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Cablare l'Italia: le sorti della rete unica tra i dubbi di Roma

I lavori di cablaggio di Open FIber a Bagheria (Pa)

di Stephen Jewkes e Elvira Pollina e Giuseppe Fonte

MILANO (Reuters) - Quando Telecom Italia ha proposto al sindaco di Bagheria di avviare un progetto per portare la fibra fino alle case, la reazione iniziale del primo cittadino è stata all'insegna della perplessità.

Bagheria, cittadina di 55.000 abitanti alle porte di Palermo, era infatti già stata raggiunta dall'infrastruttura di Open Fiber, e avviare i lavori per dotarla di un'altra rete sembrava avere poco senso.

"Con tutta onestà, quando è arrivata la proposta di Tim, lo scorso dicembre, mi sono chiesto che senso avesse, visto che Open Fiber stava già mettendo a terra la sua fibra", ricorda Filippo Tripoli.

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Open Fiber ha portato a termine i lavori all'inizio di quest'anno, e ora sta ripavimentando le strade. Telecom Italia (Tim) ha appena cominciato, ma potrebbe completare già entro la fine di quest'anno. Costo? Circa 4,5 milioni di euro per Open Fiber, 3 milioni di euro per Tim.

Il caso di Bagheria è emblematico delle difficoltà del governo italiano di finalizzare un accordo per fondere gli asset della rete di accesso di Tim con quelli di Open Fiber, per creare un operatore di rete che acceleri la copertura a banda larga, evitando duplicazioni e sprechi di risorse, e aiutando il Paese a colmare il divario digitale con il resto d'Europa.

"Da Roma sentivo che Tim e Open Fiber dovevano creare un operatore unico. Invece, quello che vedo è che stanno andando avanti ognuna per la sua strada", ha raccontato Tripoli.

Roma tramite Cassa Depositi e prestiti (Cdp) ed Enel controlla Open Fiber, mentre tramite Cdp è il secondo principale azionista di Tim.

Lo scorso anno il governo aveva provato a mediare un accordo per unire gli asset della rete di accesso di Tim con quelli di Open Fiber per creare un campione nazionale ed evitare la duplicazione degli investimenti.

Ma la lettera d'intenti firmata la scorsa estate tra Tim e Cdp non è stata finalizzata, anche per differenze di vedute tra le diverse parti in causa su temi come governance e aspetti regolatori.

Il nuovo governo di Mario Draghi, che ha fatto delle infrastrutture digitali uno dei punti cardine della propria agenda, non ha ancora chiarito se intende proseguire nel progetto della cosiddetta rete unica ereditato dal precedente governo.

Ma mentre la politica e i ministri discutono sul da farsi, il progetto di unificazione delle due reti rischia di essere superato dagli eventi, con Tim e Open Fiber che portano avanti i rispettivi piani di cablatura.

Le due reti "sono due animali diversi e più si va avanti nello sviluppo più diventa complicato integrarli, e più diventa complicato fare una valutazione del valore degli asset conferiti in una società unica", sottolinea Michele Polo, docente di Organizzazione Industriale e Politiche della Concorrenza all'università Bocconi.

I consulenti di Open Fiber e Tim concordano nel dire che una integrazione degli asset di rete ridurrebbe i costi, con risparmi che potrebbero andare da 500 milioni a oltre 2 miliardi di euro. Ma entrambe le parti dicono anche che le sinergie dipendono dai tempi in cui si chiude l'accordo, e per centrare la parte più alta della forchetta bisognerebbe farlo in 18 mesi al massimo.

Tim, Open Fiber e i ministeri dell'Innovazione Tecnologica e dell'Economia non hanno commentato.

RETI IN COMPETIZIONE

Lo sviluppo della rete in fibra ottica è cruciale anche per quello della rete di telefonia mobile 5G.

Vittorio Colao, voluto da Draghi alla guida del ministero per l'Innovazione, è convinto che si debba lasciare spazio alla concorrenza.

L'ex numero uno di Vodafone ha messo al centro l'accelerazione del processo di copertura del Paese con reti ad alta velocità, con un approccio neutrale dal punto di vista tecnologico (non solo fibra, ma anche 5G e il sistema radio Fwa).

Colao "sta facendo il matto per bloccare tutto”, racconta una fonte governativa, in riferimento al progetto di integrazione degli asset di rete di Tim e di Open Fiber.

Ma altri all'interno del governo non hanno abbandonato l'idea di una rete unica di qualche tipo, e il ministro dell'Economia Daniele Franco sta portando avanti piani per assicurarsi che Cdp ottenga il controllo di Open Fiber, in modo da poter guidare il processo d'integrazione.

L'antitrust ha recentemente detto al governo di ritenere che la concorrenza sia la strada maestra per sviluppare le reti a banda ultralarga, con l'eccezione delle aree a fallimento di mercato, dove la cablatura necessita di qualche forma di intervento pubblico per essere sostenibile.

D'altra parte, l'ex monopolista pubblico Tim, che ancora detiene una posizione dominante nel mercato dei servizi di connettività di rete fissa, e il cui prinicipale azionista è il gruppo francese Vivendi, ha ripetutamente messo in chiaro che non intende accettare un'integrazione dei suoi asset di rete con quelli di Open Fiber, senza avere il controllo della nuova entità.

Il caso di Bagheria, peraltro, mette in evidenza come la competizione tra operatori di rete, nonostante le contraddizioni e le perplessità legate alla duplicazione degli investimenti, possa anche portare dei vantaggi concreti per le realtà territoriali.

"Abbiamo dato il via libera a Tim chiedendo di cablare zone che non sono state raggiunte da Open Fiber", spiega il sindaco. Tra queste, la contrada di Aspra Mongervino, il borgo marinaro di Bagheria, connesso finora dalla rete in rame della stessa Tim, che invece ora porterà le fibra fino alle case.

RINCORSA DIGITALE

Nella classifica di digitalizzazione dell'economia stilata della Commissione europea l'Italia risultava quart'ultima nel 2019.

Se sull'infrastrutturazione delle reti ad alta velocità c'è stato negli ultimi anni un progressivo miglioramento, la penetrazione resta deludente: nel 2020 solo il 7,1% delle abitazioni disponeva di un abbonamento a servizi di fibra fino a casa, rispetto alla media europea del 21%, secondo la società di consulenza iDate.

Ma la pandemia ha spinto le imprese a ripensare il proprio modo di funzionare mentre le famiglie hanno adottato nuove abitudini di vita e di consumo, aumentando l'utilizzo di strumenti digitali, e dunque la domanda di connettività.

Roma punta ad usare circa 7 miliardi di euro in fondi europei per finanziare progetti di sviluppo di reti ad alta velocità, completando la copertura dell'intero territorio nazionale entro il 2026.

Le prospettive di una crescita della domanda di connettività a banda ultra-larga hanno attirato l'interesse di grandi fondi infrastrutturali.

Attratto da un potenziale ritorno sull'investimento di oltre il 10%, Kkr ha investito 1,8 miliardi di euro per una quota del 37,5% in FiberCop, la società dove Tim ha fatto confluire la rete, per lo più in rame, dagli armadi fino alle case per avviarne il passaggio alla fibra, mentre Macquarie è in trattative per una quota fino al 50% del capitale di Open Fiber.

Lo scorso anno Tim aveva mostrato di gradire l'idea di una rete unica, ma ha anche messo in cantiere un vasto progetto di sviluppo della fibra attraverso FiberCop, con un piano d'investimenti da poco meno di 6 miliardi di euro al 2025, contro i 7,1 miliardi di euro di Open Fiber per cablare 20 milioni di unità immobiliari entro il 2023.

"Quello che era il piano B di Tim, sta diventando il piano A", ha sintetizzato una fonte che segue il dossier.

FiberCop punta a raggiungere con la fibra fino a casa il 56% delle unità immobiliari del Paese e sta sfidando apertamente Open Fiber, che ha per ora connesso 11,5 milioni di abitazioni e ha in programma di cablarne oltre 2,5 milioni l'anno.

Intanto, alle imprese di Bagheria quasi non sembra vero che Tim stia cablando zone della città non raggiunte da Open Fiber.

"Stavamo già pensando di aggiornare i nostri processi produttivi. Abbiamo, per esempio, un progetto in fase avanzata di studio di meccanizzazione del nostro magazzino. Avendo a disposizione la fibra, tutto sarà più semplice", dice Giovanni Pileri, amministratore unico di Flott, azienda che si occupa di lavorazione e confezionamento di pesce e ha la sede principale proprio ad Aspra.

"Pensiamo di completarlo nel giro di 12-24 mesi, con un investimento di circa 3 milioni di euro", dice Pileri, la cui azienda ha anche dei progetti per sviluppare l'utilizzo dell'intelligenza artificiale.

"Per quanto riguarda la nostra azienda, la banda ultra larga sarà sicuramente di supporto... Che ci siano una o due reti, alla fine per noi non cambia molto. L'importante per noi è la qualità del servizio", chiosa Pileri.

(Tradotto da Luca Fratangelo in redazione a Danzica, in redazione a Milano Elvira Pollina, luca.fratangelo@thomsonreuters.com, +48587696613)