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Banche italiane si aspettano che Bce forzi termini per cedere sofferenze

di Valentina Za e Stefano Bernabei

ROMA (Reuters) - La Banca centrale europea potrebbe forzare la mano ad alcune banche italiane fissando delle scadenze per la cessione delle sofferenze in modo da velocizzare dismissioni che procedono a rilento, riferiscono alcune fonti di settore.

Dopo tre anni di recessione, i crediti deteriorati alle banche italiane pesano per il 18% del totale, tre volte la media dell'area euro, un'anomalia agli occhi del regolatore unico.

Un mercato fatica a decollare per via del disallineamento tra valori di libro e prezzi di mercato che costringerebbe gli istituti a iscrivere a bilancio una perdita per potersi liberare di questi attivi.

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A una prima autorevole fonte bancaria risulta che la Bce stia chiedendo agli istituti italiani che hanno "un rapporto tra sofferenze e impieghi sopra un certo benchmark di vendere le sofferenze. Questo avverrebbe senza gradualità, rischia di comportare perdite e quindi necessità di aumenti di capitale".

La Bce, che da novembre 2014 vigila sulle maggiori banche europee, da tempo preme sugli istituti italiani perché proseguano nella pulizia di bilancio avviata con gli esami degli attivi che hanno preceduto la nascita della vigilanza unica.

Che il faro del regolatore resti puntato sulle sofferenze lo si è visto anche in occasione della fusione tra Banco Popolare e Banca Popolare di Milano.

Le due banche hanno annunciato un obiettivo di riduzione dei crediti problematici lordi di 10 miliardi di euro entro il 2019, tre anni dopo l'atteso completamento della fusione.

Fonti riferiscono che la Bce abbia respinto al mittente un piano iniziale che spalmava le cessioni su cinque anni.

Peraltro, un aumento di capitale da 1 miliardo di euro imposto da Francoforte al Banco Popolare verrà utilizzato interamente per aumentare le coperture sui crediti dubbi.

Secondo l'amministratore delegato di una primaria banca è probabile che la Bce adotti un approccio simile anche verso altri istituti.

"Per ora non ci sono atti formali da parte della Bce, ma mi aspetto che arrivino prima o poi. Potrebbero chiedere un piano di rientro dei NPLs", ha detto.

La Bce non ha commentato.

Un secondo banchiere riferisce che la questione è stata affrontata anche in un recente comitato esecutivo dell'Abi. "C'è una forte pressione della vigilanza di Francoforte. Loro hanno dato regole comuni e vedono che l'Italia è un'anomalia, nel rapporto tra sofferenze e impieghi, rispetto alla media europea. Vogliono che ci adeguiamo".

A tenere le sofferenze ferme nei bilanci bancari è in parte la lentezza delle procedure di recupero che tra l'altro aumentano il rischio per gli acquirenti diminuendo il prezzo di questi asset.

Nonostante queste difficoltà il mercato italiano degli Npls da' segni di disgelo: la Banca Popolare di Bari sta usando, per prima, la nuova garanzia statale Gacs, per cedere 800 milioni di euro di questi crediti, mentre la banca Popolare dell’Emilia ha messo sulla rampa di lancio altri 900 milioni.

"E' chiaro che questa accelerazione (nelle vendite di NPLs) è legata ai controlli che la BCE effettua. Non necessariamente ispezioni ma anche controlli cosiddetti off-site in cui le banche devono dimostrare di avere requisiti in regola e aver affrontato la questione dei crediti deteriorati in termini di accantonamenti e requisiti patrimoniali: gli NPLs assorbono più patrimonio dei crediti in bonis," commenta Claudio D'Auria, partner alla società di consulenza Moderari ed ex funzionario di Banca d’Italia.

Monte dei Paschi di Siena, che era stata la banca più debole nella verifica Bce del 2014, ha 47 miliardi di euro di crediti deteriorati lordi, 40% del totale. Unicredit ha il valore assoluto maggiore, con 80 miliardi di euro, pari al 17% del totale.

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