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Brexit: tra GB e UE, chi ci perde di più?

Lungi dall’esser digerito, lo shock della Brexit continua a solleticare numerose riflessioni su quel che potrebbe ora accadere in ambito GB e UE. Con una piccola speculazione alla base: tra Gran Bretagna e Unione Europea (e ancora più, Eurozona), chi sarà più penalizzato dall’esito del referendum dello scorso 23 giugno?

Gli effetti sulla Gran Bretagna

Cominciamo dagli effetti presumibili sulla Gran Bretagna, probabilmente più calcolabili rispetto a quelli sull’Eurozona. Il consenso degli analisti è tale da far propendere l’ago della bilancia verso la negatività sia sul breve che sul lungo periodo. Tuttavia, a separare le opinioni degli osservatori, è l’incidenza e la gravità di tali effetti. Di (KSE: 003160.KS - notizie) fatti, se è vero che il Tesoro britannico ha previsto una contrazione del PIL di -0,1% t/t dal terzo trimestre dell’anno in corso, per quattro trimestri, è anche vero che una buona parte di analisti non la pensa affatto così, e punta a dipingere uno scenario ben più negativo, condizionato anche dall’aumento dell’inflazione, in virtù della svalutazione del cambio.

Oltre agli effetti di natura finanziaria, a preoccupare dovrebbero inoltre essere quelli legati alla parziale delocalizzazione di attività da UK verso l’UE – in particolare, di quelle attività produttive che sfruttavano il Regno Unito come porta d’accesso all’UE – con l’implicazione di un calo degli investimenti diretti esteri verso il Regno Unito. La delocalizzazione riguarderà naturalmente anche l’industria finanziaria – per la parte che sarà colpita dopo il recesso dalla probabile perdita del passaporto finanziario, e potrebbe beneficiare marginalmente altri paesi dell’UE. Altre conseguenze negative potrebbero in aggiunta derivare dall’incertezza normativa e politica in corso di emersione.

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Ad ogni modo, come preannunciavamo nelle righe d’apertura, non è affatto scontato che lo scenario vada a dipingersi nella maniera peggiore. Può infatti verificarsi un controbilanciamento nel livello di interesse e di attrattività del Regno Unito, che potrebbe diventare appetibile per altre determinanti come, ad esempio, la maggiore competitività del cambio, o un regime fiscale favorevole.

Gli effetti sull’Eurozona

Per quanto concerne gli effetti sull’Eurozona, molto dipende dall’intensità della reazione della domanda britannica di importazioni. In linea di massima, l’impatto dovrebbe essere limitato a 0,1-0,2% del PIL dell’Eurozona, mentre effetti più significativi si registrano solamente nei Paesi più esposti all’area GB, come l’Irlanda e l’Olanda. In ambito valutario, la rivalutazione dell’euro contro la sterlina sembra essere più che compensata dal deprezzamento contro dollaro, franco svizzero e yen.

Sicuramente minori di quanto auspicato da alcuni potrebbero essere inoltre le ripercussioni politiche. L’aleatorietà internazionale è stata sì caratterizzata dal referendum Brexit, ma solo in modo marginale (ovvero, sono anche altri i fattori che rendono così incerto il quadro globale). Di interesse sarà in particolar modo comprendere come reagiranno le maggiori banche centrali, che probabilmente – per poter assorbire ulteriori shock – avvieranno coordinate politiche di liquidità. A luglio è ora quasi impossibile che la Federal Reserve possa muovere i tassi, e dunque la palla passa principalmente nel campo della Bce (Toronto: BCE-PA.TO - notizie) , che potrebbe adottare nuove misure espansive rispetto a quelle in vigore.

Autore: E-investimenti.com Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online