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Bond day: andare a scadenza con i Btp? Meglio di no

Il maggiore rendimento netto per i Btp è oggi quello del 2,8% scadenza 2067 (che si colloca al 3,2%); subito dietro nessuno degli altri Buoni del Tesoro riesce a superare quota 3%. Le quotazioni sono quindi ancora alte, in un contesto però di inflazione in crescita e di primi segnali di tensione sui tassi reali. A fine anno quanto renderanno gli stessi Btp? Probabilmente di più, forse molto di più. Così l’ipotesi che il Btp 2067 giunga al 4% e la pattuglia di quelli con “yield” oltre il 3% salga ha tante possibilità di realizzarsi. In un simile contesto l’investitore italiano, per abitudine cassettista, solo in pochi casi si pone la domanda di come muoversi. Il problema d’altra parte è trovare alternative.

Sotto i 128,8 si apre il precipizio

Il riferimento da utilizzare è naturalmente quello del future sul Btp “long term”, che da novembre combatte con un supporto a 132,5 punti, forato nettamente al ribasso per due volte ma in seguito centrato al rialzo per altrettante volte. Insomma c’è incertezza, sebbene alcuni segnali dicano che il trend appare inevitabilmente ribassista. Se tornasse di nuovo sotto i 132,5 e in seguito bucasse l’altro livello chiave dei 128,8 punti, inizierebbe una netta inversione all’ingiù, con cui si chiuderebbe la parte alta dell’accumulazione dovuta al Quantitative Easing. Difficile dire quando ciò potrà accadere. Se i segnali inflattivi si accentuassero e la Bce (Toronto: BCE-PRA.TO - notizie) lasciasse intendere che la sua azione ha i giorni contati si assisterebbe a una reazione ben più violenta di quella della primavera 2015.

Una sola scelta, vendere

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Per ora si parla di ipotesi, ma la finanza è fatta solo di valutazioni di cosa potrebbe accadere. Prepararsi quindi a quel momento è fondamentale, cominciando ad alleggerire eventuali posizioni forti (tutto è rapportato alle dimensioni dei singoli portafogli) sulle attuali quotazioni alte dei mercati. Ragionare quindi da cassettisti puri, che guardano solo alle cedole e non al rendimento atteso, è in questa fase un errore, perché riduce la redditività di lungo termine. Forse mai in passato si è registrato un momento così delicato, da valutare attentamente in rapporto ai rischi reali che comporta, considerando anche l’instabilità cronica del sistema politico di casa nostra.

Consigli operativi

Attenzione però a non eccedere. Se si ha 100 in Btp è meglio valutare la vendita di solo una parte del portafoglio titoli, quelli con più elevate plusvalenze in conto capitale, che probabilmente corrispondono ai bond con cedole più elevate, sempre che siano stati acquistati a quotazioni nettamente più basse delle attuali. Gli altri si possono tenere, in attesa di evoluzioni future. Come si diceva il problema sta nelle alternative. Oggi la situazione è meno complessa rispetto al passato, perché il risveglio dell’inflazione deve obbligatoriamente portare a scegliere alcuni “inflation linked” (si legga al proposito l’articolo di ieri: Bond day: ops! L’inflazione va su. Cinque titoli per coprirsi), con l’aggiunta di un assortimento di tassi variabili. Se sul primo fronte la selezione è abbastanza semplice, sul secondo invece pone più problemi, poiché molti “t.v.” con spread elevati o “floor” (cedole minime garantite) quotano sopra 100. L’occasione deve comunque essere sfruttata per una diversificazione di emittenti e scadenze: non si faccia cioè un semplice “switch” fra Btp e Cct, ma si guardi alle emissioni “corporate” a tasso variabile presenti sul Mot. Ci sono, per esempio, dei tassi misti (prima parte tasso fisso e poi variabile) che quotano sotto la pari e rappresentano una risposta alle attuali incertezze dei mercati, derivanti proprio dalle evoluzioni dei tassi di riferimento. Il momento di agire è arrivato e le occasioni vanno prese al volo: l’importante è non impuntarsi sull’incasso delle cedole. Oggi questa strategia è perdente, ma forse tornerà vincente fra non molto tempo, ricomprando gli stessi titoli a condizioni ben più favorevoli.

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