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Brexit: rischio guerra civile in Irlanda del Nord

E' una valanga quella che si sta abbattendo su Londra in queste ore. Dopo il via ufficiale della Brexit arrivato oggi con la firma del premier inglese Theresa May sul documento che chiede all'Ue l'applicazione dell'articolo 50 del Trattato di Lisbona , (in realtà un tassello del lungo iter che ha visto nei giorni scorsi anche la più rappresentativa firma della Regina Elisabetta II e che continuerà con i colloqui separati per altri 2 anni), è arrivata anche l'approvazione ufficiale di Edimburgo alla richiesta di un secondo referendum per staccarsi da Londra e rientrare, presumibilmente come nazione sovrana, all'interno dell'Europa. Ma il pericolo non è il solo visto che se ne sta creando un altro in Irlanda del nord. E potenzialmente più pericoloso.

La questione scozzese

Il precedente tentativo del 2014 era naufragato permettendo al Regno Unito di restare tale solo grazie alla sua appartenenza al mercato comune, un fattore di non poca rilevanza che fece desistere gli eredi di Braveheart, dal sancire il divorzio dalla Regina, per quanto odiata. Le ragioni che però allora giustificarono l'abiura dei sacri ideali di indipendenza scozzese, oggi non sussistono più e per questo motivo il parlamento scozzese, che proprio per stemperare le minacce di una secessione riuscì nel 2014 a conquistare nuove fette di autonomia, ha proposto in questi giorni, una nuova consultazione elettorale. Con 69 voti a favore, i rappresentanti sono tornati alla carica incassando, per il momento, il NO di Theresa May la quale, attualmente impegnata proprio nelle trattative per il passaggio all'indipendenza dall'Europa, ha sottolineato un elemento determinante: gli scozzesi non abbiano fretta per due motivi. Prim (Francoforte: 5P1.F - notizie) di tutto adesso è bene dare priorità alle linee guida che dovranno essere adottate durante un processo che, unico nel suo genere, non ha precedenti cui ispirarsi e per questo motivo deve essere seguito con la massima attenzione per riuscire a dare alla nazione, così come all'Unione stessa, i maggiori vantaggi possibili. Il tutto senza creare tensioni sui mercati, per quanto l'evento sia stato ampiamente già scontato, sebbene resti un margine di incertezza sul futuro e sulle linee guida che la stessa Ue detterà in agenda tra fine aprile e maggio. Proprio per questo motivo, ha sottolineato il primo ministro anglosassone, è bene che la Scozia aspetti di sapere l'esito del procedimento che si potrà intravedere solo verso l'ottobre del prossimo anno sempre che, presumibilmente, le trattative che verranno imbastite nelle prossime settimane procederanno secondo quanto previsto e non dovessero verificarsi imprevisti di sorta. In realtà il paradosso che va delineandosi sulla decisione di Londra di accordare o meno il referendum è praticolarmete insidioso: negandolo vedrebbe venir meno una politica di autonomia e soprattutto la contraddizione di imporre una sovranità che lei stessa ha difeso con il NO all'Unione, anche a costo di perdere di più rispetto a quanto guadagnato. Viceversa, accordandolo, potrebbe creare una deflagrazione storica senza precedenti.

Il pericolo guerra civile in Iralnda del Nord

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La fronda indipendentista, però, non riguarda solo i focosi e ribelli scozzesi ma anche quelli, ben più battaglieri, dell'Irlanda del Nord, i cui abitanti, dopo la celebre guerra civile dei decenni scorsi che causò oltre 3mila morti tra cattolici indipendentisti e protestanti fedeli alla Corona, in occasione del referendum del 23 giugno 2016, votarono anch'essi per restare nell'Unione con una maggioranza del 56% dei voti. Qui la questione si fa delicata: infatti uscire dall'Unione Europea significa perdere quello che, nell'accordo del 1998 che mise fine alla guerra civile, era identificato come uno dei garanti dell'intesa. Uscendo Londra dall'Ue dovrebbe ricrearsi nuovamente quel confine che nel 1998 fu cancellato anche solo formalmente, con una decisione che permise di far trovare alla martoriata regione una serenità perduta da tempo e che, adesso potrebbe essere nuovamente in pericolo. Una prima minaccia è arrivata ai primi di marzo con le elezioni anticipate tenutesi nella zona: i risultati hanno visto un rafforzamento dei repubblicani dello Sinn Fein che, però, non hanno avuto la maggioranza assoluta. Cosa significa questo? Stando agli storici accordi del venerdì santo, se entro tre settimane dalle elezioni il governo dell'Ulster non sarà formato, Londra potrà arrogarsi il diritto di inviare propri rappresentanti e governare de facto il territorio. Attualmente l'accordo non è ancora stato raggiunto e il governo inglese, anche a causa della questione Brexit, ha deciso di concedere una proroga fino a Pasqua, data oltre la quale ha già fatto sapere di essere intenzionato a valutare ogni opzione, compreso il già menzionato controllo diretto della zona, cosa che avverrebbe per la prima volta dal 1998 ad oggi. L'ultimatum, dunque, scadrà il 16 aprile.

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