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Bond oggi: tassi fissi in difficoltà, è iniziato il tapering

Qualcosa sta davvero cambiando sul fronte obbligazionario e lo conferma la seduta di ieri in cui si sono visti molti tassi fissi perdere non poco sul secondario. La pressione ribassista sulle quotazioni del Bund a dieci anni, il cui rendimento è salito quasi allo 0,57%, con una variazione costante nel corso della giornata, ha inevitabilmente coinvolto tutti gli altri governativi e corporate in euro. La parte di curva però più in tensione è stata quella sui 5-7 anni. I mercati scontano così la riduzione del QE e la fine graduale degli stimoli di politica monetaria da parte della Banca centrale europea, eccedendo forse nel contraccolpo.

Numeri a confronto

Nette le oscillazioni al rialzo dei rendimenti per esempio per i titoli austriaci (+21% il 5 anni, +11% il 7 anni ma solo +2% il 10 anni, che aveva in realtà registrato un balzo nelle sedute precedenti, passando dallo “yield” dello 0,5% del 26 giugno allo 0,80% di ieri), irlandesi e spagnoli, sebbene in misura meno accentata per questi ultimi. Il decennale di Madrid è salito a un rendimento dell’1,67% contro l’1,37% del 26 giugno. Il collega francese si sta lentamente avvicinando all’1% di “yield” (0,924% in chiusura ieri sera) contro lo 0,59% del 22 giugno. I numeri sono inesorabili e lasciano intendere come i mercati stiano ormai scontando un cambio di strategia da parte della Bce (Toronto: BCE-PRA.TO - notizie) .

Il Btp torna dov’era

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In un contesto certamente delicato non sembra invece troppo indebolita la posizione del Btp decennale, tornato su quel rendimento del 2,3% che rappresenta una resistenza testata più volte nel 2017. Il grafico è meno “punitivo” rispetto a quello del Bund e ciò deriva dai posizionamenti long aperti dalle banche italiane nelle ultime settimane, ora difficili da smontare. Lo testimonia il relativo future, che non ha finora rotto livelli decisivi. Anzi nelle ultime quattro sedute si è verificata una quasi lateralità, che non trova riscontro nelle reazioni di vari colleghi europei. Può sembrare strano ma le preoccupazioni presenti sui mercati non si riverberano in un eccesso di replica da parte dei Buoni del Tesoro. Il che lascia intravedere due cose: si individua ancora spazio di manovra per eventuali “sell-off”; la curva italiana non appare molto diversa rispetto a quella di un mese fa, salvo alcuni micro divari nella parte lunga. Ciò appare abbastanza atipico in confronto a quanto si è verificato sulla curva tedesca, dove lo spostamento all’insù è risultato più netto. Inevitabilmente i superlunghi fra i Btp hanno dato però chiari segni di ritracciamento: il 2,8% scadenza 2067 ieri ha perso il 2,24%, tornando sugli 82 euro, mentre il 2,7% scadenza 2047 ha lasciato sul terreno il 2,5%.

Sui corporate le “duration” si fanno sentire

Molto esposti al movimento ribassista i titoli aziendali e bancari con maggiore sensibilità al rialzo dei tassi. Il Gie Psa Tresorerie 6% scadenza 2033 ha dissipato in una seduta il 2,1%, dando un primo segnale di neutralizzazione rispetto al balzo iniziato nel novembre dello scorso anno. In retromarcia anche – per citare solo alcuni esempi – il Volkswagen (IOB: 0P6N.IL - notizie) 3,3% scadenza 2033 (-1,1%), il General Electric (Euronext: GNE.NX - notizie) 2,125% scadenza 2037 (-0,82%) e il Telefonica (Londra: 826858.L - notizie) 2,932% scadenza 2029 (-0,73%). Sono state soprattutto le “duration” sopra 10 a risentire maggiormente dei cali, il che è inesorabile.

Fenomeni perversi

La conseguenza di tutto questo è che i mercati diventano ancora più illiquidi rispetto a quando le quotazioni salivano. Molte obbligazioni, soprattutto corporate, presenti sul Mot sono di fatto immobilizzate, con scambi a zero o “spread” denaro/lettera inaccettabili. Gli effetti perversi del Quantitative Easing si faranno quindi sentire ancora a lungo, con una differenza: durante la sua edificazione le quotazioni logicamente crescevano; in previsione della sua demolizione cominciano a scendere, trasformando ancor più i mercati in un torrido deserto.

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