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Btp in crisi, appesi a troppe variabili

Complici vari e noti fattori di politica internazionale, di debolezza italica e di incertezza delle politiche monetarie, i nostri titoli di Stato accentuano il ribasso iniziato a settembre e si riportano verso supporti decisivi, esplicitatisi nel corso dell’anno. C’è davvero da preoccuparsi, come sostengono alcuni gestori internazionali, che cominciano ad alleggerire sempre più le proprie posizioni in Btp?

Segnali parzialmente positivi…

Il quadro non è così fosco come alcuni media hanno un po’ incautamente segnalato negli ultimi giorni. Il “Long Term Btp Future” – termometro più puntuale della situazione – indica un ritorno sul supporto di 137,5, che da inizio anno è stato testato varie volte, confermandosi livello risolutivo. Dopo aver svolto a fine 2015 un ruolo di resistenza, non facile da superare, e dopo il suo “breakout” rialzista a inizio 2016, già per due volte ha bloccato le cadute del contratto a termine sui Btp. E’ pur vero che dal massimo dell’8 settembre le sedute in rosso sono state ben 25 contro le 13 positive, con nette maggiori dimensioni delle candele negative rispetto a quelle rialziste. Le medie mobili sono tutte improntate al ribasso, ma l’indicatore Rsi è sui 30, a conferma di una fase di ipervenduto, il che potrebbe definire i 137,5 come punto di arrivo. E’ possibile quindi che si assista nei prossimi giorni a un consolidamento, risolutivo per ridare successivo slancio. E’ pur vero che si sta delineando un canale discendente, che verrebbe fortemente testato su un valore ben più basso di quello attuale, ovvero sui 134,5 punti, corrispondente fra l’altro ai minimi di marzo e del 24 giugno. La situazione appare quindi chiara, con i 137,5 e i 134,5 che – se forati - confermerebbero un’inversione definitivamente ribassista, soprattutto nel secondo caso. Che il momento sia meno preoccupante di quanto appare lo testimonia comunque il “Short Term Btp Future”, molto più stabile, sebbene anch’esso abbia rotto un supporto importante, collocato a 112,6 punti.

…e segnali più negativi

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Lo scenario cambia (e in peggio) se si analizzano i singoli Btp; in particolare quelli lunghi, da cui traspare una stanchezza preoccupante. Cominciamo dal decennale per eccellenza, il 4,5% scadenza 1/3/2026, che non trova alcun elemento favorevole nell’analisi tecnica, salvo un ormai attestato valore di ipervenduto, e che si avvicina al test di una trendline ribassista iniziata da mesi. Tutto si gioca ormai fra i 124 e i 125, il che riporta indietro di un anno, con il timore di un possibile crollo – in presenza dell’accentuarsi di fattori di crisi – fino a quota 118, dove terminerebbe la spinta avviatasi con gli interventi della Bce (Toronto: BCE-PA.TO - notizie) . Situazione simile per il 4,75% scadenza 1/9/2044, che ha forato il supporto di lungo periodo dei 141,3, avvicinandosi a quello dei 137. Malissimo infine il quasi esordiente 2,8% scadenza 1/3/2067: ha accelerato al ribasso oltre ogni previsione toccando quasi quota 90. Il fatto è abbastanza significativo se si considera che ne sono stati collocati 5 miliardi a 99,94 euro, contro richieste per 18,5. Ciò significa che di fatto il mercato ha perso finora quasi mezzo miliardo in questa operazione, mentre gli altri Matusalemme bond proposti da governativi (Spagna, Francia e Belgio) – seppur proposti in momenti ben differenti – avevano riservato fortissimi rimbalzi, grazie in particolare all’intervento della Bce.

Attenzione però!

Occasioni quelle attuali? Lo sono per chi operi in trading molto stretti, perché un eventuale esito positivo delle elezioni statunitensi – cioè con una maggioranza chiara, qualunque sia il vincitore – è solo un primo passo per una stabilizzazione dei bond governativi. Ben più determinanti le incertezze di inflazione e di politica monetaria. Nel (Londra: 0E4Q.L - notizie) caso dell’Italia le vicende poi del referendum sono destinate certamente a provocare volatilità e soltanto un ritorno su rendimenti del decennale oltre il 2,5% (contro l’1,75% di venerdì) potrebbe riportare acquisti di lungo periodo. Per ora tale obiettivo è lontano, ma non impossibile. Ciò non esclude che un fattore di nuova inversione rialzista sia naturalmente identificabile in un’ulteriore “sparata” della Bce entro fine anno. Probabilità? Al momento attuale poche.

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