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Brexit, quale impatto sulla sostenibilità?

Ophélie Mortier, Responsabile degli Investmenti Responsabili di Degroof Petercam AM, spiega che la Brexit ha ottenuto molti titoli sui giornali, sia prima che dopo l'esito del voto del 23 giugno 2016. Anche se c'è ancora molta incertezza per quanto riguarda le conseguenze e le modalità di uscita dall’Unione Europea, , possiamo già guardare al potenziale impatto sugli impegni ambientali, sociali e di governance presi dal Regno Unito, in particolare circa l’accordo sul cambiamento climatico raggiunto a Parigi nel dicembre dello scorso anno.

Gli obiettivi elencati devono essere considerati rispetto all'anno di riferimento, il 1990.

Gli impegni presi alla Conferenza Onu sul clima (COP 21) di Parigi sono stati siglati a livello di Unione Europea.

Oltre all'obiettivo per il 2020 [1], l'UE ha definito anche quello per il 2030 - spiega Ophélie Mortier -. Esso (Euronext: ES.NX - notizie) si sintetizza in una riduzione del 40% dei gas serra, un miglioramento del 27% dell'efficienza energetica e una quota del 27% di energie rinnovabili nella fornitura di energia primaria. Questo obiettivo è stato definito comprendendo anche il Regno Unito, e ruota intorno a due assi principali: la riduzione dei gas serra e la quota di fonti rinnovabili nella fornitura di energia. Anche se il Regno Unito si trova indietro su quest'ultimo elemento, Londra sta compiendo progressi in merito alla riduzione dei gas serra e la sua uscita dall’Unione ha un impatto negativo sull'impegno preso per il 2030.

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Compensazione

Infatti, anche se il Regno Unito non è più preso in considerazione dalle statistiche aggregate dell’UE, l'Unione europea sarà costretta a ridurre il suo impegno o a richiedere ai restanti membri di compiere maggiori sforzi in termini di compensazione - spiega Ophélie Mortier -. Secondo i calcoli HSBC, al fine di ottenere una riduzione del 40% delle emissioni di gas serra, gli Stati membri dovrebbero contribuire a un'ulteriore riduzione del 7,6%. Può sembrare una quota irrisoria se divisa tra 27 stati. Tuttavia, considerato che alcuni grandi inquinatori stanno facendo resistenza, esso non rappresenta un compito facile. Inoltre, l'uscita del Regno Unito porterebbe a una ridistribuzione dei diritti di voto nel Parlamento europeo, causando un aumento del numero di grandi inquinatori che sono scettici sul cambiamento climatico, in particolare per quanto riguarda il blocco dell’Europa orientale. Ciò compromette l'impegno a lavorare di più e fare maggiori investimenti per decarbonizzare i loro sistemi energetici.

Se quello che è accaduto non si può cambiare, possiamo anche supporre che vi sia un impatto maggiore per le aziende e le industrie attive negli Stati membri che hanno l'obbligo di contribuire alla transizione energetica. Possiamo anche fare un passo ulteriore e assumere che ci sarà qualche delocalizzazione in paesi che sono meno rigorosi in termini di emissioni.

L'UE può anche annunciare una revisione al ribasso dei suoi impegni, decisione che rappresenterebbe un messaggio molto negativo, data l'importanza e l’urgenza della questione.

Sovraperformance

In ogni caso il Regno Unito, con o senza l'UE, potrebbe anche mostrare un forte impegno verso il cambiamento climatico - spiega Ophélie Mortier -. Dobbiamo infatti sottolineare che nel 2008 il paese ha adottato una legge sui cambiamenti climatici, che rimane tuttora valida e che mira a ridurre le emissioni di gas serra dell’80% entro il 2050. Inoltre, vi è un comitato nazionale sui cambiamenti climatici che si concentra sugli impegni del paese in termini di riduzione delle emissioni di gas serra e di miglioramento dell'efficienza energetica. Come accennato in precedenza, il Regno Unito ha ottenuto risultati impressionanti in tale abito. Tra il 1990 e il 2014, il consumo di energia del paese è diminuito del 10%, mentre il suo PIL è aumentato del 65%. Come confronto, i 28 Stati membri dell'UE hanno visto il loro consumo diminuire del 4% in media, mentre la loro PIL è cresciuto del 49%. Ultimo, ma non meno importante, il Regno Unito può ratificare l'accordo sui cambiamenti climatici di Parigi singolarmente, proprio come qualsiasi altro paese.

Tuttavia, per quanto riguarda le energie rinnovabili, il paese ha ancora alcuni sforzi da fare e ciò pone il rischio di un ritardo nel raggiungimento degli obiettivi comunitari - spiega Ophélie Mortier -. In realtà, le energie rinnovabili hanno rappresentato nel 2014 solo il 6,93% della fornitura di energia primaria nel Regno Unito rispetto al 12,53% dell'Unione europea. Gli sviluppi, in particolare l'impegno del governo per un aumento dell’energia nucleare e del gas naturale, suggeriscono che il paese non raggiungerà gli obiettivi del 2020 né quelli per il 2030.

Le numerose incertezze che rimangono circa la Brexit sollevano anche diverse domande sul potenziale impatto sull'impegno ambientale, in particolare per quanto riguarda l'accordo sul clima di Parigi, che è considerato un traguardo storico per aumentare la consapevolezza circa il rischio legato alle emissioni di carbonio.

Anche se ci sono incertezze in tale ambito e diversi scenari possono essere delineati, dobbiamo riconoscere che il rischio principale nel breve termine è un ritardo nella ratifica dell'accordo sui cambiamenti climatici da parte dell'UE - spiega Ophélie Mortier -. Ricordiamo che l'accordo raggiunto nel mese di dicembre dello scorso anno, entrerà in vigore solo se ratifticato da almeno 55 membri che rappresentino almeno il 55% delle emissioni globali. Anche se 197 fazioni ad oggi l’hanno adottato, la ratifica di fine giugno ha coinvolto solo 19 membri, che rappresentano lo 0,18% delle emissioni globali. L'Unione europea ha dovuto rappresentare 28 Stati membri e il 12,1% delle emissioni, rappresentando quindi un partner importante per il successo del processo di ratifica. La Brexit ritarda questa ratifica e mette a rischio quindi l'obiettivo dei 55 membri e il 55% delle emissioni. Anche se il clima non è una priorità nelle discussioni circa le modalità di uscita, il cambiamento climatico rimane una sfida attuale e richiede una risposta globale, ambiziosa e rapida.

Autore: Pierpaolo Molinengo Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online