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Borse negative: in pochi credono a Trump sulla parola

La musica è cambiata. Almeno quella che si suonava sui mercati in onore di Donald Trump. La dimostrazione arriva dall ’ andamento dei mercati di oggi che non sembrano aver trovato alcuno sprint dalle parole trionfali di Trump che annunciava l ’ arrivo sul tavolo della Casa Bianca, del progetto di riforma fiscale tanto atteso. Alle 13.30 infatti, il mercato italiano girava addirittura in negativo con un calo dello 0,57% a 20.718 punti. Il Ftse 100 non era da meno non un risultato parziale solo leggermente migliore a -0,43%. Il Dax non andava oltre un calo dello 0,2% e il Cac40 era sempre in passivo a -0,23%.

I motivi dell'indifferenza

Il presidente degli Stati Uniti, fin dal giorno della sua elezione e ancora di più da quello del suo insediamento, è riuscito ad esercitare un grande fascino evocativo sui mercati che hanno creduto alle sue tante (troppe) promesse e soprattutto si sono fatti coinvolgere dal suo (studiato) entusiasmo per una ripresa dell’economia che lui giurava, avrebbe portato. Ma noi italiani, avvezzi a promesse che poi difficilmente in politica possono essere promesse in toto, avevamo forse già intuito che tutti i propositi di Trump avrebbero dovuto passare non solo attraverso le Forche Caudine del Congresso, ma anche attraverso l’inesperienza politica della maggior parte dei componenti dello staff oltre che reggere anche l’atteggiamento spesso politicamente e diplomaticamente scorretto del nuovo inquilino della Casa Bianca. Troppo per un’attesa che era ed è spasmodica, di nuove e radicali riforme come quelle annunciate. Perciò dopo il flop della riforma sanitaria bocciata dai suoi stessi compagni di partito, con i quali in realtà non c’è mai stato molto feeling, dopo le gaffe sulla crisi in Corea con ordini per l’invio di portaerei che sono andate puntualmente nella direzione opposta a quella annunciata e ancora di più dopo i ritardi della riforma fiscale, i mercati prima di brindare, preferiscono attendere.

Che cosa?

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Non solo i dettagli tecnici che dovrebbero essere resi noti nelle prossime ore, ma ancora di più la disponibilità del Congresso e anche la reale presenza di coperture finanziarie. Questo spiega la pigrizia di Wall Street, colpita più che altro dalle trimestrali, ma non la stasi delle borse europee, alla fine dell’effetto Macron. Adesso (IOB: 0N5I.IL - notizie) il vero punto di svolta dovrebbe essere la conferenza stampa di Mario Draghi. La panoramica che si trova di fronte il governatore dell’istituto con sede a Francoforte vede appunto il pericolo populismo sul viale del tramonto, con Macron che ormai è dato vincente a Parigi anche al prossimo turno del 7 maggio, ma anche qualche chiaroscuro sul fronte dell’inflazione, in calo, nell’Eurozona, dal 2% all’1,5% mentre quella “core” accusa un rallentamento dallo 0,9% allo 0,7%. La paura di una ripresa fragile, nelle scorse giornate , ha fatto temere un aumento degli stimoli anche in virtù del fatto che lo stesso Draghi non ha mai nascosto la sua disponibilità ad aumentare la dose della medicina qualora il malato, ovvero l’economia dell’Eurozona, dovesse arrivare a peggiorare. Un’ammissione implicita di debolezza che è confermata anche dall’andamento dell’economia stessa: l’inflazione ha registrato un calo evidente al primo accenno di caduta dei prezzi del petrolio, a sua volta vittima di un’iperproduzione Usa ma anche di possibili disaccordi in seno all’Opec sull’accordo di novembre 2016 con i tagli da 1,2 milioni di barili previsti.

Il fattore inflazione

Cosa significa questo? Che evidentemente non sono ancora state rafforzate, se non addirittura costruite, le basi per riuscire a camminare autonomamente. Il tutto senza contare che, per quanto il pericolo Le Pen (Other OTC: PENC - notizie) sia stato ammansito, non è definitivamente scongiurato e la Bce è storicamente famosa per avere sempre, come è giusto che sia in questi casi, un atteggiamento prudente ed un approccio a volte attendista. Attendere, in altre parole, fino a giugno quando la Francia avrà trovato il nome ufficiale del suo presidente e magari anche il petrolio avrà intravisto, per quanto gli sia possibile viste le tantissime variabili cui è soggetto, una strada da percorrere. Intanto, sempre restando in tema di banche centrali, cambia anche l’aria in casa BoJ: la Banca centrale giapponese, infatti, è apparsa stranamente ottimista sul futuro, atteggiamento che inizia impensierire gli operatori dal momento che il paese del Sol Levante è stato l’attore più attivo sulla piazza e soprattutto quello che maggiormente era vittima di una deflazione a dir poco trentennale. Economia ferma e squilibrata eccessivamente verso la domanda estera, costi sociali e sanitari in aumento, popolazione sempre più anziana e non sostituita adeguatamente da una classe di giovani altrettanto preparati, impossibilità, o quasi, di ristabilire nuove regole fiscali dal momento che i tentativi di aumentare l’Iva sono naufragati atra le proteste generali: questo allo stato dei fatti, il primo quadro del Giappone nell’era dell’Abenomics.


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