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Bond oggi: lira turca oltre 4,8. E’ un pianto senza fine

Continua la fase di estrema spossatezza della lira turca contro l’euro. Da tre giorni si muove oltre i 4,8, con addirittura un picco ieri a 4,823. Ciò pone in forte difficoltà gli obbligazionisti presenti da tempo sulla divisa di Ankara, con pesanti perdite in conto capitale e impatti negativi di tutto rilievo sugli importi degli stacchi cedole. Non si dimentichi che solo a ottobre dello scorso anno la divisa quotava sui 4,20, sebbene il trend negativo di fatto prosegua dal 2010. In un simile contesto qualsiasi strategia operativa si è resa inadeguata, a cominciare dalla più semplice del reinvestimento delle elevate cedole sulle stesse o su altre emissioni in lire.

Qualche numero per capire

L’accentuazione del movimento ribassista richiede un’analisi più approfondita. Tutte le medie mobili (e ciò è inevitabile) propendono per un “sell” e in alcuni casi per uno “strong sell”, così come gli indicatori tecnici, sebbene alcuni segnalino un esasperato “oversold” e possibile calo della volatilità nelle prossime sedute. Il problema sta proprio qui. Un eventuale possibile sintomo di stabilizzazione avverrà quando l’erraticità delle oscillazioni tenderà a ridursi. Per ora tuttavia non si è visto, come dimostra la dimensione elevata dei corpi di molte candele “daily”, anche quando si innesta una retromarcia, come avvenuto all’inizio di dicembre. A febbraio si era realizzato un certo consolidamento del cambio fra i 4,65 e i 4,70, con la successiva ipotesi di una tregua, che proprio negli ultimi giorni è stata però di nuovo smentita. Un ritorno alla stabilizzazione avverrebbe solo sotto i 4,60, mentre l’accentuazione del trend degli ultimi giorni rende difficile fissare livelli di ulteriore debolezza, stimabile – con il semplicistico arrotondamento delle cifre – in un’eventuale rottura di quota 5.

I motivi di un movimento così esasperato

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La coincidenza di fattori di politica internazionale (i focolai mediorientali), di politica interna e di crisi economica spingono i mercati a vendere. La bilancia commerciale continua a peggiorare, ormai stabilmente in forte rosso, così come il tasso di crescita del Pil, che non riesce a dare una sterzata, assestandosi su un +1,2% trimestrale, dato condizionato proprio dalla debolezza della valuta, dalla riduzione dei consumi interni e dai timori di una qualche estensione degli sconti militari in Siria. L’inflazione resta oltre il 10%, mentre i target erano stati fissati in un contenimento entro l’8% su base annua. Una curva dei tassi totalmente inclinata in senso negativo, ovvero con i corti che rendono più dei lunghi (il 2 anni al 13,47% e il 10 anni al 12,44%) è la conferma dei timori di una fase recessiva forse addirittura prolungata. Fra i tanti parametri da seguire per anticipare una stabilizzazione dell’economia è questo - pure nel caso turco - il più preciso e per ora il suo responso resta assolutamente negativo.

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