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Beppe Grillo indagato, la doppia nemesi di M5S

(Photo: Antonio Masiello via Getty Images)
(Photo: Antonio Masiello via Getty Images)

Ne è passata di acqua sotto i ponti dalla primavera del 2016, quando il Movimento 5 stelle, non contento delle dimissioni dell’allora ministra Federica Guidi - intercettata mentre rassicurava il compagno, allora indagato per traffico di influenze illecite, su un emendamento che sarebbe passato - presentava una mozione di sfiducia per tutto il governo. “Tutti sapevano! Tutti a casa”, era il tono dei commenti che si leggevano sul blog delle Stelle. Altri tempi, decisamente. Altri toni, anche. E non solo perché, nel mentre, il Movimento 5 stelle è diventato il partito di maggioranza relativa, nonché - per la terza volta di seguito - forza di governo e i suoi esponenti hanno fatto tante capriole, anche sui temi che fino a poco tempo fa agitava come imprescindibili bandiere.

Oggi, più che ogni altro giorno, assistiamo alla nemesi del Movimento 5 stelle. Anzi, a una doppia nemesi. Le ragioni si spiegano presto, con poche righe di agenzia: Beppe Grillo è indagato per traffico di influenze illecite. Lo stesso reato che ai tempi era contestato al compagno di Federica Guidi, ma anche - ironia della sorte - la stessa fattispecie che proprio Alfonso Bonafede, quando era Guardasigilli, ha voluto con forza modificare. Rendendolo - è opinione degli esperti - “una fattispecie onnicomprensiva”, costruito in maniera “nebulosa”.

Tradotto: un’ipotesi di reato pressoché indimostrabile, che però ti può tenere per anni in balia di un’inchiesta. E che, destino beffardo, adesso tocca nel profondo il Movimento 5 stelle. Oggi è arrivata la notizia dell’inchiesta ai danni di Grillo, i cui primi passi sono stati compiuti - ed ecco qui la doppia nemesi - durante l’inchiesta su Matteo Renzi e la fondazione Open. Secondo l’ipotesi della procura di Milano, l’armatore Onorato “ha richiesto a Beppe Grillo una serie di interventi in favore di Moby spa che Grillo ha veicolato a esponenti politici trasferendo quindi al privato richiedente le relative risposte”. Pochi mesi fa, invece, veniva a galla l’inchiesta nei confronti di Luca Di Donna, collaboratore di Giuseppe Conte. Anche lui indagato per traffico di influenze illecite.

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La vicenda giudiziaria di Grillo è ancora agli albori, e certamente il fondatore del Movimento 5 stelle avrà tempo e modo di difendersi. Resta da vedere come reagiranno i suoi. Il sospetto che se un’inchiesta del genere avesse riguardato un esponente di un altro colore politico i toni sarebbero stati immediatamente accesi e ben poco garantisti, lo confessiamo, un pochino c’è. Anche se la verve giustizialista dei pentastellati negli ultimi tempi, bisogna riconoscerlo, si è attenuata. Per il momento, però, ci limitiamo a lanciare nei confronti di Grillo un elemento che potrà essergli di consolazione: le inchieste per traffico di influenze illecite, spesso e volentieri, vanno a finire nel nulla. E, quandanche si finisca a processo - si nota dagli ultimi dati disponibili del ministero della Giustizia - solo in un caso su tre si arriva a condanna. Il problema, in questi casi, non è il lavoro legittimo della magistratura, ma il fango che arriva agli indagati durante le inchieste. Ci auguriamo che a Grillo non sarà riservato questo trattamento.

(Photo: Huffpost)
(Photo: Huffpost)

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.

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