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Bond oggi: le Banche fuggono dai Btp. Volatilità in arrivo

Le Banche italiane anticipano il “tapering”, qualunque cosa possa dichiarare oggi Draghi! I dati riferiti infatti all’esposizione al debito governativo nazionale da parte di Intesa Sanpaolo (Amsterdam: IO6.AS - notizie) , Unicredit (EUREX: DE000A163206.EX - notizie) , Banco Bpm e Ubi Banca (Amsterdam: UF8.AS - notizie) dimostrano che, nel primo semestre 2017, è scesa di oltre il 7%. Si dovrebbe aggiungere alla lista Monte dei Paschi (Milano: BMPS.MI - notizie) , ma – data la sua situazione – il fatto che la detenzione di Btp e compagni sia calata del 16,5% può aver trovato origine in altri fattori. Se Intesa ha abbassato la posizione di 5,5 miliardi di euro (passando da 90 a 84,5), Unicredit l’ha diminuita da 63 a 54 miliardi e Ubi (Taiwan OTC: 6562.TWO - notizie) da 17 a 13. Una svolta significativa, che lascia intendere come una fase si stia chiudendo, il che è ancor più rilevante considerando che nei mesi precedenti le Banche italiane erano state sollecitate ad aumentare le proprie posizioni sui titoli di Stato.

Non altrettanto per i clienti

Il fatto strano è che non risulta una corrispondente sollecitazione a vendere – o meglio ad alleggerire – delle Banche nei confronti dei propri clienti, anche se i rapporti di forza sono inevitabilmente diversi e la presenza di Btp nei portafogli del retail contenuta. E’ il caso comunque di allentare? Gli indicatori tecnici non lo dicono e addirittura nelle ultime ore il Long-Term Euro-BTP Future ha rotto al rialzo un canale ribassista iniziato a fine giugno, quando in poche sedute passò dai massimi di 138,5 a 132,8 punti: sembrava allora che il QE stesse per chiudersi definitivamente e che un aumento dei tassi potesse avvicinarsi. Invece è poi accaduto l’opposto, con il Future (Francoforte: 923414 - notizie) tornato quasi sui massimi dell’anno e poco sotto quelli storici del 2016. Ogni pessimismo è quindi stato smentito. Ecco perché la conferenza stampa di Draghi di oggi costituirà un appello per capire se il mercato ha sbagliato o visto giusto.

La domanda è sempre la stessa

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Inevitabile tornare allora al quesito iniziale: anche il piccolo investitore deve seguire la strada del “sell”? Valutando le evoluzioni dei titoli di Stato europei nelle ultime sedute si nota un andamento contradditorio, che conferma lo stato di incertezza. Per esempio il francese Oat 1,75% scadenza 2066 (Isin FR0013154028) ieri ha messo a segno un +0,73%, mentre il corrispondente 1,5% scadenza 2031 (Isin FR0012993103) ha corretto dello 0,10%. Incongruenze dovute in realtà a un mercato illiquido, almeno in Italia, in cui i numeri variano in funzione di “spread” molto ampi. Sui Btp il trend è stato invece tendenzialmente più ribassista, pur con variazioni contenute. Attenzione però a un fattore finora poco evidenziato: consiste nel peso delle dichiarazioni di chi si oppone al proseguimento della politica monetaria espansiva in area euro. Ieri il ministro tedesco delle Finanze Schaeuble e alcuni vertici bancari del Paese hanno sostenuto che la stretta deve iniziare subito, anche se ciò vorrà dire una valuta ancor più forte. Tutto questo esaspererà la volatilità, finora arginata in confini abbastanza limitati. Si aggiunga poi l’elemento indotto da caos sul fronte Fed, per la sempre più probabile sostituzione della Yellen. Ne consegue che le ipotesi sono due: 1°) o l’investitore riesce a operare in un contesto di instabilità in crescita sul fronte dei governativi, con i Btp in prima linea; 2°) oppure non ha la possibilità di contemplare tale strategia. Se la seconda strada è la prescelta, dopo aver venduto i Btp in portafoglio si può passare su tassi variabili e/o misti bancari non troppo lunghi (quelli corporate non si riescono a comprare, perché illiquidi). Si dormiranno così sonni tranquilli, nella consapevolezza tuttavia che l’intera vicenda di “tapering” e rialzo dei tassi durerà molto, forse troppo.

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