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Borse deboli in Europa, Piazza Affari soffre più di tutte

Continua la debolezza estiva sui mercati, accentuata ancora di più dalle ultime dichiarazioni della Banca centrale statunitense secondo cui un rialzo dei tassi, evitato per ora, sarà sicuramente in programma per la fine dell'anno. Da qui le previsioni parlano di una possibile stretta di un quarto di punto, che porterebbe la situazione del costo del denaro ain un range tra lo 0,50 e lo 0,75%.

Le previsioni per la Fed

Per gli analisti è presumibile che ci si riferisca alla riunione di dicembre ovvero quando, passata l'incertezza sulle elezioni presidenziali americane e, si spera, assestatosi il panorama sui bancari in Europa, si potrebbe avere una visuale più ampi e soprattutto più chiara sul panorama internazionale oltre che su quello interno statunitense

Per quanto riguarda quest'ultimo, infatti, la Fed ha confermato che le nubi e le incertezze, ancora presenti, di fatto si stanno diradando, tanto che i rischi sul breve termine, dovuti per lo più alle paure delle conseguenze dell'uscita di Londra dall'Unione Europea, parrebbero essere oggi più gestibili. La prima reazione, oltre a un dollaro in calo sullo yen, è stata quella di un lingotto in rialzo; quello con consegna immediata ha registrato quotazioni a 1.338 dollari l'oncia in parallelo a un aumento anche del petrolio il quale, complice le scorte Usa in numero maggiore del previsto, aveva registrato un calo. Attualmente il Brent arriva al prezzo di 43,57 dollari al barile mentre il Wti è a 42 dollari al barile.

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Piazza Affari maglia nera d'Europa: scoppia il caso Saipem (Londra: 0NWY.L - notizie)

Tornando in Europa, e nello specifico a Piazza Affari, intorno alle 11.30 il risultato era -1,08% seguito dal resto d'Europa che segnava un andamento in ordine sparso: Londrasegnava -0,16%, in passivo anche il Dax a -0,05% così come Parigi a -0,04%. Intanto in Italia il rendimento dei Btp a 10 anni è dell’1,24% nuovamente in calo rispetto al precedente 1,42% mentre sul quinquennale si arriva a 0,26%,risultato anch'esso in calo rispetto allo 0,4% precedente. Ormai anche in Italia si scende a nuovi livelli di minimi storici. Protagonista, in negativo, del Ftse Mib è Saipem, oggetto di un crollo che, intorno a mezzogiorno, superava il 9%: buoni i conti, a parte qualche voce, ma il mercato non perdona il taglio della guidance sul 2016 e lo spostamento al 2017 di alcuni progetti e ordinativi.

A tenere testa sui mercati è ancora l'attesa per la pubblicazione, prevista per domani, dei risultati degli stress test dell'Eba, l'autorità bancaria europea: più di 50 istituti vedranno passati al microscopio le rispettive capacità di reggere agli shock esogeni ed esterni. Ed è proprio il settore bancario che, con il passare delle ore, zavorra ulteriormente Piazza Affari fino a farla arrivare, verso le 13,30 a -1,7% sullo sfondo di un'Europa che, sebbene in territorio negativo, contiuava ad aleggiare intorno all parità.

Resta la paura degli stress test

Per l'Italia sono state convocate Intesa Sanpaolo (Amsterdam: IO6.AS - notizie) , UniCredit (EUREX: DE000A163206.EX - notizie) , Banco Popolare (Amsterdam: PB8.AS - notizie) , Ubi Banca (Amsterdam: UF8.AS - notizie) e Monte dei Paschi (Milano: BMPS.MI - notizie) di Siena, quest'ultima in rialzo a Piazza Affari e quindi in controtendenza rispetto al resto dei rappresenanti del credito, sia per le notizie di stampa che la riguardano (intervento di Atlante 2 per l'acquisto dei crediti al 32% del valore nominale) sia per le indiscrezioni circa un piano per l'aumento di capitale fino a 5 miliardi di euro cui si aggiungono anche le prospettive della creazione di una bad bank. Fanno da contraltare le indiscrezioni che vogliono proprio la banca senese come l'unica tra le italiane a non superare gli esami europei. Tallone d'Achille, per lei come per il resto del comparto italiano, sono i Npl, i crediti in sofferenza, cioè quelli palesemente persi e, volendo allargare la visuale, anche quelli incagliati ovvero i crediti il cui recupero è spesso costoso oltre che lento. Unico punto di orgoglio per l'Italia, per quanto pagato a caro prezzo non solo in passato ma con ogni probabilità anche in futuro, essere l'unica nazione a non aver fatto ricorso all'aiuto dei conti pubblici per salvare i propri istituti di credito. O per lo meno non con la veemenza che ha caratterizzato il resto del Vecchio Continente: stando ai dati Eurostat, tra il 2007 e il 2014 in Italia risultano esserci stati interventi sulle banche per poco più di 1 miliardo di euro a differenza della Germania dove la cifra sale a 240, dell'Inghilterra con i suoi 162,e della Spagna a 52,5.

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