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Battiston: "A scuola e al lavoro viene sottovalutata l'arma anti-Covid dell'aerazione"

Roberto Battiston (Photo: Ansa)
Roberto Battiston (Photo: Ansa)

“Bisogna prendere in considerazione un periodo significativo per fare confronti fra la gestione della pandemia in Italia e nel resto dell’ Europa”. Il Professor Roberto Battiston, fisico dell’Università di Trento e coordinatore del locale Osservatorio del dato Epidemiologico in collaborazione con Agenas, commentasulle pagine di HuffPost l’editoriale di Luca Ricolfi su La Repubblica, in cui il sociologo avanza alcuni dubbi sia sull’effettivo cammino virtuoso dell’Italia in fatto di contenimento dei contagi e dei morti (“Se guardiamo alla mortalità dell’ultimo mese, ci sono 13 Paesi che stanno meglio di noi e 12 che stanno peggio”, dice), sia sul mancato adeguamento dei sistemi di aerazione degli ambienti chiusi, sia sui ‘limiti’ del vaccino in fatto di contenimento del contagio.

Ma andiamo con ordine. “Il periodo significativo per operare confronti”, ci spiega Battiston, “non può estendersi sull’intero periodo della pandemia. In particolare, in Italia siamo usciti dalla seconda ondata solo alla fine del mese di giugno, quindi dopo più di otto mesi dal suo inizio: in nessun Paese è durata così tanto. E’ durante la seconda ondata che si sono accumulati il maggior numero di morti, attraverso una strategia basata sostanzialmente sulle zone colorate, che però sono state attivate e disattivate sulla base di criteri non sempre scientifici, ricordiamoci il periodo di Natale 2020, in un contesto in cui il vaccino non aveva ancora iniziato a svolgere un ruolo decisivo”.

Se però siamo interessati a capire la situazione epidemica in cui si trova oggi il Paese, e confrontarla con altri Paesi, dobbiamo iniziare da fine giugno, quando la contagiosissima variante Delta, che ha messo in ginocchio l’Inghilterra e molti altri Paesi, ha preso il sopravvento: ”Non èstraordinario come nel nostro Paese l’ondata estiva si sia limitata a una ricrescita contenuta che ha poi iniziato a scendere a partire dalla seconda metà di agosto?”.

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E’ quindi interessante confrontare gli ultimi 5 mesi relativi all’ondata associabile alla Delta con ciò che è accaduto negli altri Paesi: per quanto riguarda la mortalità aggiuntiva in questo periodo, l’Italia ha il numero più basso tra i principali paesi europei”, dice il Battiston. “in questo periodo l’Europa ha aumentato i decessi di 25,4 morti addizionali per 100 mila abitanti; la Germania di 14,6, la Francia di 12,4, il Portogallo di 13,8, la Spagna di 15,3, l’Inghilterra di 26, l’Italia solo di 11,1″.

“Se noi consideriamo che la campagna vaccinale è iniziata a febbraio 2021 e ha mostrato i suoi effetti sostanziali verso l’inizio dell’estate, uno dei suoi principali effetti è stato quello di avere spento la seconda ondata, permettendo all’Italia di raggiungere unadiffusione molto bassa - la prevalenza - al momento in cui la Delta ha preso il sopravvento. È la combinazione di bassa prevalenza e di una alta frazione di vaccinati, che ha contenuto il picco estivo della Delta, picco che in altri Paesi è stato di anche 10 volte più alto. Anche adesso che dalla seconda metà di ottobre siamo nella fase di crescita legata alla continua permanenza in ambienti chiusi e siamo in presenza di una erosione della protezione dal contagio dei vaccinati, il sistema di protezione messo in piedi dall’Italia sta mostrando la sua efficacianon solo perché abbiamomeno morti nella fase dell’ondata Delta, ma anche perché abbiamo una crescita che è la più lenta in Europa”.

Venendo al tema dell’aerazione, poi, Battiston conviene con Ricolfi che è “un tema importante che è stato trattato con scarsa attenzione, in particolare nelle scuole e negli ambienti di lavoro. Tuttavia la protezione dall’epidemia è il risultato contemporaneo di varie azioni di contenimento: nonostante la Germania abbia fatto investimenti importanti sull’ aerazione delle scuole, questo non le ha impedito di avere oggi numeri altissimi di contagi, probabilmente dovuti ad una frazione di vaccinati più bassa di parecchi punti percentuali rispetto all’Italia”.

Insomma, dice Battiston, “non sono troppo appassionato alle classifiche, rischiano di non essere significative perché i parametri sono tanti: meglio concentrarci su specifici periodi percapire come stiamo andando rispetto ad altri Paesi e cosa si possa fare, migliorare o anticipare. L’andamento degli ultimi 5 mesi di pandemia in Italia mostra numeri che sono oggettivamente i migliori in Europa, nonostante che oggi siamo in una fase di netta crescita”.

“Non si possono fare confronti con Paesi come il Giappone”, spiega ancora,con culture e abitudini molto diverse da quelle caratteristiche dell’ unione europea. I paesi dell’ Est non sono usati nel confronto nemmeno da Ricolfi, per motivi di cultura e abitudini derivanti da una lunga storia in un contesto totalitario di matrice comunista. Eviterei anche di fare confronti con Svezia o Islanda che sono Paesicon una densità abitative così lontana dalla nostre. Se però facendo l’opportuno confronto emergono delle debolezze è giusto segnalarle e provare a fare meglio: la questione dell’aereazione delle aule e degli ambienti di lavoro è stata segnalata più volte, è un problema molto serio e si dovrebbe fare molto di più”.

Per quanto riguarda il contagio tra vaccinati, il Professore sottolinea che “un vaccinato 2 volte ha una protezione dall’infezione di circa l′80% che, trascorsi i 5-6 mesi, può crollare anche al 70-60%. Per cui anche nei Paesi in cui si vaccina il 90% della popolazione, rimane una probabilità di almeno il 20% che un vaccinato possa infettarsi. Ecco perché la terza dose è così importante, in quanto vaccinati con 2 dosi, che rappresentano la stragrande maggioranza in tutti i Paesi, oggipossono contribuire a diffondere il contagio. Per cui oggi siamo ancora lontani da una protezione di gregge, da questo punto di vista è necessario più tempo”.

E sull’abbandono del sistema di tracciamento digitale e dell’App Immuni? Altro punto su cui insiste Ricolfi? “Non mi pare che a livello europeo stia davvero funzionando in nessun paese. Sulla carta il tracciamento è interessante: se esiste un Paese che abbia fatto bene in questo settore impariamo da lui. Viceversa, per quanto riguarda il sistema di protezioni (mascherine, distanziamento, aerazione) se esistono elementi da aggiungere, dovremmo imparare da chi lo fa meglio e farlo. I contagi stanno crescendo, una nuova variante molto contagiosa è alle porte è quindi il momento di alzare quanto più possibile la barriera di protezione, oltre a quanto pianificato con terza dose, il Super Green Pass ed il vaccino per i bambini”.

Sembra per ora che sulle terze dosi, l’attività di vaccinazione sia intensissima: “Esattamente. Arriverà anche l’effetto delle prime dosi che vanno avanti a un ritmo che sembra basso, ma in realtà se confrontato alla frazione di popolazione che rimane da vaccinare, non è così lontanoda quello che si faceva in passato quando si è cominciato da zero. Numeri piccoli, ma che stanno erodendo in modo significativo, i 6 milioni di non vaccinati, passo dopo passo”.

Tutte queste cose messe insieme servono a creare la barriera più alta possibile: “Se nelle prossime settimane non si riuscirà a contenere la crescita dei contagi, a un certo punto vi saranno anche in Italia serie difficoltà sanitarie che obbligheranno altre regioni a cambiare colore. Confrontarsi con altri Paesi è quindi utile per capire dove potremmo far meglio: allo stesso tempo, sel’Italia in questo momento ha dei numeri buoni, con un contagio comunque in crescita, perché non riconoscere chel’enorme sforzo in atto sta dando ottimi risultati?”.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.