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Borsa Shanghai, blue-chip a minimi 3 mesi su politica monetaria e tensioni Xinjiang

Una guardia di sicurezza davanti alla Borsa di Shanghai

SHANGHAI (Reuters) - L'indice blue-chip cinese chiude ai minimi di oltre tre mesi tra timori degli investitori riguardo a una politica monetaria più restrittiva e alle crescenti tensioni tra Cina e paesi occidentali sullo Xinjiang.

L'indice Shanghai Composite ha chiuso in ribasso dello 0,10% a 3.363,59 punti. L'indice delle blue-chip CSI300 chiude con un ribasso di appena 0,05%, che comunque porta l'indice ai minimi dall'11 dicembre.

Lo Shanghai Composite ha perso il 9,86% dai massimi del 18 febbraio, trovandosi così per la seconda volta in un mese appena al di sotto della soglia del 10% oltre la quale si delinea tecnicamente una correzione. Il CSI300 è evidentemente in correzione, avendo perso circa il 17% nello stesso periodo.

A pesare sull'azionario cinese sono soprattutto i timori degli investitori riguardo possibili restrizioni di politica monetaria, con Pechino che cerca una via d'uscita dalle politiche espansive implementate per combattere la pandemia, ora che la seconda economia mondiale si è rimessa saldamente in piedi

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Nella giornata di oggi, la Banca popolare cinese (Pboc) ha reso noto che continuerà a fornire sostegno al credito e stabilità alle piccole e alle micro imprese, a pochi giorni di distanza dalle dichiarazioni del governatore, che ha affermato che la politica monetaria deve concentrarsi sul sostegno alla crescita economica in maniera mirata, riducendo al contempo i rischi finanziari.

Ad aggiungere pressione sul sentiment, la notizia delle sanzioni che Unione europea, Usa, Gran Bretagna e Canada hanno imposto a funzionari governativi nella regione dello Xinjiang, in seguito ad accuse di violazioni dei diritti umani, il che ha condotto a sanzioni ritorsive da parte di Pechino.

Le imprese straniere del retail sono oggetto di critiche sui social media cinesi, dopo l'appello del governo teso ad impedire ai brand esteri di infangare il nome della Cina per la questione Xinjiang.