Annuncio pubblicitario
Italia markets open in 2 hours 16 minutes
  • Dow Jones

    38.503,69
    +263,71 (+0,69%)
     
  • Nasdaq

    15.696,64
    +245,33 (+1,59%)
     
  • Nikkei 225

    38.354,45
    +802,29 (+2,14%)
     
  • EUR/USD

    1,0708
    +0,0003 (+0,03%)
     
  • Bitcoin EUR

    62.326,18
    +242,22 (+0,39%)
     
  • CMC Crypto 200

    1.437,52
    +22,76 (+1,61%)
     
  • HANG SENG

    17.110,21
    +281,28 (+1,67%)
     
  • S&P 500

    5.070,55
    +59,95 (+1,20%)
     

Boom di partite Iva fra gli Under 35, ma quante sono vere?

Sono state 549mila le partite IVA aperte nel 2012, un vero e proprio boom se si pensa alla recessione che investe ormai da qualche anno il nostro Paese. L’aumento percentuale delle nuove partite IVA è stato del 2,2%, un dato che, in un altro contesto, sarebbe un segnale positivo. Andando a fondo dei dati diffusi dalla Cgia di Mestre ciò che salta all’occhio sono le 211.500 aperture di partita IVA ascrivibili agli Under 35, una cifra che rappresenta il 38,5% del totale e un +12% rispetto al 2011 in questa fascia di età.

A dimostrare come non sia tutto oro ciò che luccica sono i dati scorporati: soltanto il 21,5% dei giovani che hanno aperto partita IVA, l’hanno aperta come liberi professionisti, mentre il 24,4% ha aperto una posizione nel settore commercio e il 9,6% nell’edilizia. Imprenditori o sfruttati? Vista la situazione in cui versano il commercio (- 24,3% negozi negli ultimi dieci anni in tredici grandi città campione, secondo un recente rapporto di Confesercenti) e l’edilizia italiani, il sospetto, più che motivato, è che le partite IVA nascondano in realtà rapporti di subordinazione mascherati.

Se è vero che molti giovani hanno deciso di inventarsi un’attività e mettersi in gioco con la partita IVA è altrettanto vero che il giro di vite della riforma Fornero sulla disciplina dei co.co.pro. ha previsto periodi di inattività che possono essere scongiurati proprio con l’apertura di una posizione IVA. Anche se una circolare dello scorso novembre chiarisce nel dettaglio le professioni nelle quali non può essere sottoscritto un contratto di co.co.pro., l’imprenditoria continua a sfruttare gli ampi margini di movimento garantiti dal nostro ordinamento giuridico (vecchio e nuovo).

Le aziende hanno tempo fino al prossimo luglio per adeguarsi alla riforma Fornero e trasformare i contratti di consulenza in collaborazioni a progetto o assunzioni a tempo indeterminato, quando si configurino i presupposti di un rapporto di lavoro subordinato.