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Banche più ricche, ma non fanno credito

Banche più ricche, ma non fanno credito

Le banche hanno sempre più soldi, ma non ne prestano più alle famiglie e alle imprese. I tassi d’interesse salgono e i prestiti diminuiscono. Secondo i dati della Banca d’Italia, i finanziamenti nel settore privato hanno registrato un calo del 2,3 per cento su base annua, dall’1,7 per cento di marzo. Sempre più in difficoltà le famiglie che hanno visto diminuire i prestiti bancari dello 0,8 per cento sui 12 mesi, come nel mese precedente.

Un piccolo paradosso, almeno apparente. Sì perché gli istituiti di credito hanno sempre più liquidità: i depositi del settore privato sono, infatti, cresciuti dal 7 al 7,1 per cento e il tasso di raccolta obbligazionaria è salito da -3,3 a -3 per cento. Più soldi per prestiti alle famiglie strozzate dalla crisi? Macché. La lobby creditizia, anzi, alza i tassi per chi vuole, o almeno tenta, di acquistare un’abitazione. Negli ultimi tre mesi la media degli interessi da pagare alla banca per un mutuo è salita al 3,95 per cento, 0,5 punti percentuali in più rispetto alla rilevazione di marzo, mentre quelli sulle nuove erogazioni al consumo sono calati leggermente al 9,48 per cento (9,64 per cento a marzo).

Al di là della sfilza di numeri, c’è da capire come mai, nonostante cresca la disponibilità di denaro, calano invece i prestiti bancari. Non è facile dirlo perché i dati di Bankitalia si scontrano con le dichiarazioni di Enrico Cucchiani, amministratore delegato di Intesa San Paolo, la prima banca del Paese: “Non c’è un nuovo credit crunch, cioè la stretta creditizia semplicemente non esiste”. Tutta colpa della pubblica amministrazione che “con i suoi ritardi nei pagamenti sta soffocando il tessuto produttivo nazionale”. Di tutt’altro avviso, però, Confindustria che ritiene il crollo dei finanziamenti di questi anni senza pari nella storia recente e la colpa sarebbe tutta delle banche. “Lo stock dei prestiti erogati alle imprese è calato di 50 miliardi”, ha spiegato il numero uno di Confindustria, Giorgio Squinzi. “Si tratta di un taglio senza precedenti nel Dopoguerra, quasi un terzo delle imprese non ha liquidità sufficiente rispetto alle esigenze”. Il rimedio sarebbe quello di “contrastare con forza la terza ondata di credit crunch”.

Punti di vista differenti, ma rimane il dato di fatto: la stretta al credito. Sulla stessa lunghezza d’onda si schiera anche Unimpresa con un rapporto del suo centro studi realizzato con i dati della Banca d’Italia: da gennaio ad aprile i prestiti delle banche sono calati di 25 miliardi di euro. Segno meno per i finanziamenti in tutti i settori: -13,8 miliardi per la pubblica amministrazione, -8,2 miliardi per le imprese e -2,8 per le famiglie. Totale di 24,9 miliardi in meno erogati. Sempre secondo Unimpresa, in un anno, da aprile 2012 ad aprile 2013, il taglio al credito arriva a toccare quota 64,2 miliardi di euro. “La liquidità destinata alla pubblica amministrazione – spiega l’organizzazione – si è ridotta di 22 miliardi e i finanziamenti alle aziende sono scesi di 33,1 miliardi. Per i cittadini i mutui, il credito al consumo e i prestiti personali si sono ridotti di 2,8 miliardi”. In questo scenario, la Banca centrale europea si è adeguata, dando una sforbiciata ai prestiti concessi agli istituti italiani. Sempre secondo i dati diffusi dalla Banca d’Italia, i finanziamenti dall’Eurotower sono calati nel mese di maggio a 259,17 miliardi di euro contro i 265,7 di fine aprile.