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Caso Regeni, Pm accusa Egitto di aver ostacolato indagini

Ingresso delle aule bunker presso il carcere di Rebibbia a Roma

di Crispian Balmer

ROMA (Reuters) - Il pubblico ministero Sergio Colaiocco ha invitato la Corte ad andare avanti con il processo ai quattro membri dei servizi di sicurezza egiziani, accusati dell'omicidio di Giulio Regeni al Cairo, nonostante l'assenza degli imputati.

Gli avvocati d'ufficio dei quattro egiziani hanno spiegato come non sia stato possibile rintracciare gli imputati in Egitto, con la conseguenza che questi ultimi non possono sapere di essere stati accusati, rendendo nullo il processo.

Tuttavia, nella sua arringa di apertura, Sergio Colaiocco ha ricordato come le autorità egiziane abbiano ostacolato le indagini, rendendo impossibile mettersi in contatto con i sospetti.

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Secondo Colaiocco i quattro andrebbero processati in contumacia, dal momento che è impossibile che essi non siano a conoscenza della vicenda giudiziaria che li riguarda.

"Quello che è in gioco è il diritto dell'Italia di esercitare il diritto e dovere di celebrare questo dibattimento, di celebrare un processo relativo a un fatto gravissimo ... che può aver avuto luogo all'estero, ma che ha coinvolto un cittadino italiano", ha detto Colaiocco.

La Corte deciderà sulla questione nel corso della giornata.

Regeni, un dottorando dell'Università di Cambridge, è scomparso al Cairo nel gennaio 2016. Il suo corpo venne trovato a quasi una settimana dalla sua scomparsa, e un'autopsia ha rivelato che il giovane era stato brutalmente torturato prima della sua morte.

Le autorità italiane ed egiziane hanno svolto indagini congiunte sul caso, ma le due parti sono giunte a conclusioni molto diverse.

Secondo gli inquirenti italiani il maggiore Madgi Sharif della General Intelligence egiziana, il generale di divisione Tarek Sabir, l'ex capo dei servizi di sicurezza, il colonnello della polizia Hisham Helmy e il colonnello Ather Kamal, sarebbero responsabili di sequestro di persona aggravato nei confronti di Giulio Regeni.

Sharif è anche accusato di concorso in omicidio aggravato.

I sospettati non hanno mai risposto pubblicamente alle accuse, e la polizia e i funzionari del governo egiziano hanno negato ripetutamente qualsiasi coinvolgimento nel rapimento e nell'omicidio di Giulio Regeni.

PROBLEMI DI COOPERAZIONE

Colaiocco ha elencato alla corte 13 punti che, a suo dire, illustrano come l'Egitto abbia inizialmente cercato di sviare le indagini, e abbia poi cercato di impedire che gli imputati venissero informati delle accuse a loro carico.

Secondo Colaiocco gli inquirenti egiziani hanno tergiversato durante il caso, ignorando 39 delle 64 richieste di fornire informazioni.

Il Pm ha aggiunto che molto spesso il materiale che arrivava dal Cairo era inutile, come ad esempio un video delle telecamere di sicurezza della stazione della metropolitana da cui Regeni è sparito, dal quale mancano i 20 minuti in cui il giovane si trovava nella stazione.

"Le registrazioni del giorno prima e del giorno dopo erano intatte. Ovviamente può essere un caso", ha rimarcato Colaiocco.

Il Pm ha aggiunto che l'Italia ha cercato in 30 occasioni, tramite canali diplomatici e politici, di ottenere gli indirizzi degli imputati, con l'allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte che fece presente al presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi che la mancanza di cooperazione stava incidendo negativamente sulle relazioni bilaterali.

"Non credo che fosse umanamente possibile fare di più [per trovare i quattro imputati]", ha detto Colaiocco.

(Tradotto da Luca Fratangelo in redazione a Danzica, in redazione a Roma Angelo Amante, luca.fratangelo@thomsonreuters.com, +48587696613)