervenire a sostegno delle banche in difficoltà utilizzando fondi statali. A conseguenza di ciò, sono circolate consistenti voci di una potenziale cordata di industriali tedeschi disposti sia ad intervenire sui titoli in Borsa, molto appetibili, sia a sottoscrivere un eventuale aumento di capitale di Deutsche Bank. Tale intervento potrebbe rivelarsi necessario qualora l'istituto di credito dovesse riequilibrare il proprio bilancio successivamente al pagamento dell'ipotetica multa imposta dal Governo americano.

In Italia, con l'autorizzazione di Bankitalia e Consob, si è concretizzata l'iniziativa dell'acquisizione delle banche del centro Italia, ossia Banca Marche, Banca Etruria e CariChieti, da parte della Ubi Banca (Amsterdam: UF8.AS - notizie) .

In Lombardia nei giorni scorsi è stata effettuata una grande fusione tra Banco Popolare (Amsterdam: PB8.AS - notizie) e la Popolare di Milano, dando origine al gruppo Banco Bpm, terzo gruppo bancario in Italia.

In Toscana, invece, dopo la presentazione di due progetti di salvataggio (l'amministratore delegato, Marco Morelli, con JP Morgan, contro la cordata di Corrado Passera, ex amministratore di Banca Intesa e Ministro del governo Monti), si è scatenata la corsa alle ricoperture sul titolo Montepaschi, che nell'ultima settimana ha ripreso il 50% del suo valore.

Il peso del sistema bancario nella capitalizzazione del nostro indice Ftse Mib, come tutti noi sappiamo, ha fatto si che in una sola settimana il mercato azionario italiano recuperasse il 4 per cento.

Sarà vera gloria, oppure, come abbiamo scritto, si tratta solo di ricoperture? Lo scopriremo nei prossimi giorni, anche perché a livello mondiale non mancano i cigni neri.

La ripresa economica si concretizza sempre più, ma con livelli percentuali costantemente bassi, tanto da fare dire al Fondo monetario internazionale che, per ora non vi sono né rischi di crescita inflattiva, né segnali che possano spingere la crescita globale del Pil oltre il 3,2%.

Nota positiva, il petrolio risalito a cavallo dei 50 dollari al barile, dà un contribuito all'America per sostenere la politica espansiva e per favorire la crescita dell'inflazione verso l'obiettivo del 2%.

Inoltre, la campagna elettorale americana procede con l' elevata probabilità che, come sostengono i sondaggi, Hillary Clinton abbia ampiamente sorpassato Donald Trump.

La domanda asiatica contribuisce a una leggera ripresa delle materie prime, sostenendo il rilancio dei Paesi emergenti, maggiori produttori.

A questo quadro di eventuali stimoli positivi bisogna però affiancare i risvolti catastrofici della guerra all' Isis.

Alla luce di ciò, come reagiranno i mercati nel prossimo futuro? Non occorre essere un indovino per rispondere a questa domanda.

Noi, semplicemente, constatiamo che la vittoria dei democratici in America rappresenterebbe un dato positivo, poiché darebbe continuità di strategie e di visione internazionale: questo piacerebbe ai mercati che temono, invece, sorprese e instabilità.

La situazione geopolitica del medio oriente si sta orientando verso una potenziale sconfitta dell' Isis, anche se il dopo sarà di difficile gestione e il ritorno alla normalità richiederà tempi molto lunghi.

In Europa resta caldo il tema bancario.

In Italia, invece, si fa sempre più viva la questione del referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre.

Noi riteniamo che, in un tale scenario i mercati azionari, per almeno un mese, possano essere relativamente tranquilli e prevediamo un discreto recupero sui mercati del sud Europa, in particolare su quello italiano, grazie alle banche.

La turbolenza ritornerà sicuramente con l'avvicinarsi della data della consultazione popolare e a fine anno, dopo le elezioni americane, con la possibilità di un intervento restrittivo da parte della Fed.

A questo proposito vogliamo aggiungere che, dopo un anno di rinvii della Fed, un aumento di un quarto di punto sui tassi a breve ci pare scontato dal mercato e, pertanto, non riteniamo che possa creare grandi turbolenze.

Resta l'incognita Italia. La stampa internazionale ha caricato il referendum di aspettative disastrose nel caso di vittoria del "no" ed entusiastiche in caso di vittoria del "si".

Se il 4 dicembre vincesse il "no", aumenterebbe nell'immediato la volatilità, perché la speculazione proverebbe di nuovo a colpire, ma finito questo si ritornerebbe alla normalità, vista la già elevata compressione del nostro indice. Se, invece, vincesse il "si", si verificherebbe un rally di positività che vedrebbe ritornare molti capitali esteri usciti dall'Italia.

La probabilità che, salvo eventi imprevedibili, l'indice italiano riveda la vecchia resistenza dei 20.000 punti è consistente.

Per chi non lo sapesse, precisiamo che il nostro indice oggi galleggia intorno ai 17.000 punti. Se ritornasse a 20.000 punti entro la prossima primavera, questo movimento rappresenterebbe un potenziale di crescita del nostro indice di circa il 18-20%.

A voi le scelte di investimento.

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