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Caso Genovese, nuova confessione shock della vittima

Alberto Genovese
Alberto Genovese

Venti ore “sequestrata” nella camera da letto di Alberto Genovese, annichilita dalla droga dello stupro. Poi il risveglio “con le manette”. “Ho chiesto aiuto, credevo di morire”. In un'intervista al Corriere della Sera, la diciottenne vittima di stupro si sfoga e torna a parlare di quello che è accaduto il 10 ottobre scorso nell’abitazione milanese dell'imprenditore.

Secondo il racconto della ragazza, Genovese, ora in carcere con l'accusa di averla stordita con un mix di droghe e di averla violentata, ci sarebbe dell’altro, come confessa al noto quotidiano: “Alla festa c'era gente che conoscevo nel mondo della moda e della musica, età dai 20 ai 30 anni. Un bell'ambiente che non mi appariva pericoloso”. Appena arrivata all’ormai famosa “Terrazza Sentimento”, location del party esclusivo, accompagnata da una amica, la diciottenne spiega di aver avvertito subito un comportamento "arrogante" da parte di Genovese e di aver notato che si faceva largo uso di cocaina (era già stata a una festa a giugno).

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“La prima volta a giugno, invitata da un mio caro amico di 23 anni, a sua volta amico della fidanzata di Genovese. Siamo andati in cinque amici”, precisa la vittima. Poi il secondo party, a settembre: “Io e una mia amica siamo arrivate alle 20,30. Eravamo indecise se andare o no, perchè nessuno dei nostri amici sapeva che c'era la festa e non eravamo amiche nè del signor Genovese, nè del signor Leali (vocalist ritenuto “braccio destro” dell'imprenditore, ndr).

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“Poi sul tardi Leali scrive alla mia amica di venire che là era figo e, visto che c'era un'altra festa alle 23, abbiamo deciso di passare - spiega la ragazza - Non ho ricordi precisi. La mia amica mi ha detto che avevamo deciso di andarcene anche perchè lui aveva cominciato ad essere molto molesto nei nostri confronti, ci seguiva. Era come se ci stesse puntando. Infatti, ci siamo dette: 'Stiamo sempre insieme, non ci separiamo mai'“.

Ma successe qualcosa: era stata drogata e, della camera dove c'è stata la violenza, dice: "Non so come ci sono entrata. Ero sveglia, ma completamente andata. Non ricordo niente". La memoria della giovane riparte ore dopo: "Da quando mi sono svegliata sul letto. Credevo di aver avuto un incubo. Ricordo di avergli detto 'Ma dove siamo andati ieri sera?'. Solo dopo l'arresto ho saputo quello che era accaduto. Ho solo alcuni flash di quello che è accaduto. Avevo la sensazione che fosse successo qualcosa, ma era tutto talmente assurdo che ho pensato che fosse impossibile. Poi hanno cominciato a sovrapporsi i ricordi, i dolori, le manette, lui che si comportava in modo violento e voleva ancora costringermi ad assumere droga. 'Pippa', diceva. Ho capito che ero in pericolo di morte e ho mandato messaggi alla mia amica con il telefonino".

“Lui era sempre intorno a me, avevo paura della sua reazione - prosegue la giovane - Non sapevo cosa fare, ho pensato: ‘aspetto un attimo, capisco in che situazione mi trovo, magari mi sto solo facendo delle paranoie'. Dopo un po' ho capito che davvero ero in pericolo, ma mi sentivo più sicura chiamando la mia amica che è venuta immediatamente sotto casa. Ho detto: 'O mi fai scendere o lei chiama qualcuno'. Appena sono arrivata in strada, ho fermato una Volante della polizia che passava e ho detto che c'era stata la violenza”.

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