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Biden annuncia il boicottaggio diplomatico di Pechino 2022. Cina: "Farsa politica"

The Beijing 2022 emblem is seen on a countdown clock for the Beijing 2022 Winter Olympic Games in Beijing, China December 7, 2021. REUTERS/Carlos Garcia Rawlins (Photo: Carlos Garcia Rawlins via Reuters)
The Beijing 2022 emblem is seen on a countdown clock for the Beijing 2022 Winter Olympic Games in Beijing, China December 7, 2021. REUTERS/Carlos Garcia Rawlins (Photo: Carlos Garcia Rawlins via Reuters)

Gli atleti americani andranno, ma nessun rappresentante dell’amministrazione statunitense sarà presente a Pechino 2022. Joe Biden annuncia il “boicottaggio diplomatico dei Giochi olimpici invernali cinesi e la Cina risponde che è “una farsa politica” e un riflesso della “mentalità da Guerra Fredda”, un tentativo di “politicizzare lo sport” che però non cambia il senso di Olimpiadi e Paralimpiadi: sono “il raduno per atleti e appassionati di sport invernali di tutto il mondo. Sono loro il successo dei Giochi, non la presenza di un pugno di funzionari di governo dei Paesi”.

Joe Biden sceglie la via dello sgarbo con Xi Jinping, dopo il vertice che sembrava aver aperto a una ripresa del dialogo fra potenze. La Casa Bianca ha ufficialmente annunciato che nessun rappresentante dell’amministrazione statunitense sarà presente ai Giochi Invernali di Pechino 2022, aprendo la strada a un boicottaggio diplomatico di massa che non si vedeva dai tempi della Guerra Fredda. La mossa del presidente americano dovrebbe aprire la porta a decisioni simili da parte di altri Paesi, a partire dall’Australia e dal Regno Unito. L’annuncio di Washington era nell’aria da tempo, viste le pressioni di molti ambienti fuori e dentro il Congresso per l’adozione di una linea dura che mandi alla Cina un chiaro messaggio sul fronte della difesa dei diritti umani nel Tibet, ad Hong Kong e nello Xinjiang. Pechino è accusata di soffocare la voce degli oppositori e di violare le libertà delle minoranze religiose come quella degli uiguri, perseguitata e oggetto di torture e violenze. Una situazione, quest’ultima, che la Casa Bianca ha definito senza giri di parole “genocidio”.

La risposta del ministero degli Esteri cinese, che ha sempre respinto ogni intrusione nei suoi affari interni, era già arrivata prima dell’annuncio della Casa Bianca, quando già circolavano le indiscrezioni su una decisione imminente: “Se gli Stati Uniti insistono nell’andare sulla propria strada adotteremo sicuramente contromisure risolute. Le Olimpiadi Invernali non possono essere il palcoscenico per una provocazione politica”, ha affermato il portavoce Zaho Lijian: “Sarebbe una grave macchia per lo spirito della Carta Olimpica e una grave offesa per un miliardo e mezzo di cinesi”.

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Per quanto simbolica, dunque, la decisione del boicottaggio diplomatico rischia di essere la pietra tombale sul tentativo di disgelo avviato due settimane fa nel corso del summit virtuale tra Biden e Xi Jinping, con l’obiettivo di riportare i rapporti tra le due superpotenze economiche e militari su binari che evitino un conflitto. Il no alle Olimpiadi di Pechino da parte degli Usa, pur salvaguardando la partecipazione degli atleti americani, si andrebbe infatti ad aggiungere alle tensioni legate alla questione Taiwan. Con quest’ultima, a differenza della Cina, invitata alla Conferenza per la democrazia convocata da Biden per i prossimi giorni. A far pendere definitivamente la bilancia per il boicottaggio diplomatico di Pechino 2022 sarebbe stata la vicenda della star cinese del tennis Peng Shuai, per tre settimane sparita dalla scena pubblica dopo aver denunciato molestie sessuali da parte di un ex alto responsabile del Partito Comunista.

Per tornare a situazioni di boicottaggio olimpico bisogna risalire al 1980, quando l’amministrazione di Jimmy Carter guidò oltre 60 Paesi che non parteciparono ai Giochi di Mosca per protestare contro l’invasione sovietica dell’Afghanistan. Come rappresaglia quattro anni più tardi quindici Paesi insieme all’Unione Sovietica boicottarono i Giochi di Los Angeles.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.