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Bitcoin mining, miner sempre più ricchi e la difficulty impazzisce

La storia è sempre la stessa e chi opera nel settore da anni la conosce, quando il prezzo del bitcoin sale vorticosamente ecco che nuovi miner si affacciano sulla scena per estrarre direttamente dalla rete i bitcoin (bitcoin mining), piuttosto che comprarli sugli exchange di criptovalute.

Accade così che la difficulty ovviamente aumenta e anche di molto. La difficoltà di rete ha infatti raggiunto il nuovo record a 19,997 TH/s per estrarre un solo blocco Bitcoin ed ottenere l’attuale ricompensa di 6,25 BTC (dati Blockchain.com). Sul totale la difficulty complessiva siamo ormai su numeri da capogiro: 20.607.418.304.386 (dati Coinwarz.com). Che tradotti fanno 20,6 triliardi di hash secondo.

Secondo BitInfoCharts,com, però, siamo a 20,146 TH/s ed in aumento del +8,32% nelle ultime 24 ore.

Bitcoin mining, difficulty alle stelle

Analizzando i vari grafici che ci forniscono i dati sulla difficulty nella rete Bitcoin, e sovrapponendo questi grafici con il grafico del valore di un singolo BTC, notiamo come la difficulty sembra “rispondere” proporzionalmente all’aumento del prezzo.

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Un evento bizzaro? No, ci indica che i miner (vecchi e nuovi) si attivano maggiormente in concomitanza con un aumento di valore della criptovaluta, perché diventa più profittevole per loro estrarre.

Come noto, infatti, l’attività di mining delle criptovalute è onerosa e il bitcoin mining lo è in assoluto più di tutte le altre criptomonete.

Nel 2018, ad esempio, con il crollo del prezzo della principale criptovaluta per capitalizzazione di mercato, sono stati molti i miner che hanno dismesso l’attività. Anche tra le grandi mining farm ci sono stati problemi, si ricordi ad esempio il caso di HashFlare che unilateralmente rimodulò i contratti di bitcoin mining facendone scadere molti anticipatamente perché stava fallendo.

I miner tornano all’attacco…

I miner tornano alla carica, come segnalano anche gli ordini di vendita sulle cloud mining, e presso le società produttrici di ASIC come Bitmain, che da agosto 2020 è sold out.

Le società produttrici di chip ASIC possono quindi riprendersi quanto perso in maniera devastante nel catastrofico 2018, che condusse molte di loro sull’orlo del fallimento: gli investimenti erano stati fatti, ma i ritorni si polverizzarono con il vorticoso crollo del valore delle criptovalute.

…Ma sono i grandi miner ad approfittarne

Potrebbe venire l’idea a qualcuno di “capitalizzare” la situazione investendo dei fondi nell’attività di bitcoin mining, quindi comprando i dispositivi e attivando una piccola mining farm nel box auto di casa o in un locale tecnico della propria abitazione.

Ma al netto delle difficoltà tecniche da superare, ci sono molte variabili che scoraggiano questo tipo di attività. Anzitutto reperire gli ASIC è difficile perché le grandi società hanno effettuato ordini da migliaia di dispositivi e le società produttive sono sold out, secondo, anche trovando uno o più ASIC di nuova generazione (quelli precedenti servono a ben poco), ci vorrà del tempo prima di riceverlo.

Infine, non basta un solo ASIC per competere in una realtà diventata affare da grandi mining farm. Coindesk riferisce che Riot Blockchain ha comprato 31 mila dispositivi, mentre Marathon Patent Group ha ordinato 90 mila ASIC nel 2020. E ancora Core Scientific ne ha ordinati 59 mila.

Attualmente il mining su bitcoin è affare per grandi società, per gli investitori è molto meglio fare trading con le criptovalute.

Qui su Fxempire.it bitcoin vale 40.929 USD al momento della pubblicazione, in aumento del +1,42% e sale ulteriormente.

This article was originally posted on FX Empire

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