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Borse in ripresa. Perchè la Cina è ancora l’ago della bilancia?

Le Borse europee, oggi, hanno visto un rialzo generalizzato dopo l’altrettanto generalizzato calo di ieri.

La situazione a Piazza Affari

Alle 13 Piazza Affari segnava un vantaggio di 1,9% seguita dal Dax a 1,76%, Ftse 100 a +1% e Cac 40 a 2%, lo stesso traguardo dell'Eurostoxx 50. L’ottimismo si riflette anche sui bancari, in particolare sul segmento delle popolari con la questione della fusione tra Banco Popolare (Amsterdam: PB8.AS - notizie) e la Popolare di Milano; sullo sfondo la cessione di un portafoglio di crediti in sofferenza per 618 milioni di euro a Marte SPV, soggetto specializzato nella gestione delle sofferenze.

Il fattore caratterizzante resta, sui mercati, la volatilità che ogni volta trova una scusa per manifestarsi. In questo caso l’ago della bilancia è la Cina. Ieri il crollo del 10% sull’export di Pechino a settembre aveva fatto ritornare i timori su una crescita globale che ormai è latitante da tempo, oggi una boccata d’ossigeno dal rialzo dei prezzi alla produzione che dopo 4 anni di segni meno adesso passano in territorio positivo grazie alle misure di stimolo della banca Centrale Cinese.

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La Cina delle sorprese

Numeri alla mano, l’indice dei prezzi al consumo ha registrato un aumento dell’1,9% a settembre rispetto allo stesso periodo del 2015, anno durante il quale su base mensile si sono visti anche crolli del 6%. Alla base di questo primo risultato forte restano fattori come l’interventismo del governo cinese con gli investimenti per la creazione di nuove infrastrutture e l’ammodernamento di quelle già esistenti in una nazione che, per conformazione morfologica, vede un entroterra particolarmente difficile da collegare. Ad aiutare è stata anche la raggiunta stabilità delle materie prime e le misure messe in atto dalle autorità cinesi per frenare l’iperproduttività su acciaio e carbone in modo da frenare il crollo.

La view degli esperti

Ma quello sulla Cina per molti analisti è, e dev’essere, un approccio di lungo periodo basato sulle prospettive di un’inclusione delle A-shares nei benchmark internazionali Msci (NYSE: MSCI - notizie) , occasione sfumata quest’estate ma che potrebbe ripresentarsi molto presto, addirittura nel 2017. Questa l’opinione di David Gaud senior fund manager di Edmond de Rothschild AM secondo cui il peso delle azioni cinesi di classe A potrebbe arrivare al 20% sugli indici Msci Emergenti. Facendo i debiti rapporti gli Usa avranno lo stesso peso per le economie sviluppate di quello che la Cina avrà sulle Emergenti. Non solo, ma è bene ricordare due elementi particolarmente importanti: come sottolinea Valentijn van Nieuwenhuijzen, responsabile multi asset di NN Investment Partners da inizio anno le borse di questo segmento hanno registrato ottime performance grazie alla continua ricerca di rendimento da parte degli investitori oppressi dallo spettro dei tassi a zero quando addirittura non negativi. A dare manforte a questa situazione, anche la consapevolezza che, di fronte a una crescita globale incerta e a un’economia Usa ugualmente in chiaroscuro, il processo di normalizzazione della Fed sul costo del denaro sarà molto graduale.

Di (KSE: 003160.KS - notizie) fronte a un mercato più ampio e con competitors che potranno essere finalmente confrontati tra loro, ma soprattutto in risposta alle dichiarazioni di Msci stesso che ha sottolineato come una svolta positiva sulla questione potrebbe arrivare in qualsiasi momento, Pechino potrebbe anche mettere mano alle riforme e istituzionalizzare il mercato onshore come osservato da Bin Shi, gestore fondi per UBS (Londra: 0QNR.L - notizie) accelerando nn di poco le tempistiche per l’inclusione.

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