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Banche Venete: il costo potrebbe arrivare a 42,5 miliardi

Quella delle banche venete è l'ennesima dimostrazione di una propaganda più politica che finanziaria che porterà polemiche e strascichi ancora per lungo tempo.

Il problema dei commissari

Una dimostrazione chiara arriva persino dalla nomina dei commissari liquidatori delle banche venete salvate con inaudita velocità dal governo per un costo (per adesso) di 17 miliardi di euro. I nomi dei commissari in questione, infatti, hanno suscitato dure critiche: Fabrizio Viola, infatti, oltre ad avere a suo carico una richiesta di rinvio a giudizio da parte della procura di Milano, è noto per essere nel cerchio di Montepaschi (Milano: BMPS.MI - notizie) , altro grande punto interrogativo, per non dire buco nero, del sistema bancario italiano e soprattutto simbolo per eccellenza della collaborazione tra finanza e politica.

Altra polemica riguarda il diverso trattamento o, per meglio dire, le diverse "fortune" che spetterano ad azionisti e detentori di bond. A differenza dei possessori di bond subordinati, azzerati, chi ha comprato bond senior delle banche venete, ha ricevuto la garanzia dello stato italiano di un rimborso a 100, il che premia in primis chi ha comprato al di sotto di questa soglia. Chi invece ha bond junior dovrà vedersela , entro il 30 settembre, termine ultimo per la presentazione della domanda, con l'indennizzo forfettario come a suo tempo accadde alle vittime del fallimento delle ormai famigerate 4 banche ( Banca Etruria, Carichieti, Carife e Banca Marche ) . Tralasciando i particolari tecnici riguardanti chi, ma soprattutto come, potrà chiedere indennizzi sui subordinati comprati in contropartita diretta dalla banca non sul secondario, tenendo tra l'altro conto anche dei limiti reddituali, resta aperta anche la questione degli azionisti. In questo caso si parla di circa 210mila soggetti che si sono visti azzerati il capitale (tra l'altro già fortemente penalizzato durrante l'anno); spesso questi azionisti hanno ricevuto profili di rischio inadeguati alla realtà dei fatti e quindi ci sarebbe la possibilità (rempota e difficilmente dimostrabile) di rivendicare i propri diritti. Ma come?? Solitamente chi rileva l'impresa, in questo caso Intesa, dovrebbe farsi carico anche del disbrigo delle pratiche di questo tipo, ma il decreto che sancisce il salvataggio lo vieta ed è impossibile sperare che cambi visto che da Intesa stessa hanno fatto subito notare che, in caso di cambio delle regole sul decreto, il patto verrebbe sciolto e il salvataggio annullato. Sono questi i primi (e non unici) punti sui quali si fondano le sempre più numerose proteste da parte di chi è stato involontariamente coinvolto nella storia travagliata di Popolare di Vicenza e Veneto Banca.

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La fortuna di Intesa

Da un lato la scelta ufficiale, fatta per evitare un bail in che avrebbe messo in ginocchio anche i possessori di obbligazioni senior e i correntisti con depositi superiori ai 100mila euro e quindi esclusi dalal garanzia Bce (Toronto: BCE-PRA.TO - notizie) , dall'altro un costo che dagli iniziali 17,5 miliardi dichiarati ieri (5 in arrivo per Intesa) è lievitato, stando alla Codacons, fino ad arrivare a 42,5 miliardi di euro. La cifra si ottiene sommando gli oltre 10 miliardi di azzeramento azionario, i 9 derivanti dalle perdite degli istituti in questi anni oltre alle ricapitalizzazioni che superano i 6 miliardi e mezzo di euro.

Guardando a Intesa, inoltre, non si può fare a meno di notare come il rialzo che ha registrato ieri in borsa trovi radici e facile attecchimento in un patto che concede all'istituto bancario condizioni persino più vantaggiose di quelle immaginate inizialmente, condizioni che vanno dall'acquisto per 1 euro delle uniche parti sane delle due banche, passano per il pagamento, a carico dello stato, delle varie diatribe e dei buchi di bilancio, comprendendo anche i possibili crediti attualmente in bonsi che dovranno restare tali entro il 2020 (se nel frattempo si dovessero scoprire come Non performing loans allora ci sarà il diritto di recessione) finendo poi al Decreto letteralmente blindato: o il Parlamento lo accetta come è adesso oppure si recede da tutte le condizioni accettate. Il tutto con un contributo di stato di 5 miliardi, per evitare che l'operazione potesse intaccare i ratio patrimoniali dell'Istituto di cà De Sass. un panorama ben diverso da quanto accaduto in Spagna con Banco Popular che si è vista l'azzeramento di azionisti e obbligazionisti subordinati, ma che ha potuto contare sulla presenza di Banco Santander (Amsterdam: 817651.AS - notizie) che ha rilevato il tutto mettendo di tasca propria oltre 51 miliardi di euo.

Il messaggio sui mercati

Da parte sua Carlo Messina, ad di Intesa, risponde alle accuse ricordando non solo che in caso di fallimento delle due banche ci sarebbe stata una perdita degli oltre 10 miliardi di titoli poi garantiti dallo stato, ma che in realtà Intesa non si è interessata spontaneamente, ma è stata chiamata dagli esponenti del governo per risolvere una situazione difficile e che tutti avevano rifiutato. Per questo ha posto condizioni ben precise: l'acquisizione degli istituti avrebbe dovuto essere subordinata alla totale neutralità degli impatti sul common equity tier 1 e alla politica dei dividendi. Tradotto: l'onere e la gestione dei crediti deteriorati, le perdite passate e future comprese quelle derivanti da cause giudiziarie avanzate da correntisti, azionisti, obbligazionisti e quant'altro e per giunta i crediti in bonis che rischiano di essere rivisti e rientrare nella categoria di negativi, saranno sulle spalle di altri.

Al di là della polemica, comunque, resta il messaggio che l'intera operazione manda agli altri paesi europei: piuttosto che applicare le regole della BRRD ovvero le regole uniformi a tutti i paesi europei per gestire le crisi delle banche, il governo preferisce dare vita a strategie costosissime ed estremamente arzigogolate soprattutto per i rimborsi degli aventi diritto i quali, come suggerisce l'esempio delle 4 banche salvate alla fine dell'ano scorso, nella stragrande maggioranza dei casi devono affrontare il lungo iter giudiziario da soli e a spese proprie.

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